Emily Dickinson

The Complete Poems
Tutte le poesie

J451 - 500

Traduzione e note di Giuseppe Ierolli


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Appendice

Indice Johnson
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J451 (1862) / F450 (1862)

The Outer - from the Inner
Derives it's Magnitude -
'Tis Duke, or Dwarf, according
As is the central mood -

The fine - unvarying Axis
That regulates the Wheel -
Though Spokes - spin - more conspicuous
And fling a dust - the while.

The Inner - paints the Outer -
The Brush without the Hand -
It's Picture publishes - precise -
As is the inner Brand -

On fine - Arterial Canvas -
A Cheek - perchance a Brow -
The Star's whole secret - in the Lake -
Eyes were not meant to know.

    L'Esterno - dall'Interno
Deriva la sua Grandezza -
È Duca, o Nano, secondo
Com'è il carattere centrale -

Il sottile - invariabile Asse
Che regola la Ruota -
Sebbene i Raggi - ruotino - con più evidenza
E spargano polvere - nel contempo.

L'Interno - dipinge l'Esterno -
Il Pennello senza Mano -
Il suo Quadro espone - preciso -
Così com'è il Marchio interiore -

Sulla sottile - Tela delle Arterie -
Una Guancia - magari un Ciglio -
L'intero segreto della Stella - nel Lago -
Gli occhi non erano destinati a conoscere.

La grandezza di ciò che sembriamo deriva da quello che abbiamo dentro. Il nostro essere principi o nanerottoli deriva dai nostri sentimenti più intimi, quel perno invisibile che fa girare la ruota della nostra vita, anche se è ciò che si vede che sembra la sola cosa concreta. È ciò che abbiamo dentro che modella, come fosse un marchio, il nostro aspetto esteriore. Fuori può apparire il rossore di una guancia, il battito di un ciglio, ma siamo consapevoli che ciò che vediamo non potrà mai darci l'esatta percezione di ciò che si ha dentro.
La poesia è un fuoco d'artificio di immagini, fantasiose ma pregnanti come sempre. Il carattere "centrale" (nel senso di qualcosa che è il centro e il baricentro della nostra vita) che regola il nostro essere. I raggi che spargono polvere ma la cui concretezza scompare confrontandoli con l'asse che regola la ruota. Il quadro dipinto da un incorporeo pittore, ma che è un marchio indelebile. La tela delle arterie (il nostro corpo) che rivela i suoi sentimenti con piccoli, quasi inavvertibili segni esteriori. E infine i bellissimi due versi finali. Puoi vedere la stella, riflessa nel lago, ma gli occhi possono solo guardare quella pallida immagine, non capire nel profondo la vera natura della stella.


J452 (1862) / F451 (1862)

The Malay - took the Pearl -
Not - I - the Earl -
I - feared the Sea - too much
Unsanctified - to touch -

Praying that I might be
Worthy - the Destiny -
The Swarthy fellow swam -
And bore my Jewel - Home -

Home to the Hut! What lot
Had I - the Jewel - got -
Borne on a Dusky Breast -
I had not deemed a Vest
Of Amber - fit -

The Negro never knew
I - wooed it - too -
To gain, or be undone -
Alike to Him - One -

    Il Malese - prese la Perla -
Non - io - il Conte -
Io - temevo il Mare - troppo
Profano - da toccare -

Mentre pregavo di poter essere
Degno - del Destino -
L'uomo Bruno nuotava -
E portava la mia Gemma - a Casa -

A Casa in una Capanna! Quale sorte
Se avessi io - preso - la Gemma -
Portata su un Petto Scuro -
Non avrei stimato adatta
Una Veste - d'Ambra -

Il Negro non seppe mai
Che anch'io - la bramavo -
Averla, o esserne privo -
La stessa cosa - per Lui -

Johnson ritiene che la poesia possa essere stata ispirata da alcuni versi di Paracelsus, un poemetto del 1835 di Robert Browning (1812-1889):

Are there not, Festus, are there not, dear Michal,
Two points in the adventure of the diver,
One - when, a beggar, he prepares to plunge,
One - when, a prince, he rises with his pearl?
Festus, I plunge!
    Non ci sono, Festus, non ci sono, caro Michal,
Due tappe nell'avventura del tuffatore,
Una - quando, mendicante, si prepara all'immersione,
L'altra - quando, principe, riaffiora con la perla?
Festus, io mi tuffo!

Quando si ha paura della vita, quando ci si sente troppo nobili per tuffarsi a conquistare qualcosa a cui teniamo, lasciamo che siano altri a godere di ciò che bramavamo e che non siamo stati capaci di conquistare. Talvolta l'indifferenza, o lo sprezzo del pericolo, premia ma, nel contempo, se chi conquista la perla non la considera nel suo giusto valore, che conquista è mai questa?
Il "What lot" del primo verso della terza strofa può essere letto in due modi: come finale delle parole che precedono: "che sorte grama per la perla trovar casa in una capanna!" o come inizio di quelle che seguono: "quale sorte (nel senso di quale fortuna) sarebbe stata per me averla conquistata io, quella perla!". Ho cercato di mantenere l'ambiguità dell'originale traducendo alla lettera ma, comunque, la mia preferenza va al primo significato ("se fosse toccata a me l'avrei adornata con vesti d'ambra, altro che un destino fatto di una capanna e di un petto scuro!"), anche se la punteggiatura sembra privilegiare il secondo.


J453 (1862) / F452 (1862)

Love - thou art high -
I cannot climb thee -
But, were it Two -
Who know but we -
Taking turns - at the Chimborazo -
Ducal - at last - stand up by thee -

Love - thou art deep -
I cannot cross thee -
But, were there Two
Instead of One -
Rower, and Yacht - some sovreign Summer -
Who knows - but we'd reach the Sun?

Love - thou are Vailed -
A few - behold thee -
Smile - and alter - and prattle - and die -
Bliss - were an Oddity - without thee -
Nicknamed by God -
Eternity -

    Amore - tu sei alto -
Non posso scalarti -
Ma, si fosse in Due -
Chissà che noi -
Alternandoci - al Chimborazo -
Ducali - alla fine - non si arrivi a starti accanto -

Amore - tu sei profondo -
Non posso attraversarti -
Ma, ce ne fossero Due
Invece di Uno -
Rematore, e Panfilo - una qualche sovrana Estate -
Chissà - che noi non si raggiunga il Sole?

Amore - tu sei Celato -
Pochi - ti scorgono -
Sorridono - e mutano - e blaterano - e muoiono -
Senza te - sarebbe una Stranezza - la Beatitudine -
Soprannominata da Dio -
Eternità -

Un inno all'amore. Non però all'amore generico, ma a quello terreno, che coinvolge due persone. Quello ideale è o troppo in alto o troppo nel profondo, non riusciremo mai a scalarlo o ad attraversarlo. Se invece siamo in due a provarlo, ce la faremo, sorreggendoci l'un l'altro o nominandoci uno rematore e uno panfilo. E come sarebbe strana, priva di senso, quella beatitudine che dio chiama eternità, se non ci fosse l'amore a darle un significato.
Marisa Bulgheroni annota nel Meridiano: "Emily sceglie a simbolo di altezza incommensurabile il Chimborazo (v. 5) - tra le più alte vette delle Ande equadoriane - che, dopo la leggendaria scalata di Alexander von Humboldt, già prima della sua nascita, era entrato come iperbole nel linguaggio dei poeti - da Longfellow a Emerson a Elizabeth Barrett Browning."


J454 (1862) / F455 (1862)

It was given to me by the Gods -
When I was a little Girl -
They given us Presents most - you know -
When we are new - and small.
I kept it in my Hand -
I never put it down -
I did not dare to eat - or sleep -
For fear it would be gone -
I heard such words as "Rich" -
When hurrying to school -
From lips at Corners of the Streets -
And wrestled with a smile.
Rich! 'Twas Myself - was rich -
To take the name of Gold -
And Gold to own - in solid Bars -
The Difference - made me bold -
    Mi fu dato dagli Dei -
Quando ero una Ragazzina -
Ci danno la maggior parte dei regali - si sa -
Quando siamo nuovi - e piccoli.
Lo tenevo in Mano -
Non lo posavo mai -
Non osavo mangiare - o dormire -
Per paura che se ne andasse -
Sentivo parole come "Ricco" -
Mentre di fretta correvo a scuola -
Da labbra agli Angoli delle Vie -
E tenevo a bada un sorriso.
Ricco! Ero Io - ad essere ricca -
A ghermire il nome dell'Oro -
E a possedere l'Oro - in solide Barre -
La Diversità - mi rendeva spavalda -

Cos'è mai questo dono che gli dei hanno dato alla piccola Emily, che la rende tanto diversa, e spavalda per questa sua diversità, che le fa reprimere un sorriso quando sente qualcuno che parla di ricchezza esteriore, così diversa, e così piccola, rispetto a quella che lei si sente dentro? Che può essere se non il dono della poesia?


J455 (1862) / F680 (1863)

Triumph - may be of several kinds -
There's Triumph in the Room
When that Old Imperator - Death -
By Faith - be overcome -

There's Triumph of the finer mind
When Truth - affronted long -
Advance unmoved - to Her Supreme -
Her God - Her only Throng -

A Triumph - when Temptation's Bribe
Be slowly handed back -
One eye upon the Heaven renounced -
And One - upon the Rack -

Severer Triumph - by Himself
Experienced - who pass
Acquitted - from that Naked Bar -
Jehovah's Countenance -

    Il Trionfo - può essere di diverse specie -
C'è il Trionfo nella Stanza
Quando la Vecchia Imperatrice - la Morte -
Dalla Fede - è sopraffatta -

C'è il Trionfo del più fine intelletto
Quando la Verità - a lungo oltraggiata -
Avanza impassibile - verso la Sua Suprema -
Divina - sola Moltitudine -

Un Trionfo - quando la Lusinga della Tentazione
È lentamente respinta -
Un occhio al Cielo ripudiato -
E l'Altro - alla Graticola -

Più severo il Trionfo - Intimamente
Sperimentato - che supera
Assolto - quel Nudo Tribunale -
Espressione di Geova -

C'è il trionfo della fede, che riesce a sopraffare anche la morte. C'è quello della razionalità, il solo che riesce a riscattare la verità, rivolta alla sua sola divinità: l'intelletto. C'è quello, più sfumato, di chi resiste alla tentazione, non troppo spontaneo in verità, visto che con un occhio guarda al cielo a con un altro all'inferno (ho tradotto "rack" con "graticola" proprio per rendere l'idea dell'opposizione cielo-inferno), senza fretta e in dubbio su chi scegliere. C'è poi il trionfo più severo (nel senso di più acuto, più rigoroso): quello che proviamo guardando dentro noi stessi, il solo che può farci assolvere dall'ultimo, supremo tribunale, nudo in quanto spogliato da ogni residuo terreno.


J456 (1862) / F682 (1863)

So well that I can live without -
I love thee - then How well is that?
As well as Jesus?
Prove it me
That He - loved Men -
As I - love thee -
    Così tanto da poter vivere senza di te -
Ti amo - dunque Quanto è grande il mio amore?
Tanto quanto quello di Gesù?
Provamelo
Che Lui - amò gli Uomini -
Quanto io - amo te -

Tema wagneriano: la rinuncia come supremo atto d'amore. Breve, coincisa, con quella similitudine che fa impallidire l'amore divino.


J457 (1862) / F684 (1863)

Sweet - safe - Houses -
Glad - gay - Houses -
Sealed so stately tight -
Lids of Steel - on Lids of Marble -
Locking Barefeet out -

Brooks of Plush - in Banks of Satin
Not so softly fall
As the laughter - and the whisper -
From their People Pearl -

No Bald Death - affront their Parlors -
No Bold Sickness come
To deface their stately Treasures -
Anguish - and the Tomb -

Hum by - in muffled Coaches -
Lest they - wonder Why -
Any - for the Press of Smiling -
Interrupt - to die -

    Dolci - sicure - Case -
Felici - gaie - Case -
Sigillate da così solennemente serrati -
Tetti d'Acciaio - su Tetti di Marmo -
A guardia di Spogli Basamenti -

Rivoli di Velluto - in Sponde di Raso
Non scendono così delicatamente
Come la risata - e il mormorio -
Dal loro Popolo di Perla -

Nessuna Calva Morte - oltraggia i loro Salotti -
Nessuna Audace Infermità viene
A deturpare i loro grandiosi Tesori -
L'Angoscia - e la Tomba -

Ronzano via - in Carrozze imbottite -
Affinché essi - non si stupiscano Che -
Alcuni - Pressati dal dover Sorridere -
Si interrompano - per morire -

I morti sono al sicuro, in solide case difese da tetti d'acciaio e di marmo. Nulla può toccarli più, né morte, né malattia. Sono lì, tranquilli nei loro salotti, immersi in gradevoli conversazioni. Ma bisogna prendere qualche precauzione affinché non vengano contaminati dal mondo esterno, quel mondo infelice, faticoso, duro, ma che attira così tanto i vivi e, forse, anche i morti. Ed ecco perché la morte e l'angoscia si defilano, non si fanno vedere: se i morti si accorgessero di essere morti si stupirebbero che ci sia qualcuno stanco della vita, che si adatta a dover morire.


J458 (1862) / F693 (1863)

Like Eyes that looked on Wastes -
Incredulous of Ought
But Blank - and steady Wilderness -
Diversified by Night -

Just Infinites of Nought -
As far as it could see -
So looked the face I looked upon -
So looked itself - on Me -

I offered it no Help -
Because the Cause was Mine -
The Misery a Compact
As hopeless - as divine -

Neither - would be absolved -
Neither would be a Queen
Without the Other - Therefore -
We perish - tho' We reign -

    Come Occhi che fissavano il Deserto -
Increduli di Tutto
Tranne del Vuoto - e di uniformi Distese -
Diversificate dalla Notte -

Solo Infinità di Nulla -
Fin dove sia possibile vedere -
Così appariva la faccia che guardavo -
Così guardava lei stessa - a Me -

Non le offrii Aiuto -
Perché la Causa era in Me -
La Sofferenza un Patto
Tanto disperato - quanto divino -

Nessuna delle due - voleva essere assolta -
Nessuna delle due voleva essere Regina
Senza l'Altra - Perciò -
Periamo - anche se regniamo -

Due diverse interpretazioni: la Bingham ritiene che sia una poesia d'amore scritta sotto l'impulso di una disillusione sofferta a causa di un'amica troppo amata; Errante che si tratti invece di un tragico colloquio di Emily con Emily che si guarda allo specchio. Come sempre ED cela le sue ambiguità dietro una scrittura che alimenta le possibilità di interpretazione. Il settimo e ottavo verso fanno propendere per l'ipotesi Errante; l'ultima strofa per l'ipotesi Bingham; il nono e il decimo li trovo esattamente bilanciati. Nella traduzione ho cercato di conservare intatta questa ambiguità, senza scegliere.
Molte le perle. Le uniformi distese che solo l'alternarsi del giorno e della notte rendono visibili. L'impotenza di fronte a cause prime che sono profondamente radicate nel nostro essere ("the Cause was Mine", v. 9 - "Mine" è usato come pronome, ma la parola è anche un nome che significa "miniera" e un verbo che significa "estrarre, scavare"; nel lessico dickinsoniano è sempre usata, col significato di "miniera", nel senso di profondo, non superficiale).La sofferenza come una sorta di contratto ineliminabile dell'esistenza, che ha come prezzo l'impotenza della disperazione ma anche una sorta di avvicinamento al divino.


J459 (1862) / F694 (1863)

A Tooth upon Our Peace
The Peace cannot deface -
Then Wherefore be the Tooth?
To vitalize the Grace -

The Heaven hath a Hell -
Itself to signalize -
And every sign before the Place -
Is Gilt with Sacrifice -

    Un Dente sulla Nostra Pace
La Pace non può deturpare -
Allora Perché c'è il Dente?
Per vivificare la Grazia -

Il Cielo ha un Inferno -
Per segnalarlo -
E ogni segno che precede il Luogo -
Lo Arricchisce col Sacrificio -

La pace, il paradiso, hanno bisogno di qualcosa che li renda visibili. Un dente conficcato nel nostro vivere quotidiano; un inferno che segnali l'ingresso al cielo. Come sempre, le immagini sono bellissime e immediate: il dente che vivifica la grazia, l'inferno che precede il paradiso e lo arricchisce facendo vedere l'altra faccia della medaglia.


J460 (1862) / F695 (1863)

I know where Wells grow - Droughtless Wells -
Deep dug - for Summer days -
Where Mosses go no more away -
And Pebble - safely plays -

It's made of Fathoms - and a Belt -
A Belt of jagged Stone -
Inlaid with Emerald - half way down -
And Diamonds - jumbled on -

It has no Bucket - were I rich
A Bucket I would buy -
I'm often thirsty - but my lips
Are so high up - You see -

I read in an Old fashioned Book
That People "thirst no more" -
The Wells have Buckets to them there -
It must mean that - I'm sure -

Shall We remember Parching - then?
Those Waters sound so grand -
I think a little Well - like Mine -
Dearer to understand -

    So dove nascono i Pozzi - Pozzi mai Secchi -
Scavati in profondità - per i giorni d'Estate -
Dove i Muschi non vanno più via -
E il Ciottolo - gioca al sicuro -

È fatto di Profondità - e di una Cintura -
Una Cintura di Pietra scheggiata -
Intarsiata di Smeraldo - nella parte di mezzo -
E di Diamanti - gettati alla rinfusa -

Non ha Secchio - fossi ricca
Un Secchio comprerei -
Sono spesso assetata - ma le mie labbra
Sono così in alto - lo vedi -

Ho letto in un Libro Antiquato
Che la Gente "non avrà più sete" -
I Pozzi avranno Secchi per loro là -
Deve significare ciò - ne sono sicura -

Ci ricorderemo dell'Arsura - allora?
Quelle Acque sembrano così maestose -
Penso che un piccolo Pozzo - come il Mio -
Sia più prezioso per capire -

Abbiamo sete. Una sete indefinita, di acqua, di conoscenza, di felicità, di vita. Ma i pozzi che potrebbero toglierci questa arsura sono fuori dalla nostra portata. Bellissimi, profondi, mai a secco, rivestiti di gemme, ma gli manca la cosa più semplice e più essenziale: un secchio affinché le nostre labbra possano gustare quell'acqua. Da qualche parte c'è scritto che verrà un giorno in cui nessuno avrà più sete, sicuramente significa che, là dove questo avverrà, ci saranno secchi in abbondanza, per tutti. Ma in questa abbondanza, in questa idrica maestosità, saremo capaci di ricordarci dell'arsura che provavamo, e gustare così l'acqua che ci viene offerta con tanta prodigalità? O non è meglio studiare a fondo, capire, gustare, il piccolo pozzo che abbiamo, piuttosto che aspettare, e sperare, di abbeverarci a quello che ci viene promesso ma di cui non siamo certo sicuri?


J461 (1862) / F185 (1861)

A Wife - at Daybreak - I shall be -
Sunrise - Hast Thou a Flag for me?
At Midnight - I am yet a Maid -
How short it takes to make it Bride -
Then - Midnight - I have passed from Thee -
Unto the East - and Victory.

Midnight - Good Night - I hear them Call -
The Angels bustle in the Hall -
Softly - my Future climbs the Stair -
I fumble at my Childhood's Prayer -
So soon to be a Child - no more -
Eternity - I'm coming - Sir -
Master - I've seen the Face - before -

    Una Moglie - allo Spuntar del giorno - sarò -
Aurora - Hai Tu un Vessillo per me?
A Mezzanotte - sarò ancora una Fanciulla -
Come ci vorrà poco a farla Sposa -
Poi - Mezzanotte - sarò passata da Te -
All'Oriente - e alla Vittoria.

Mezzanotte - Buona Notte - li sento Chiamare -
Gli Angeli si affaccendano nell'Atrio -
Delicatamente - il mio Futuro sale le Scale -
Rivado a stento alle Preghiere della mia Infanzia -
Così in fretta non essere più - una Bambina -
Eternità - sto arrivando - Signore -
Maestro - ho già visto - quel Volto -

Tre manoscritti, tutti datati 1862 da Johnson mentre Franklin propone tre anni successivi: 1861, 1862 e 1863; quello riportato qui è l'ultimo, nei fascicoli.
Il primo è a matita su un foglio da lettera, senza divisione in strofe; il penultimo verso era "The Vision flutters in the door -" ("La Visione fluttua alla porta -") poi cancellato e sostituito da quello utilizzato nelle altre due versioni: "Eternity - I'm coming sir -".
Il secondo è una bella copia a penna, suddiviso come quello nei fascicoli e con due varianti rispetto alle altre versioni: al verso 3 "but" ("soltanto") al posto di "yet" e all'ultimo verso "Savior" ("Salvatore") al posto di "Master".

La "moglie" del primo verso si riferisce chiaramente a nozze celesti, visto che i versi che seguono descrivono esplicitamente il passaggio dalla notte del dolore terreno all'aurora dell'immortalità. La variante dell'ultimo verso suggerisce un'oscillazione fra nozze celesti propriamente dette (l'unione con il "Salvatore") e l'unica possibile unione, quella dopo la morte, con un "Master" forse più terreno; leggendola così il "volto" finale può essere quello visto attraverso la fede o quello dell'amato, un volto conosciuto concretamente ma impossibile da ottenere durante la vita.


J462 (1862) / F697 (1863)

Why make it doubt - it hurts it so -
So sick - to guess -
So strong - to know -
So brave - upon it's little Bed
To tell the very last They said
Unto Itself - and smile - And shake -
For that dear - distant - dangerous - sake -
But - the Instead - the Pinching fear
That Something - it did do - or dare -
Offend the Vision - and it flee -
And They no more remember me -
Nor ever turn to tell me why -
Oh, Master, This is Misery -
    Perché far nascere il dubbio - fa così male -
Così inquietante - da dipanare -
Così resistente - da capire -
Così coraggioso - sul proprio Lettino
Rivelare fino all'estremo ciò che si disse
A Se stessi - e sorridere - E tremare -
Per quel caro - distante - pericoloso - scopo -
Ma - il Contrario - l'Opprimente paura
Che Qualcosa - si possa fare - o osare -
Che offenda la Visione - ed essa fugga -
E gli Altri non si rammentino più di me -
Né mai si volgano a spiegarmi perché -
Oh, Maestro, Questa è la Sofferenza -

Molti dubbi di traduzione. Per "sick" (v. 2) ho provato diverse versioni che eliminavano il "so" iniziale, ma poi ho deciso di rispettare la sintassi originale e ho usato "inquietante" che non mi sembra troppo distante dal significato della parola (che dà nausea, disgusto, che fa ammalare); "sake" (v. 7) che significa "amore" ma anche "scopo", termine che ho trovato più aderente a quello che credo sia il senso della poesia; "instead" (v. 8), avverbio trattato come sostantivo, l'ho tradotto rispettando il significato letterale: "in-vece", ovvero "al posto di", ma anche qualcosa che si contrappone, un "contrario".
Di che cosa parla questa poesia? La chiave è nel terzultimo verso ("And They no more remember me") e nelle poesie in cui ED parla del suo dono, della cosa che la fa diversa dagli altri. Quel qualcosa che sgorga dalla sua mente e diventa faticoso perché riempie di dubbi, fa star male quando si cerca di dipanarlo, resiste ai tentativi di comprensione. Ci vuole tanto coraggio a farla uscire da se stessi, si trema al pensiero dello scopo da raggiungere: lo scioglimento del dubbio, il capire il mondo che ci circonda, uno scopo che al tempo stesso è caro, è distante ed è anche pericoloso. Ma c'è un altro pericolo. L'opprimente paura che accada qualcosa che faccia fuggire la "Visione", ovvero che inaridisca la capacità di vedere il mondo alla luce della poesia e ci condanni così all'oblio. È questa la sofferenza del poeta: voler dire ciò che si ha dentro, tumultuosamente, e, nello stesso tempo, aver paura che questo tumulto possa inaridirsi. Ritrovarsi in un deserto creativo dopo aver assaporato la tragica e struggente bellezza di un rigoglioso giardino.
Un'interpretazione molto diversa è nella versione, in francese, di Claire Malroux, che scrive in nota: "Si noti in questa poesia l'uso molto particolare che ED fa dei pronomi personali. È chiaro che il pronome neutro 'it' rappresenta la persona che compiange se stessa, e che il 'they' è qui un plurale maiestatis, che rappresenta la persona amata."


J463 (1862) / F698 (1863)

I live with Him - I see His face -
I go no more away
For Visitor - or Sundown -
Death's single privacy

The Only One - forestalling Mine -
And that - by Right that He
Presents a Claim invisible -
No wedlock - granted Me -

I live with Him - I hear His Voice -
I stand alive - Today -
To witness to the Certainty
Of Immortality -

Taught Me - by Time - the lower Way -
Conviction - every day -
That Life like This - is stopless -
Be Judgment - what it may -

    Vivo con Lui - vedo il Suo volto -
Non mi allontano più
Per Visitatore - o Tramonto -
L'intimo isolamento della Morte

Il Solo - che viene prima del Mio -
E quello - a cui si ha Diritto perché Lei
Offre un Titolo invisibile -
Che mai nozze - Mi accorderebbero -

Vivo con Lui - sento la Sua Voce -
Sono viva - Oggi -
Per testimoniare la Certezza
dell'Immortalità -

M'insegnò - il Tempo - la Strada più umile -
La Convinzione - ogni giorno -
Che Vita come Questa - è senza fine -
Quale che sia - la Sentenza -

Nella poesia è molto presente la terza persona singolare maschile. La cosa può far pensare a un amato, concreto o ideale: "vivo con lui, vedo il suo volto, sento la sua voce". Ma ED usa, come sempre, lo stesso pronome per la morte (v. 6) e, perciò, potremmo interpretare tutti i pronomi come riferiti alla morte; in questo caso leggeremmo "vivo con lei", ecc.
Ma anche se vivere con la morte accanto, vedere il suo volto, ascoltare la sua voce, sono interpretazioni plausibili (soprattutto se consideriamo l'estrema familiarità che ED dimostra in altre poesie verso la morte), i due versi finali della seconda strofa, con quel "titolo invisibile che mai nozze mi accorderebbero" ("wedlock" significa propriamente "vincolo coniugale") fanno più pensare ad una sorta di matrimonio dopo la morte con qualcuno che non si può sposare concretamente prima. C'è anche la quarta strofa che fa propendere per questa interpretazione: la convinzione che una vita così, passata con l'amato fisicamente assente ma sempre presente nei propri pensieri, sia comunque una sorta di prefigurazione terrena dell'immortalità, è molto suggestiva.
Comunque non escluderei del tutto l'interpretazione meno terrena. Ha un suo fascino anche quel vivere ogni giorno con la morte, quel trattarla quasi come una persona viva, il dire che nessun vincolo nuziale (ovvero nessun vincolo terreno) regge al confronto con quel diritto invisibile che solo la morte dona, il diritto di immergersi nell'immortalità anche prima di porgerle la mano e andarsene con lei.
Bella l'immagine del quarto e quinto verso: "l'intimo isolamento della morte / il Solo - che viene prima del Mio", dove ED solleva ad altezze ultraterrene la scelta della solitudine.


J464 (1862) / F699 (1863)

The power to be true to You,
Until upon my face
The Judgment push His Picture -
Presumptuous of Your Place -

Of This - Could Man deprive Me -
Himself - the Heaven excel -
Whose invitation - Your's reduced
Until it showed too small -

    La forza di esserti fedele,
Fino a quando sul mio volto
Il Giudizio imprimerà la Sua Immagine -
Pretendendo il Tuo Posto -

Di Ciò - Qualcuno potesse privarmi -
Lui stesso - supererebbe il Cielo -
Il cui invito - dal Tuo è stato diminuito
Fino a mostrarne la pochezza -

L'assoluta fedeltà all'amato. Solo la morte riuscirà a scalfire questo sentimento, quando imprimerà la sua immagine sul mio volto e avrà la presunzione di sostituirti. Se qualcuno fosse capace di evitarmi questo destino sarebbe per me superiore a quel dio i cui inviti appaiono così insignificanti di fronte a quelli che provengono da te.


J465 (1862) / F591 (1863)

I heard a Fly buzz - when I died -
The Stillness in the Room
Was like the Stillness in the Air -
Between the Heaves of Storm -

The Eyes around - had wrung them dry -
And Breaths were gathering firm
For that last Onset - when the King
Be witnessed - in the Room -

I willed my Keepsakes - Signed away
What portion of me be
Assignable - and then it was
There interposed a Fly -

With Blue - uncertain - stumbling Buzz -
Between the light - and me -
And then the Windows failed - and then
I could not see to see -

    Sentii una Mosca ronzare - mentre morivo -
Il Silenzio nella Stanza
Era come il Silenzio nell'Aria -
Tra Folate di Tempesta -

Gli Occhi intorno - si erano disseccati -
E i Respiri si accumulavano tenaci
Per quell'ultimo Assalto - quando la Regina
Si palesò - nella Stanza -

Feci testamento dei miei Ricordi - Elencai
Quelle parti di me che fossero
Assegnabili - e fu in quel momento
Che si interpose la Mosca -

Con un Azzurro - incerto - zoppicante Ronzio -
Fra la luce - e me -
E allora le Finestre vennero meno - e allora
Non vidi di non poter vedere -

Ancora una volta ED cerca di sfuggire all'angoscia della morte vivendola. Nel primo verso dovevo decidere i tempi: passato remoto o imperfetto?. Ho scelto di tradurre il primo verbo col passato e il secondo con l'imperfetto perché l'ho considerato come un titolo e non come l'inizio della scena (perché questa poesia sembra proprio una scena teatrale o cinematografica). La mosca, l'ultimo soffio di vita colto dal morente, arriva infatti concretamente all'undicesimo verso: "e fu in quel momento / che si interpose la mosca".
Le inquadrature della poesia/scena sono tutte molto suggestive. Il silenzio (ma "stillness" significa anche "immobilità") nella stanza, sospeso e in attesa dell'ineluttabile, come quello che sta fra due tuoni, due folate, della tempesta. Gli sguardi intorno al morente, ormai asciutti per aver consumato le lacrime. I respiri che si accavallano, presaghi del momento finale, l'ultimo assalto nel quale finalmente la "regina" (nell'originale "King" perché la morte è al maschile) si mostra per reclamare il dovuto. Quel richiamo alla concretezza del testamento, tipico di ED, con il quale si lasciano le cose "assegnabili", ovvero quelle della vita di tutti i giorni, non certo quelle a cui teniamo di più: la nostra mente, i nostri sentimenti, il nostro io, la vita stessa insomma.
E infine la conclusione: la mosca, l'insetto che accompagna la nostra quotidianità senza essere ormai più notata, diventa l'ultima sensazione concreta, forte, del morente; ma anche il suo ronzio si conforma al momento: è azzurro - come il cielo che attende chi muore -, incerto - come le nostre convinzioni sull'immortalità -, zoppicante - come il nostro incedere verso l'altra vita. E la mosca diventa improvvisamente grande, non più un minuscolo insetto, ma un sipario che separa chi muore dalla luce della vita e gli impedisce di vedere che non potrà più vedere.


J466 (1862) / F597 (1863)

'Tis little I - could care for Pearls -
Who own the ample sea -
Or Brooches - when the Emperor -
With Rubies - pelteth me -

Or Gold - who am the Prince of Mines -
Or Diamonds - when have I
A Diadem to fit a Dome -
Continual upon me -

    Poco a me - può importare delle Perle -
Io che possiedo l'ampio mare -
O di Spille - visto che l'Imperatore -
Con Rubini - mi tempesta -

O dell'Oro - io che sono il Principe delle Miniere -
O di Diamanti - visto che ho
Un Diadema adatto ad una Cupola -
Di continuo su di me -

Errante (nell'edizione del 1956 ma non in quella del 1959) riporta un commento di Chase: "Il lettore che ha compreso le qualità caratteristiche dello spirito del poeta, vedrà che il soggetto di questa lirica è la morte. Perché in realtà il poemetto dice: 'Che bisogno di ricchezze o di rango terreni ho io, che sto morendo e che nella morte sarò incoronata regina?'. Il vasto mare è l'immortalità; i rubini sono i proiettili che ci infliggono le ferite di cui moriamo. È il tema implicito nella maggior parte della poesia di Emily Dickinson" (Richard Chase, Emily Dickinson, W. Sloane, 1951, p. 172).
È un'interpretazione che non mi convince e secondo me il tema dei versi è il dono della poesia. Così, l'ampio mare è questo dono; i rubini sono le poesie, che Dio, novello Giove, scaglia sul poeta. Ancora più chiare sono le due successive immagini: le miniere, che in ED significano sempre la ricchezza interiore, profonda, e il "diadema adatto ad una cupola / di continuo su di me", splendido riferimento alla corona di alloro che cinge il capo dei poeti.


J467 (1862) / F599 (1863)

We do not play on Graves -
Because there is'nt Room -
Besides - it is'nt even - it slants
And People come -

And put a Flower on it -
And hang their faces so -
We're fearing that their Hearts will drop -
And crush our pretty play -

And so we move as far
As Enemies - away -
Just looking round to see how far
It is - Occasionally -

    Noi non giochiamo sulle Tombe -
Perché non c'è Spazio -
Inoltre - non sono piatte - pendono
E la Gente arriva -

E vi poggia un Fiore -
E china talmente il volto -
Da farci temere che i loro Cuori cadano -
E schiaccino il nostro piacevole gioco -

E così ce ne andiamo
Via - come dai Nemici -
Voltandoci appena per vedere a che distanza
Sia - Di tanto in tanto -

Stavolta non c'è spazio per rendere familiare la tomba. Non è un posto per giocare (ovvero per vivere), è scomoda, piccola, in più è anche in pendenza. E poi c'è gente che arriva continuamente e, dopo aver deposto un fiore, ha un aspetto così deprimente da far pensare che il loro dolore possa schiacciare il nostro piacevole vivere quotidiano. Insomma, non è posto per noi vivi, ci sentiamo nemici della morte. Ma sappiamo che, un giorno o l'altro, là dovremo andare. Perciò, di tanto in tanto, quasi senza parere, ci voltiamo indietro, per misurare la distanza che ci separa dalla morte, sperando che resti sempre lontana.


J468 (1862) / F602 (1863)

The Manner of it's Death
When Certain it must die -
'Tis deemed a privilege to choose -
'Twas Major Andre's Way -

When Choice of Life - is past -
There yet remains a Love
It's little Fate to stipulate -

How small in those who live -

The Miracle to teaze
With Babble of the styles -
How "they are Dying mostly - now" -
And Customs at "St. James"!

    Le Modalità della propria Morte
Quando si è Certi di dover morire -
È ritenuto un diritto scegliere -
È questo il Caso del Maggiore André -

Quando la Scelta di Vivere - è esaurita -
Resta ancora un Desiderio
Di pattuire il proprio piccolo Destino -

Che meschinità nei vivi -

Importunare il Miracolo
Con Ciance sugli stili -
Come "perlopiù si Muore così - oggi" -
E sulle Usanze a "Corte"!

Durante la rivoluzione americana il maggiore inglese John André (v. 4), condannato a morte per spionaggio, chiese di essere fucilato, come un soldato, ma Washington gli negò questo privilegio e lo fece impiccare, come spia.
ED prende spunto da un fatto storico per ridicolizzare la nostra pretesa di scegliere come morire. La morte è un fatto troppo importante e unico per importunarla con chiacchiere da salotto sul modo migliore di riceverla, e poi, a che serve voler scegliere il modo di morire, è una cosa davvero insignificante di fronte a quel "miracolo" (qui ED rovescia il senso comune, in genere si dice "il miracolo della nascita") che comunque avverrà, e per chi muore il "come" ha un'importanza davvero relativa.
"St. James" (ultimo verso) è l'abbreviazione di "the Court of St. James", ovvero la Corte inglese.


J469 (1862) / F603 (1863)

The Red - Blaze - is the Morning -
The Violet - is Noon -
The Yellow - Day - is falling -
And after that - is None -

But Miles of Sparks - at Evening -
Reveal the Width that burned -
The Territory Argent - that never yet - consumed -

    La Rossa - Fiamma - è il Mattino -
La Viola - è il Mezzogiorno -
La Gialla - il Giorno - che cala -
E dopo ciò - è il Nulla -

Ma Miglia di Scintille - a Sera -
Rivelano l'Ampiezza che bruciò -
Il Territorio Argenteo - mai tuttavia - consumato -

Ho scelto la versificazione dell'edizione Franklin; in Johnson le due strofe sono di quattro versi e l'ultimo è diviso in due: "The Territory Argent - that / Never yet - consumed -". Nel manoscritto si legge "The Territory Argent - that / never yet - consumed -". Franklin l'ha trascritto come un verso unico perché "never" è scritto chiaramente in minuscolo e in questi casi l'a capo del manoscritto è interpretato come seguito del verso che precede; Johnson ha preferito mantenere una struttura più regolare (anche se lo schema "abab" della prima strofa nella seconda non funziona per il primo e terzo verso, che terminano con "Evening" e "that") e ha perciò trascritto "never" in maiuscolo.

La prima strofa è una chiara metafora della vita: il mattino, il mezzogiorno, la sera, e poi il nulla. Ma nella seconda, quasi a voler mitigare quel "nulla" così secco, definitivo e senza speranza, ED s'inventa una bellissima immagine: la fiamma non scompare, gli argentei territori della vita non sono mai consumati del tutto, ecco là, nel cielo, le scintille, ultimo bagliore dell'incendio che ha percorso la vita. Una metafora dell'immortalità, dopo quel "nulla"? O con le scintille che brillano nella notte ED vuole ancora una volta rappresentare la fama postuma attraverso la poesia, incancellabile ricordo di una vita che ha esaurito la sua fiamma, ma che tuttavia non sarà mai del tutto consumata, perché vivrà negli occhi e nella mente di chi saprà cogliere quelle scintille? Chissà.


J470 (1862) / F605 (1863)

I am alive - I guess -
The Branches on my Hand
Are full of Morning Glory -
And at my finger's end -

The Carmine - tingles warm -
And if I hold a Glass
Across my Mouth - it blurs it -
Physician's - proof of Breath -

I am alive - because
I am not in a Room -
The Parlor - commonly - it is -
So Visitors may come -

And lean - and view it sidewise -
And add "How cold - it grew" -
And "Was it conscious - when it stepped
In Immortality"?

I am alive - because
I do not own a House -
Entitled to myself - precise -
And fitting no one else -

And marked my Girlhood's name -
So Visitors may know
Which Door is mine - and not mistake -
And try another Key -

How good - to be alive!
How infinite - to be
Alive - two-fold - The Birth I had -
And this - besides, in Thee!

    Sono viva - suppongo -
I Rami sulla mia Mano
Sono pieni di Convolvolo -
E sulla punta delle dita -

Il Carminio - dà un fremito caldo -
E se tengo uno Specchio
Davanti alla Bocca - si appanna -
Per il Medico - prova del Respiro -

Sono viva - perché
Non sono in una Stanza -
È - di solito - il Salotto -
Dove i Visitatori possano venire -

Chinarsi - e scrutare di traverso -
Aggiungendo "Com'è diventata - fredda" -
E "Era cosciente - quando si è inoltrata
Nell'Immortalità?"

Sono viva - perché
Non possiedo una Casa -
Intitolata a me sola - esclusiva -
E inadatta a chiunque altro -

E contrassegnata dal mio nome da Ragazza -
Cosicché i Visitatori possano sapere
Quale Porta sia la mia - e non si sbaglino -
E provino un'altra Chiave -

Com'è bello - essere viva!
Com'è infinito - essere
Viva - due volte - La Nascita che ebbi -
E questa - un'altra, in Te!

Bellissimo inno all'amore, che è come una nuova, diversa, nascita, dopo quella naturale. Ci si accorge di essere vivi dalla bellezza del contatto con la natura, dal respiro che appanna lo specchio, dalla consapevolezza di non essere ancora sdraiati su un letto e oggetto di educati e scontati commenti sulla dipartita, dal non avere ancora una tomba col proprio nome inciso nella pietra. Ma la gioia vera, infinita, è quella di sentire in se stessi l'altra nascita, quella provocata dall'intima unione con la persona amata.
Da notare quel "I guess" nel primo verso: ED non rinuncia mai al dubbio.


J471 (1862) / F609 (1863)

A Night - there lay the Days between -
The Day that was Before -
And Day that was Behind - were One -
And now - 'twas Night - was here -

Slow - Night - that must be watched away -
As Grains upon a shore -
Too imperceptible to note -
Till it be Night - no more -

    Una Notte - si stendeva fra i Giorni -
Il Giorno che era Davanti -
E il Giorno che era Dietro - erano Uno -
E ora - era la Notte - ad essere qui -

Lenta - Notte - da consumare -
Come Granelli su una spiaggia -
Troppo impercettibili da notare -
Finché Notte - non sia più -

I giorni (la vita) sono offuscati da una continua, interminabile notte (l'angoscia, la sofferenza, il dolore). Il sorgere e il tramontare del sole hanno perduto al loro identità, sono ormai un tutt'uno perché qui è sempre e solo notte. La notte è lenta, va consumata con attenzione, scrutando gli attimi che passano, innumerevoli come i granelli di sabbia su una spiaggia e difficili da distinguere uno ad uno, almeno finché la notte non sia passata.
Il verso finale è ambiguo: quando finirà la notte? quando la lasceremo alle nostre spalle (e con lei la sofferenza, il dolore) e il sorgere i il tramontare del sole riacquisteranno un senso, o quando sarà sostituita da un'altra notte, quella eterna, che possiamo immaginare come l'inestinguibile buio finale del nulla (dove i "granelli" del tempo non avranno più senso) ma anche come la luce dell'immortalità ormai affrancata dalla notte-dolore?
Al verso 5 ho tradotto "watched away" con "consumare" pensando a una clessidra che indica il lento passare del tempo con il cadere di granelli di sabbia indistinguibili l'uno dall'altro.


J472 (1862) / F702 (1863)

Except the Heaven had come so near -
So seemed to choose My Door -
The Distance would not haunt me so -
I had not hoped - before -

But just to hear the Grace depart -
I never thought to see -
Afflicts me with a Double loss -
'Tis lost - and lost to me -

    Se solo il Cielo non fosse venuto così vicino -
Tanto da sembrare di aver scelto la Mia Porta -
La Distanza non mi perseguiterebbe così -
Non avevo sperato - prima -

Ma sentire allontanarsi la Grazia -
Che mai avrei pensato di vedere -
Mi affligge con una Duplice perdita -
Essa è perduta - e perduta per me -

Vedere, sentire all'uscio della propria vita qualcosa che non si era mai sperato di avere, ne rende la mancanza più dolorosa. ED parla di "grace", una parola che fa pensare a una fede sempre cercata e mai trovata, ma il confine di questa parola con altre più profane (l'amore, la felicità) è molto labile. Molto bello il quinto verso: c'è una struggente nostalgia in quell'immagine della "grazia" che si allontana, una partenza che si percepisce senza ritorno, come fanno capire quei due "lost" finali.


J473 (1862) / F705 (1863)

I am ashamed - I hide -
What right have I - to be a Bride -
So late a Dowerless Girl -
Nowhere to hide my dazzled Face -
No one to teach me that new Grace -
Nor introduce - my soul -

Me to adorn - How - tell -
Trinket - to make Me beautiful -
Fabrics of Cashmere -
Never a Gown of Dun - more -
Raiment instead - of Pompadour -
For Me - My Soul - to wear -

Fingers - to frame my Round Hair
Oval - as Feudal Ladies wore -
Far Fashions - Fair -
Skill - to hold my Brow like an Earl -
Plead - like a Whippowil -
Prove - like a Pearl -
Then, for Character -

Fashion My Spirit quaint - white -
Quick - like a Liquor -
Gay - like Light -
Bring Me my best Pride -
No more ashamed -
No more to hide -
Meek - let it be - too proud - for Pride -
Baptized - this Day - A Bride -

    Mi vergogno - mi nascondo -
Che diritto ho io - di essere Sposa -
Fino a ieri Fanciulla senza Dote -
Nessun luogo per nascondere il mio Volto abbagliato -
Nessuno che mi insegni questa nuova Grazia -
O istruisca - la mia anima -

Come - Adornarmi - vediamo -
Un ninnolo - per farmi bella -
Stoffe di Cachemire -
Mai più - Vesti Scure -
Piuttosto Abiti - alla Pompadour -
Per Me - per la Mia Anima - indossare -

Dita - per aggiustarmi i Capelli in Trecce
Ovali - come li portavano le Dame Feudali -
Fogge Remote - Nobili -
Maestria - nel tenere il Sopracciglio come un Conte -
Perorare - come un Caprimulgo -
Dimostrarmi - come una Perla -
Poi, per il Carattere -

Modellare il Mio Spirito bizzarro - bianco -
Lesto - come un Liquore -
Gaio - come la Luce -
Che risvegli in Me l'Orgoglio migliore -
Non più vergognarsi -
Non più nascondersi -
Modesto - sia - troppo orgoglioso - per l'Orgoglio -
Battezzata - quest'Oggi - Sposa -

Ci sono momenti della vita i cui arriva qualcosa di inatteso, qualcosa che ci trova impreparati, che non sappiamo come affrontare. Urgono istruzioni per l'uso. ED ce le dà con il solito fuoco d'artificio di immagini, metafore concrete e metafisiche, con quel guizzo di orgoglio finale che sembra dire: "sembro così sprovveduta, ma è solo apparenza."
Rivelatore è il primo verso dell'ultima strofa. Con quello spirito bizzarro e, nello stesso tempo, "bianco": una sorta di autoritratto dell'ascetica, immacolata e pure così "strana" Emily.


J474 (1862) / F708 (1863)

They put Us far apart -
As separate as Sea
And Her unsown Peninsula -
We signified "These see" -

They took away our Eyes -
They thwarted Us with Guns -
"I see Thee" Each responded straight
Through Telegraphic Signs -

With Dungeons - They devised -
But through their thickest skill -
And their opaquest Adamant -
Our Souls saw - just as well -

They summoned Us to die -
With sweet alacrity
We stood upon our stapled feet -
Condemned - but just - to see -

Permission to recant -
Permission to forget -
We turned our backs upon the Sun
For perjury of that -

Not Either - noticed Death -
Of Paradise - aware -
Each other's Face - was all the Disc
Each other's setting - saw -

    Ci tennero disgiunti -
Separati come il Mare
E la Sua incolta Penisola -
Rivelammo "Questi vedono" -

Ci strapparono gli Occhi -
Ci sbarrarono la strada con Fucili -
"Io Ti vedo" Ciascuno subito replicò
Con Segnali Telegrafici -

Con Prigioni Sotterranee - provarono -
Ma attraverso i più spessi artifici -
E la più impenetrabile Muraglia -
Le nostre Anime vedevano - come prima -

Ci chiamarono a morire -
Con dolce alacrità
Ci alzammo sui piedi inchiodati -
Condannati - solo - a vedere -

Salvacondotto per rinnegare -
Salvacondotto per dimenticare -
Noi voltammo le spalle al Sole
A un tale spergiuro -

Nessuno dei Due - badò alla Morte -
Del Paradiso - consapevoli -
L'uno dell'altro il Volto - fu il solo Disco
Che l'uno dell'altro tramontando - vide -

Una bellissima, solenne ode all'amore. Costruita con un crescendo (la separazione, gli occhi strappati, i fucili, la prigione, la condanna a morte e in ultimo la promessa della vita in cambio della rinuncia) senza strepito, con la solennità e l'andamento maestoso di un corale, con tesi via via più cruente e antitesi che reiterano il verbo "see" oltre ogni ostacolo. Solo nella penultima strofa non c'è questo verbo, ma è quella dove i due rinunciano insieme alla vita, voltando le spalle al sole pur di non rinnegare il loro giuramento. Molto intensi gli ultimi due versi, con il tramontare di due vite che sostituiscono al sole l'uno il volto dell'altro, come ultima immagine ancora una volta scandita dal "saw" finale.


J475 (1862) / F710 (1863)

Doom is the House without the Door -
'Tis entered from the Sun -
And then the Ladder's thrown away,
Because Escape - is done -

'Tis varied by the Dream
Of what they do outside -
Where Squirrels play - and Berries dye -
And Hemlocks - bow - to God -

    La Condanna è la Casa senza Porta -
Ci si entra dal Sole -
E poi la Scala è gettata via,
Perché la Fuga - è preclusa -

È variata dal Sogno
Di ciò che si fa all'esterno -
Dove gli Scoiattoli giocano - le Bacche si colorano -
E gli Abeti - si inchinano - a Dio -

Nell'edizione Johnson la parte finale del verso 7 è "and Berries die" ("le Bacche muoiono"). Ho scelto la lezione dell'edizione Franklin sia perché il senso della frase mi sembra più adeguato, sia perché nel manoscritto (1) appare più plausibile la lezione "dye", soprattutto se confrontata con un "die" certo e dello stesso periodo, quello del primo verso della quarta strofa della poesia J474-F708 (2). Nell'immagine (1) si vede chiaramente che la lettera è posta sensibilmente più in basso rispetto alle altre; inoltre non appare il puntino, sempre presente nelle "i" della Dickinson.

(1)            (2)

La condanna, intesa come condanna finale-morte, è immaginata come una casa senza porta. Ci si entra dal sole (ancora una volta simbolo della vita) e si butta la scala, ogni via di fuga è preclusa. A indorare la pillola solo il sogno (o il sogno di sognare), ovvero di avere ancora un qualche contatto con quello che rimane al di là, la natura, la vita che continua e si rinnova.


J476 (1862) / F711 (1863)

I meant to have but modest needs -
Such as Content - and Heaven -
Within my income - these could lie
And Life and I - keep even -

But since the last - included both -
It would suffice my Prayer
But just for One - to stipulate -
And Grace would grant the Pair -

And so - upon this wise - I prayed -
Great Spirit - Give to me
A Heaven not so large as Your's,
But large enough - for me -

A Smile suffused Jehovah's face -
The Cherubim - withdrew -
Grave Saints stole out to look at me -
And showed their dimples - too -

I left the Place - with all my might -
I threw my Prayer away -
The Quiet Ages picked it up -
And Judgment - twinkled - too -
That one so honest - be extant -
It take the Tale for true -
That "Whatsoever Ye shall ask -
Itself be given You" -

But I, grown shrewder - scan the Skies
With a suspicious Air -
As Children - swindled for the first
All Swindlers - be - infer -

    Ritenevo di avere bisogni più che modesti -
Come un po' di Serenità - e il Cielo -
All'interno della mia rendita - potevano rientrare
E la Vita ed io - mantenerci in equilibrio -

Ma dato che l'ultimo - li includeva entrambi -
Sarebbe bastata la Preghiera
Soltanto per Uno - da stipulare -
E la Grazia li avrebbe concessi Entrambi -

E così - basandomi su tale saggezza - pregai -
Grande Spirito - Dammi
Un Cielo non così vasto come il Tuo,
Ma vasto abbastanza - per me -

Un Sorriso si diffuse sul volto di Geova .
I Cherubini - si tirarono indietro -
Austeri Santi si sporsero furtivi a guardarmi -
E anch'essi - mostrarono le fossette -

Abbandonai quel Luogo - con tutte le mie forze -
Buttai via la mia Preghiera -
I Placidi Secoli la raccolsero -
E il Giudizio - persino - ammiccò -
Che qualcuno così ingenuo - esista ancora -
Da prendere per buona la Favola -
Che "Qualsiasi cosa chiederete -
Vi sarà data" -

Ma io, fattami scaltra - scruto i Cieli
Con Aria sospettosa -
Come i Bambini - imbrogliati una volta
Che tutti Imbroglioni - siano - deducono -

Un'altra delle poesie "eretiche" di ED. Già l'inizio è indicativo. Si parla di richieste al cielo con la mentalità sparagnina di una buona massaia del New England: "perché chiedere due cose quando ne basta una, che le contiene entrambe?", e usando un verbo molto "mercantile": "to stipulate". La risposta divina è quanto di meno solenne ci si possa aspettare, Dio che sorride, quasi divertito dal fatto che qualcuno creda a queste cose, i cherubini che si tirano subito indietro, i santi che danno un'occhiata e fanno un sorrisetto ironico. E poi, la preghiera gettata via con sdegno che viene raccolta da placidi secoli, non toccati da tali umane miserie. E persino il Giudizio fa l'occhiolino (si presume ai suddetti secoli) come dicesse: "ma ti pare che possa esistere ancora gente che crede a queste favole?". L'ultima strofa è la naturale conclusione, quasi la "morale" della favola, con quel "scruto i cieli con aria sospettosa" che rende palese l'abbandono della fede cieca e senza domande richiesta al credente.
La citazione nei versi 23-24 può avere diversi riferimenti evangelici, nessuno dei quali esattamente uguale nella King James Version: Matteo 21,22, Giovanni 14,13, Giovanni 15,16 e Giovanni 16,23.


J477 (1862) / F714 (1863)

No Man can compass a Despair -
As round a Goalless Road
No faster than a Mile at once
The Traveller proceed -

Unconscious of the Width -
Unconscious that the Sun
Be setting on His progress -
So accurate the one

At estimating Pain -
Whose own - has just begun -
His ignorance - the Angel
That pilot Him along -

    Nessuno può misurare una Disperazione -
Come su una Strada Senza Fine
Non più che un Passo alla volta
Il Viaggiatore procede -

Inconsapevole della Distanza -
Inconsapevole che il Sole
Stia tramontando sul Suo cammino -
Tale è la precisione

Nello stimare una Pena -
Propria di chi - ne è appena all'inizio -
La sua ignoranza - l'Angelo
Che Lo guida lungo la via -

Nei grandi dolori c'è una sorta di angelo custode che ci protegge: il non essere consapevoli, all'inizio, di quanto sarà lunga la strada per uscirne. Chi li prova va avanti "no faster than a mile at once", ed è questo fare un passo dopo l'altro, senza sapere quanto lunga sarà la via ("unconscious of the width"), che rende percorribile la distanza interminabile che ci aspetta. Come sempre, una profonda e bellissima immagine che svela e scava in un sentimento.


J478 (1862) / F763 (1863)

I had no time to Hate -
Because
The Grave would hinder me -
And Life was not so
Ample I
Could finish - Enmity -

Nor had I time to Love -
But since
Some Industry must be -
The little Toil of Love -
I thought
Be large enough for Me -

    Non avevo tempo per Odiare -
Perché
La Tomba me l'avrebbe impedito -
E la Vita non era così
Ampia che io
Potessi concluderla - con l'Inimicizia -

Né avevo tempo per Amare -
Ma visto che
Una qualche Operosità ci dev'essere -
La lieve Fatica dell'Amore -
Pensai
Fosse grande abbastanza per Me -

La vita è breve. Perché sprecarla con l'odio, l'inimicizia? Forse non c'è nemmeno tanto tempo per l'amore, ma, visto che qualcosa bisogna pur fare, scegliamo l'occupazione più gradevole, quella che ci costa meno fatica e ci dà un po' più di soddisfazione dell'altra.


J479 (1862) / F458 (1862)

She dealt her pretty words like Blades -
How glittering they shone -
And every One unbared a Nerve
Or wantoned with a Bone -

She never deemed - she hurt -
That - is not Steel's Affair -
A vulgar grimace in the Flesh -
How ill the Creatures bear -

To Ache is human - not polite -
The Film upon the eye
Mortality's old Custom -
Just locking up - to Die -

    Lanciava le sue parolette come Lame -
Con che luccichio brillavano -
E ciascuna scopriva un Nervo
O si divertiva con un Osso -

Non avrebbe mai creduto - di ferire -
Questo - non è un Problema dell'Acciaio -
Una smorfia volgare nella Carne -
Com'è mal sopportata dalle Creature -

Soffrire è umano - non elegante -
Il Velo sugli occhi
Antica Usanza della Mortalità -
Che occulta - per Morire -

La descrizione di una donna dalla lingua pungente, che sembra provare gusto a lanciare le "parolette" del primo verso senza rendersi conto delle profonde ferite che può infliggere, come se la sofferenza fosse qualcosa di volgare (vedi il v. 9) che si preferisce comunque non vedere. Negli ultimi tre versi questo rifiuto si estende alla sofferenza ultima, la morte, di fronte alla quale è meglio chiudere gli occhi.


J480 (1862) / F459 (1862)

"Why do I love" You, Sir?
Because -
The Wind does not require the Grass
To answer - Wherefore when He pass
She cannot keep Her place.

Because He knows - and
Do not You -
And We know not -
Enough for Us
The Wisdom it be so -

The Lightning - never asked an Eye
Wherefore it shut - when He was by -
Because He knows it cannot speak -
And reasons not contained - Of Talk -
There be - preferred by Daintier Folk -

The Sunrise - Sir - compelleth Me -
Because He's Sunrise - and I see -
Therefore - Then -
I love Thee -

    "Perché amo" Voi, Signore?
Perché -
Il Vento non chiede all'Erba
Di rispondere - Per quale ragione quando Egli passa
Lei non può star ferma al Suo posto.

Perché Lui sa - e
Voi no -
E Noi neanche sappiamo -
Abbastanza per Noi
Sia tale Sapienza -

Il Lampo - non chiese mai all'Occhio
Per quale ragione si è chiuso - quando Egli era là -
Perché sa che non può parlare -
E le ragioni non esprimibili - A Parole -
Siano - preferite dalle Persone più Sensibili -

L'Aurora - Signore - si impone a Me -
Perché è l'Aurora - e io vedo -
Dunque - Per questo -
Ti amo -

Il senso è molto chiaro: non chiediamoci sempre la ragione di tutto. Ci sono cose, i sentimenti più profondi, l'amore, che non sono esprimibili a parole. Dobbiamo essere consapevoli di questo, e godere di questa "sapienza" intima, più profonda di quella "detta" e naturale come l'erba che si piega al vento o l'occhio che si chiude al fulmine.
Per Claire Malroux la poesia appare come una sorta di variazione sul penultimo sonetto (XLIII) dei Sonnets from the Purtuguese, del 1850, di Elizabeth Barrett Browning, ispirati dall'amore per Robert Browning, che la poetessa inglese sposò nel 1846:

How do I love thee? Let me count the ways.
I love thee to the depth and breadth and height
My soul can reach, when feeling out of sight
For the ends of Being and ideal Grace.
I love thee to the level of everyday's
Most quiet need, by sun and candlelight.
I love thee freely, as men strive for Right;
I love thee purely, as they turn from Praise.
I love thee with the passion put to use
In my old griefs, and with my childhood 's faith.
I love thee with a love I seemed to lose
With my lost saints, -I love thee with the breath,
Smiles, tears, of all my life! - and, if God choose,
I shall but love thee better after death.
    In quanti modi ti amo? Fammeli contare.
Ti amo fino alla profondità, alla larghezza e all'altezza
Che la mia anima può raggiungere, quando partecipa invisibile
Agli scopi dell'Esistenza e della Grazia ideale.
Ti amo al pari della più modesta necessità
Di ogni giorno, al sole e al lume di candela.
Ti amo generosamente, come chi si batte per la Giustizia;
Ti amo con purezza, come chi si volge dalla Preghiera.
Ti amo con la passione che gettavo
Nei miei trascorsi dolori, e con la fiducia della mia infanzia.
Ti amo di un amore che credevo perduto
Insieme ai miei perduti santi, - ti amo col respiro,
I sorrisi, le lacrime, di tutta la mia vita! - e, se Dio vorrà,
Ti amerò ancora di più dopo la morte.

È comunque una variazione molto "dickinsoniana". Se nella Browning la passione erompe, si mostra, viene espressa con le parole, la Dickinson asciuga la traducibilità del sentimento, fino a negare la stessa possibilità della domanda iniziale, dove già c'è un drastico mutamento nell'avverbio, da "how" a "why". Una domanda che nella Browning è immediata e diretta "How do I love thee?", mentre nella Dickinson il pronome è spostato, è al di fuori della frase fra virgolette, quasi una sospensione in attesa del verso finale: "I love Thee", dove quel rispettoso "You, Sir" diventa "Thee" e la domanda viene sciolta nell'unico modo possibile: "The Sunrise - Sir - compelleth Me - / Because He's Sunrise - and I see -".
Per questo, più di una variazione, parlerei di un prologo. Se proviamo infatti a leggere prima la poesia della Dickinson e poi quella della Browning, non troviamo cesure. Una volta sciolto il "perché", possono fluire libere le parole sul "quanto", sul "come".
Può essere interessante accostare ai versi di ED e della Browning quelli scritti due secoli prima da una poetessa inglese emigrata giovanissima in America: Anne Bradstreet (1612?-1672):

To My Dear and Loving Husband

If ever two were one, then surely we.
If ever man were lov'd by wife, then thee;
If ever wife was happy in a man,
Compare with me ye women if you can.
I prize thy love more then whole Mines of gold,
Or all the riches that the East doth hold.
My love is such that Rivers cannot quench,
Nor ought but love from thee, give recompence.
Thy love is such I can no way repay,
The heavens reward thee manifold I pray.
Then while we live, in love lets so persever,
That when we live no more, we may live ever.

    Al caro e affettuoso marito

Se mai due furono uno, noi di certo.
Se mai uomo fu amato da sposa, tu allora;
se mai sposa fu lieta del suo uomo,
confrontatevi con me, donne, se potete.
Ho in pregio l'amor tuo più che miniere d'oro
o di tutte le ricchezze che l'Oriente possiede.
L'amor mio è tale che non lo spengono i fiumi,
né tu mi devi altra ricompensa che amore.
L'amor tuo è tale che mai potrei ripagarlo:
prego il cielo che te rimeriti in molti modi.
E mentre viviamo, e perseveriamo così nell'amore,
che per sempre si viva quando più non vivremo.

(Da Poesia dell'America puritana, a cura di Tommaso Pisanti, Edizioni Studio Tesi, Pordenone, 1996.)


J481 (1862) / F460 (1862)

The Himmaleh was known to stoop
Unto the Daisy low -
Transported with Compassion
That such a Doll should grow
Where Tent by Tent - Her Universe
Hung out it's Flags of Snow -
    L'Himalaya fu visto chinarsi
Giù verso la Margherita -
Preso dalla Compassione
Che una tale Bambolina crescesse
Dove Tenda su Tenda - il Suo Universo
Dispiegava Bandiere di Neve -

Piccolo gioiello dai molteplici possibili significati. La margherita in genere per la Dickinson è il simbolo della vita non troppo appariscente, che se ne sta lì sul prato senza mostrare chissà quale bellezza, ma che è capace di nascere e vivere dappertutto, anche fra le "bandiere di neve" dispiegate dall'Himalaya.
Bello il "tent by tent" del penultimo verso. Il senso è "coltre su coltre", ma "coltre di neve" in inglese si dice "blanket of snow", mentre qui ED ha usato "tenda" forse per dare l'idea di qualcosa che copre, ma che in un certo senso forma anche un habitat confortevole al suo interno, tanto da far nascere una margherita.


J482 (1862) / F461 (1862)

We Cover Thee - Sweet Face -
Not that We tire of Thee -
But that Thyself fatigue of Us -
Remember - as Thou go -
We follow Thee until
Thou notice Us - no more -
And then - reluctant - turn away
To Con Thee o'er and o'er -

And blame the scanty love
We were Content to show -
Augmented - Sweet - a Hundred fold -
If Thou would'st take it - now -

    Noi Ti Copriamo - Dolce Viso -
Non perché siamo stanchi di Te -
Ma perché sei Tu stanco di Noi -
Ricorda - mentre Tu vai -
Noi Ti seguiamo finché -
Non ti accorgi più - di Noi -
E poi - riluttanti - ci congediamo
Per Rammentarti giorno dopo giorno -

E incolpiamo lo scarso amore
Che ci siamo Accontentati di mostrare -
Aumentato - Caro - Cento volte -
Se Tu volessi accettarlo - ora -

Un tributo a chi muore. Chiudiamo i suoi occhi, mettiamo un velo sul suo viso, non perché siamo stanchi di lui, ma perché è lui che non è più ormai di questa terra. Lo seguiamo fin quando sarà calato nella tomba, e non potrà più vederci. Poi ce ne andiamo tenendolo giorno dopo giorno nel cuore. E l'amore che abbiamo dato a chi se n'è andato ci sembra sempre troppo poco, vorremmo moltiplicarlo, ora, ma chissà se ci sarà qualcuno ad accoglierlo. Insomma, ED non riesce mai a essere banale, anche quando dice quello che diciamo tutti quando qualcuno se ne va.
Bellissimo il quarto verso, con quel "remember" che è come un voler costringere chi ci ha lasciato a ricordarsi di noi, a provare ancora i sentimenti di una persona viva.


J483 (1862) / F467 (1862)

A Solemn thing within the Soul
To feel itself get ripe -
And golden hang - while farther up -
The Maker's Ladders stop -
And in the Orchard far below -
You hear a Being - drop -

A wonderful - to feel the Sun
Still toiling at the cheek
You thought was finished -
Cool of eye, and critical of Work -
He shifts the stem - a little -
To give your Core - a look -

But solemnest - to know
Your chance in Harvest moves
A little nearer - Every Sun
The Single - to some lives.

    Una cosa Solenne dentro l'Anima
Sentirsi maturare -
E pendere dorata - mentre lassù in alto -
Le Scale del Creatore si arrestano -
E nel Frutteto laggiù -
Senti un Essere - che cade -

Meraviglioso - sentire il Sole
Ancora intento alla guancia
Mentre pensavi avesse finito -
Occhio freddo, ed esigente nel Lavoro -
Egli sposta il picciolo - un poco -
Per dare al tuo Nocciolo - un'occhiata -

Ma più solenne - sapere
Che la tua probabilità di Raccolto si fa
Un po' più vicina - Ogni Sole
L'Unico - per alcune vite.

Lo stupore e la meraviglia di sentirsi vivi, giorno dopo giorno. Vivere la propria "maturazione (qui ED usa, come fa quasi sempre, metafore naturali: "pendere dorata" come un frutto maturo - chi è ancora vivo, ma comunque "appeso" a un destino che non conosce; i frutti che cadono - chi muore - nel frutteto; il sole - la vita; il picciolo - il corpo esteriore e il nocciolo - l'anima; il raccolto - la morte) come un qualcosa di solenne, di naturale eppure così diverso dalla natura inconsapevole che ci circonda. Guardare in alto e vedere sfumare la grandezza divina, mentre in basso sono tanti i rumori di coloro che cadono. La bellezza di sentire il sole (la vita) che ancora imporpora la guancia, la sensazione di sentirlo entrare in noi, per svelare ciò che abbiamo dentro. E più solenne ancora l'ineluttabile scorrere del tempo: ogni giorno si avvicina la nostra possibilità di essere raccolti - di morire, ma ogni giorno è anche unico per chi sa viverlo.


J484 (1862) / F469 (1862)

My Garden - like the Beach -
Denotes there be - a Sea -
That's Summer -
Such as These - the Pearls
She fetches - such as Me
    Il mio Giardino - come la Spiaggia -
Denota esserci - un Mare -
Che è l'Estate -
Simili a Questi - le Perle
Che Essa porta - simili a Me

Il giardino diventa un mare in cui l'estate porta quel risveglio della natura che ED saprà trasformare in "questi" (v. 5), ovvero nei versi che diventano le perle del mare della natura: "The simple news that nature told" (J441-F519).
Claire Malroux (Une âme en incandescence) scrive nelle note: "These, au v.4, indique les poèmes, fleurs du jardin de l'esprit, perles de la mer intérieure."


J485 (1862) / F471 (1862)

To make One's Toilette - after Death
Has made the Toilette cool
Of only Taste we cared to please
Is difficult, and still -

That's easier - than Braid the Hair -
And make the Boddice gay -
When Eyes that fondled it are wrenched
By Decalogues - away -

    Fare la Propria Toilette - dopo che la Morte
Ha fatto la fredda Toilette
Del solo Gusto a cui noi tenessimo di piacere
È difficile, e tuttavia -

È più facile - che Intrecciare i Capelli -
E fare più gaio il Corsetto -
Quando gli Occhi che li accarezzavano sono
Strappati via - da Decaloghi -

È difficile continuare a vivere quando i "Decaloghi" (le leggi divine - morire è anche una legge naturale, ma qui ED sembra puntare decisamente il dito accusatore su Dio) hanno portato via chi amiamo. Ma ancora più difficile è continuare a curare quelle cose che hanno ancora impressa la forma della sua mano.
Come sempre la fantasia di ED non ha limiti. La vita di tutti i giorni identificata dalla toilette; la morte intenta alla fredda, insensibile toilette di chi ha deciso di portar via; la persona amata trasformata nel solo "gusto" che ci faceva piacere soddisfare; e quei decaloghi finali, come per dire che la natura potrebbe anche essere meno matrigna, solo che Dio lo volesse.


J486 (1862) / F473 (1862)

I was the slightest in the House -
I took the smallest Room -
At night, my little Lamp, and Book -
And one Geranium -

So stationed I could catch the Mint
That never ceased to fall -
And just my Basket -
Let me think - I'm sure
That this was all -

I never spoke - unless addressed -
And then, 'twas brief and low -
I could not bear to live - aloud -
The Racket shamed me so -

And if it had not been so far -
And any one I knew
Were going - I had often thought
How noteless - I could die -

    Ero la più minuta della Casa -
Occupavo la Stanza più piccola -
Di notte, il mio piccolo Lume, un Quaderno -
E un Geranio -

Così appostata potevo catturare il Tesoro
Che non cessava mai di cadere -
E giusto il mio Cestino -
Fatemi pensare - sono certa
Che ciò fosse tutto -

Non parlavo mai - se non interrogata -
E in quel caso, brevemente e a bassa voce -
Non potevo sopportare di vivere - a voce alta -
Il Chiasso mi faceva così vergognare -

E se non fosse stato così lontano -
E che tutti quelli che conoscevo
Ci sarebbero andati - avevo spesso pensato
A come inavvertita - sarei potuta morire -

Bellissima la scena: è notte, in una stanzetta una figura minuta illuminata da un piccolo lume, armata di un quaderno e di un geranio sul davanzale, è appostata, pronta a catturare e a infilare nel suo cestino l'incessante pioggia poetica che le cade addosso. La piccola poetessa che si fa Danae per ricevere la pioggia d'oro. E questo è tutto. Per il resto, solo silenzio o qualche raro, ritroso intervento, ma sempre a bassa voce. E la consapevolezza che la morte cancellerà tutto. Tutto meno quel prezioso e sfolgorante cestino, a cui altri attingeranno a piene mani.
"Mint" (v. 5), oltre a "menta", significa "zecca" (nel senso di luogo dove si batte moneta metallica) ma anche "sorgente di abbondanti provviste". In questo caso a me sembra proprio una metafora della poesia, che continua a cadere senza posa nell'umile stanzetta dove c'è qualcuno pronto a catturarla e a darle voce. L'immagine rispecchia la vorticosa, incessante scrittura di quegli anni: dal 1862 al 1865, secondo la cronologia di Franklin, ED scrisse 849 poesie, circa la metà della sua intera produzione poetica.


J487 (1862) / F474 (1862)

You love the Lord - you cannot see -
You write Him - every day -
A little note - when you awake -
And further in the Day,

An Ample Letter - How you miss -
And would delight to see -
But then His House - is but a Step -
And mine's - in Heaven - You see.

    Tu ami il Signore - che non puoi vedere -
Gli scrivi - ogni giorno -
Un breve biglietto - quando ti svegli -
E più avanti nel Giorno,

Un'Ampia Lettera - Quanto ti manca -
E come saresti felice di vederlo -
Ma in fondo la Sua Casa - non è che a un Passo -
E la mia - in Cielo - vedi.

Ci affanniamo a cercare Dio, a dimostrargli ogni giorno, un po' ipocritamente (almeno io leggo questo in quelle petulanti preghiere di tutti i giorni, come a volerlo convincere che la cosa che ci avvicinerà a lui, la morte, per noi non è un problema), quanto siamo ansiosi di raggiungerlo e godere della sua presenza. Ma non c'è bisogno di preoccuparsi tanto, la morte è più vicina di quanto pensiate, la sua casa, e la mia, e la vostra, è il cielo, ma è un cielo appena a un passo da qui.


J488 (1862) / F475 (1862)

Myself was formed - a Carpenter -
An unpretending time
My Plane, and I, together wrought
Before a Builder came -

To measure our attainments -
Had we the Art of Boards
Sufficiently developed - He'd hire us
At Halves -

My Tools took Human - Faces -
The Bench, where we had toiled -
Against the Man, persuaded -
We - Temples build - I said -

    Io fui plasmata - Falegname -
Senza pretese per un periodo
La mia Pialla, ed io, insieme lavorammo
Prima che un Costruttore arrivasse -

A misurare i nostri risultati -
Avessimo l'Arte delle Tavole
Sufficientemente sviluppato - ci avrebbe offerto
Di dividere a Metà -

I miei Arnesi presero Fattezze - Umane -
Il Banco, dove avevamo sgobbato -
Contro l'Uomo, istigò -
Noi - costruiamo Templi - dissi -

Il lavoro della poesia si svolge modestamente, senza pretese. Se poi arriva qualcuno che offre di trasformarlo in commercio, il poeta, e i suoi arnesi, si ribellano: "noi costruiamo templi". C'è la visione artigianale, modesta, silenziosa del fare poesia, e, nello stesso tempo, l'orgoglio di costruire qualcosa che può essere paragonato solo a un tempio, qualcosa che deve soddisfare i nostri sentimenti più intimi, e non può essere certamente mercificato.
Siamo nello stesso periodo delle prime lettere a Higginson, quando ED prima si rivolse timidamente al letterato famoso per avere un giudizio sulle sue poesie ("È troppo profondamente occupato per dirmi se la mia Poesia è viva?" - L260, 1862) e poi rifiutò con decisione i consigli normalizzatori di quello che per ventiquattro anni (le ultime lettere sono di pochi giorni prima della morte) fu il suo inascoltato consigliere letterario.


J489 (1862) / F476 (1862)

We pray - to Heaven -
We prate - of Heaven -
Relate - when Neighbors die -
At what o'clock to Heaven - they fled -
Who saw them - Wherefore fly?

Is Heaven a Place - a Sky - a Tree?
Location's narrow way is for Ourselves -
Unto the Dead
There's no Geography -

But State - Endowal - Focus -
Where - Omnipresence - fly?

    Preghiamo - il Cielo -
Chiacchieriamo - del Cielo -
Ci chiediamo - quando muoiono i Vicini -
A che ora in Cielo - fuggirono -
Chi li vide - Perché volano via?

È il Cielo un Luogo - una Volta Stellata - un Albero?
Lo sterile esercizio di ubicarlo è per Noi soli -
Per i Morti
Non c'è Geografia -

Ma Rango - Investitura - Epicentro -
Dove - l'Onnipresenza - si libra?

La domanda (ma potrebbe essere un titolo) è quella dell'ultimo verso: "dov'è il Dio onnipresente?". Ma è una domanda alla quale solo noi vivi attribuiamo concretezza. Per i morti la geografia è annullata, per loro solo il rango di immortali, l'investitura della grazia eterna, l'epicentro del nulla. Noi ne parliamo perlopiù vanvera ("prate"), del Cielo, lo preghiamo; quando qualcuno muore ci chiediamo quando, dove, perché se n'è andato, in quel luogo che è dappertutto e da nessuna parte. Ma chiedere dov'è, cos'è il Cielo è solo uno sterile esercizio: in fin dei conti fra non molto lo sapremo. Potrebbe sembrare una poesia che rivela una concezione panteistica del divino, e probabilmente in parte lo è. Ma la dicotomia finale (come fa ad esserci un "dove" per una "onnipresenza"?) fa però anche pensare ad una risposta impossibile per una domanda senza oggetto. A questo punto la domanda non è più "dov'è Dio?" ma "esiste Dio?".


J490 (1862) / F1058 (1865)

To One denied the drink
To tell what Water is
Would be acuter, would it not
Than letting Him surmise?

To lead Him to the Well
And let Him hear it drip
Remind Him, would it not, somewhat
Of His condemned lip?

    A Chi è negato il bere
Dire cos'è l'Acqua
Non sarebbe più acuto, forse
Che lasciarlo fantasticare?

Condurlo al Pozzo
E lasciargliene udire il gocciolio
Non gli rammenterebbe, forse, piuttosto
Il Suo labbro condannato?

Quando un desiderio, un bisogno, non può concretizzarsi è meglio lasciarlo nel mondo della fantasia. Svelarne la concreta essenza, sentirne di lontano il "gocciolio" sarebbe solo l'acutizzarsi di una privazione, il rammentarsi della propria condanna.
"would it not" (nel terzo e nel settimo verso) è un'interiezione che di solito accentua una precedente affermazione in negativo, il modo migliore per renderlo mi è sembrato quel "forse", che in italiano perde in certi contesti la funzione dubitativa per assumerne una accentuatamente affermativa ("non è forse vero che ieri mi hai visto e non mi hai salutato?").


J491 (1862) / F287 (1862)

While it is alive
Until Death touches it
While it and I lap one Air
Dwell in one Blood
Under one Sacrament
Show me Division can split or pare -

Love is like Life - merely longer
Love is like Death, during the Grave
Love is the Fellow of the Resurrection
Scooping up the Dust and chanting "Live"!

    Finché è vivo
Fino al momento in cui la Morte lo tocca
Finché lui ed io siamo avvolti in un'unica Aria
Abitiamo in un unico Sangue
Sotto un unico Sacramento
Mostratemi il Contrasto capace di separare o scalfire -

L'Amore è come la Vita - solamente più lungo
L'Amore è come la Morte, resiste alla Tomba
L'Amore è il Compagno della Resurrezione
Che riaddensa la Polvere e canta "Vivi!"

Oltre alla copia riportata sopra (trascritta nei fascicoli nel 1865) ce n'è un'altra, una brutta copia, scritta nel 1862. Il testo di quest'ultima versione, a parte modifiche nella punteggiatura e nella versificazione, contiene quattro termini diversi, ciascuno dei quali con un'alternativa poi accolta nella versione dei fascicoli: al verso 5 "Firmament" ("Firmamento") diventato "Sacrament"; al verso 6 "could" ("che possa") diventato "can"; ai versi 7, 8 e 9 "Faith" ("Fede") diventato "Love" e al verso 7 "Only, the" "Solo, [più lunga]") diventato "merely".

Un'ode all'amore, probabilmente inteso nella sua accezione meno "concreta", vista l'intercambiabilità con la fede della versione precedente. Inizia con un pronome che non dà nessun indizio dell'oggetto della poesia. Il mistero viene svelato nella seconda strofa, con quei tre versi che iniziano con "Love", quasi a voler chiarire senza alcun dubbio cos'è quell'impersonale "it" iniziale. Molto belli gli ultimi due versi: la resurrezione che raccoglie la polvere dei corpi, la ricompone e intona un inno alla vita. Degna compagna dell'amore, capace anch'esso di rendere "viva" una vita.
Il cambio fede-amore, segnato come variante e poi accolto nella versione definitiva, sembra lasciare inalterato il significato dei versi.


J492 (1862) / F276 (1862)

Civilization - spurns - the Leopard!
Was the Leopard - bold?
Deserts - never rebuked her Satin -
Ethiop - her Gold -
Tawny - her Customs -
She was Conscious -
Spotted - her Dun Gown -
This was the Leopard's nature - Signor -
Need - a keeper - frown?

Pity - the Pard - that left her Asia -
Memories - of Palm -
Cannot be stifled - with Narcotic -
Nor suppressed - with Balm -

    La civiltà - disprezza - il Leopardo!
È stato il Leopardo - sfrontato?
I deserti - non frenarono mai il suo Raso -
Etiope - il suo Oro -
Fulvi - i suoi Costumi -
Ne era Consapevole -
Maculata - la sua Bruna Veste -
Questa era la natura del Leopardo - Signori -
Occorre - un guardiano - arcigno?

Compatite - il Leopardo - che lasciò la sua Asia!
Memorie - di Palma -
Non possono essere soffocate - con Narcotico -
Né soppresse - con Balsamo -

Elogio del diverso, di colui che sta fuori dal mucchio, simboleggiato dal leopardo: fiero, prezioso, e con la consapevolezza di esserlo. Il mondo però non ama coloro che ambiscono a troppa libertà, che non amano essere imprigionati in metaforiche gabbie sorvegliate da arcigni guardiani. E allora non guardate con disprezzo il povero leopardo: è stato costretto a lasciare la sua terra, ad abbandonare le fiere regioni del dubbio e della ragione; compatitelo e sappiate che niente potrà lenire o sostituire qual ricordo di palma che si porta dentro. Al terzo verso "Etiope" va inteso come "esotico".
Bacigalupo ipotizza una metafora riguardante il rapporto uomo-donna o moglie-marito; io preferisco pensare a una simbolica ribellione di ED contro il perbenismo e la noia che la circondava, tutto il contrario di Asia, Etiopi, palme, ori, raso, leopardi. Ma in fin dei conti lei si era rinchiusa volontariamente nella sua gabbia esteriore, lasciando aperta la porta interiore a tutto il mondo che voleva.


J493 (1862) / F280 (1862)

The World - stands - solemner - to me -
Since I was wed - to Him -
A modesty - befits the soul
That bears another's - name -
A doubt - if it be fair - indeed -
To wear that perfect - pearl -
The Man - upon the Woman - binds -
To clasp her soul - for all -
A prayer, that it more angel - prove -
A Whiter Gift - within -
To that munificence, that chose -
So unadorned - a Queen -
A Gratitude - that such be true -
It had esteemed the Dream -
Too beautiful - for Shape to prove -
Or posture - to redeem!
    Il Mondo - si erge - più solenne - per me -
Da quando andai sposa - a Lui -
La modestia - si addice all'anima
Che porta di un altro - il nome -
Un dubbio - se sia giusto - davvero -
Indossare quella perfetta - perla -
Che l'Uomo - alla Donna - allaccia -
Per catturarne l'anima - per sempre -
Una preghiera, che più angelica - si dimostri -
Un Più Bianco Dono - interiore -
A quella munificenza, che scelse -
Così disadorna - una Regina -
Un Grazie - che sia proprio vero -
Lei aveva creduto il Sogno -
Troppo bello - per dimostrarsi Concreto -
O per redimere - uno status!

Un inno all'unione fra due persone. Un'unione molto autobiografica, molto spirituale. È l'anima "che porta di un altro il nome". Sempre l'anima che deve offrire un "più bianco" dono "interiore". In una visione figurata, comunque, l'anima può anche essere considerata una metafora del corpo, e la poesia un ringraziamento per un sogno che si è avverato. ED non rinuncia comunque al dubbio (nel quinto verso), usando poi due verbi "bind" e "clasp" che inducono a una visione dell'unione non scevra da possibili soffocanti legami.


J494 (1862) / F277 (1862)

Going to Him! Happy letter!
Tell Him -
Tell Him the page I did'nt write -
Tell Him - I only said the Syntax -
And left the Verb and the pronoun - out -
Tell Him just how the fingers hurried -
Then - how they waded - slow - slow -
And then you wished you had eyes in your pages -
So you could see what moved them so -

Tell Him - it was'nt a Practised Writer -
You guessed - from the way the sentence toiled -
You could hear the Boddice tug, behind you -
As if it held but the might of a child -
You almost pitied it - you - it worked so -
Tell Him - No - you may quibble there -
For it would split His Heart, to know it -
And then you and I, were silenter.

Tell Him - Night finished - before we finished -
And the Old Clock kept neighing "Day"!
And you - got sleepy -
And begged to be ended -
What could it hinder so - to say?
Tell Him - just how she sealed you - Cautious!
But - if He ask where you are hid
Until tomorrow - Happy letter!
Gesture Coquette - and shake your Head!

    Va' da Lui! Lettera felice!
Digli -
Digli della pagina che non ho scritto -
Digli - che ho detto solo la Sintassi -
E tralasciato il Verbo e il pronome -
Digli come le dita si affrettavano -
Poi - come procedevano a fatica - lente - lente -
E allora avresti voluto avere occhi nelle tue pagine -
Così da poter vedere che cosa le turbasse tanto -

Digli - che non era una Scrittrice Esperta -
Lo intuivi - da come le frasi faticavano -
Potevi udire battere il Corsetto, a te nascosto -
Come se avesse appena la forza di un bambino -
Provavi quasi pietà - tu - tanto si prodigava -
Digli - No - su ciò puoi essere cauta -
Perché Gli spezzerebbe il Cuore, saperlo -
E allora tu ed io, saremmo più mute.

Digli - che la Notte finì - prima che noi finissimo -
E il Vecchio Orologio annunciò con un nitrito "Giorno!"
E tu - eri assonnata -
E implorasti di essere conclusa -
Che cosa ostacolava così - il dire?
Digli - come lei ti sigillò - Cauta!
Ma - se Lui chiede dove starai nascosta
Fino a domani - Lettera felice!
Fai un gesto Civettuolo - e scuoti la Testa!

Esiste un'altra versione di questa poesia, citata da Jonhson come "Versione II", con il pronome maschile "him" trasformato nel femminile "her", oltre a variazioni minime nel testo. Nell'edizione Franklin le due versioni sono cronologicamente invertite: la prima, "Going to Her!", è attribuita all'inizio del 1862; la seconda, "Going to Him!", alla tarda estate dello stesso anno. Franklin riporta anche una terza versione, perduta ma presumibilmente dello stesso anno delle precedenti, descritta nell'edizione del 1894 delle Lettere, in cui la curatrice, Mabel Loomis Todd, afferma che era inclusa in una lettera alle cugine di ED, Louise e Frances Norcross, e ne cita solo il primo verso: "Going to them, happy letter!".
L'utilizzo, nelle tre versioni, dell'intera serie dei pronomi di terza persona, fa presumere che la poesia possa essere stata usata, modificando il pronome in funzione del destinatario, come accompagnatoria di lettere a destinatari diversi.

Un'antropomorfizzazione della lettera, che diventa messaggera (i ripetuti "Tell Him") ma anche complice di chi la scrive, fino gettare sguardi nelle sue stesse pagine (v. 8), a provare pietà per quella scrittrice inesperta (vv. 10 e 14), a mantenere un segreto con fare civettuolo (ultimo verso).
Nei versi 4 e 5 ("Tell Him - I only said the Syntax - / And left the Verb and the pronoun - out -") si può leggere una descrizione dei versi spesso spezzati e "incompleti" di ED.


J495 (1862) / F362 (1862)

It's thoughts - and just One Heart -
And Old Sunshine - about -
Make frugal - Ones - Content -
And two or three - for Company -
Upon a Holiday -
Crowded - as Sacrament -

Books - when the Unit -
Spare the Tenant - long eno' -
A Picture - if it Care -
Itself - a Gallery too rare -
For needing more -

Flowers - to keep the Eyes - from going awkward -
When it snows -
A Bird - if they - prefer -
Though winter fire - sing clear as Plover -
To our - ear -

A Landscape - not so great
To suffocate the Eye -
A Hill - perhaps -
Perhaps - the profile of a Mill
Turned by the wind -
Tho' such - are luxuries -

It's thoughts - and just two Heart -
And Heaven - about -
At least - a Counterfeit -
We would not have Correct -
And Immortality - can be almost -
Not quite - Content -

    I propri pensieri - e giusto Un Cuore -
E la Vecchia Luce del Sole - intorno -
Rendono - i Frugali - Contenti -
E due o tre - per Compagnia -
Quando è Festa -
Pigiati - come a un Sacramento -

Libri - quando l'Unità -
Risparmia l'Occupante - abbastanza a lungo -
Un Quadro - se ci è Caro -
In sé - una Galleria troppo rara -
Per averne bisogno d'altri -

Fiori - per proteggere gli Occhi - dal diventare incapaci -
Quando nevica -
Un Uccello - se essi - preferiscono -
Benché il fuoco invernale - canti limpido come il Piviere -
Al nostro - orecchio -

Un Paesaggio - non così grande
Da soffocare lo Sguardo -
Una Collina - forse -
Forse - il profilo di un Mulino
Girato dal vento -
Sebbene questi - siano lussi -

I propri pensieri - e giusto due Cuori -
E il Cielo - intorno -
Almeno - una Contraffazione -
Che non vorremmo dover Correggere -
E l'Immortalità - può essere quasi -
Non del tutto - Contenta -

Qui ED mette in pratica quello che aveva detto nella J494-F277. Dice solo la sintassi, e omette il verbo e il pronome. Molti versi enigmatici e irrisolti. In particolare i primi due della seconda strofa e gli ultimi quattro. Mi arrischio comunque a darne un'interpretazione: proviamo a leggerla come un'altra delle poesie che parlano della "Poesia".
I propri pensieri (intrisi di poesia) e giusto un cuore (che è capace di farla sgorgare) rendono i frugali (coloro ai quali basta la poesia) contenti. Solo in qualche giorno di festa si ammette che qualcuno rompa la propria solitudine, ma già due o tre sembrano la folla che si accalca per il ricevere la comunione.
Poi ci sono i libri, ma la lettura è possibile solo quando l'"Unità" (la poesia come qualcosa di totalizzante vista come una casa nella quale si vive, che si occupa come un inquilino) lascia libero (risparmia) l'occupante abbastanza a lungo (ed è implicito che questo non accade spesso). Cos'altro serve? Un quadro (il simbolo dell'arte, della bellezza prodotta dall'uomo, contrapposta, nei versi che seguono, alla bellezza della natura). Ma uno solo; tanto basta a costruire la propria galleria. E poi i fiori, la bellezza della natura e anche il simbolo dell'eterna rinascita della primavera, che aiutano gli occhi a superare l'incapacità di vedere, quando c'è la neve, quando è inverno e sembra che tutto, anche l'ispirazione poetica si raffreddi, si congeli fino ad immobilizzarsi. Ma non c'è solo il fiore, può servire anche un uccello (altro simbolo di rinascita e di eterno divenire), se gli occhi lo preferiscono, anche se il fuoco che pure in inverno cova dentro (cova dentro la natura e dentro chi possiede il fuoco della poesia) può bastare a non far raffreddare il nostro cuore, perché, a chi lo sa ascoltare (al nostro orecchio) esso risuona limpido, nitido, chiaro come il canto di un piviere.
Altri possono essere gli stimoli: un paesaggio, ma non troppo appariscente, almeno non tanto da soffocare lo sguardo che deve rivolgersi soprattutto dentro. Una collina, un mulino che ruota le sue pale sospinto dal vento; ma questi sono lussi, qualcosa in più, che può servire ma non è indispensabile. Perché tutto questo non è indispensabile? Perché (e qui si torna all'inizio) quello che importa sono i propri pensieri, la propria mente. Ma se all'inizio bastava un cuore, adesso ce ne vogliono due, uno che "dice" la poesia, che la trasmette, e uno che ascolta (o, in alternativa, e in contrasto con il senso di cercata solitudine dell'inizio, due cuori che si fondano nell'amplesso poetico - mi piace di più la prima, ma a favore di questa c'è un indizio, anche se piuttosto vago: ED dovrebbe scrivere "two hearts" e non "two heart". L'uso del singolare, a meno che non sia una svista - sarebbe strano perché la poesia è stata copiata nei fascicoli, ma non è impossibile - può far pensare a due cuori che si fondono in uno). E poi il Cielo, intorno a noi e che sempre di più si fonde con noi. Ma il cielo esiste veramente? E cos'è il cielo per un poeta, se non l'immortalità dei propri versi? Oppure anche il cielo, il cielo che ci promette l'immortalità (qui i due significati del cielo e dell'immortalità, quello religioso e quello poetico si confondono) è solo un'impostura, una contraffazione? Se è così questa è l'impostura che non vorremmo mai svelare, che non vorremmo mai correggere per farla diventare più reale, ma anche più angosciante. Solo così l'immortalità (o meglio il nostro desiderio di immortalità, qualunque esso sia) può sentirsi contenta, soddisfatta. Ma non totalmente: il dubbio che il cielo sia un imbroglione, un impostore, non le permette, a lei ma soprattutto a noi, di abbandonarsi del tutto a questo sogno.
L'altra interpretazione, quella che risulta dalla traduzione in francese della Malroux e anche - meno chiaramente - dalle traduzioni italiane, è quella di un sorta di inno alla frugalità. A saper vedere il mondo nella sua semplicità. In questo caso i pensieri e il cuore sono la ragione e il sentimento. L'"Unità" (v. 7), come è esplicitato nella traduzione francese ("Maisonnée"), sono i doveri familiari. Il quadro e la natura servono a farci continuare a vivere e sperare durante l'inverno, in attesa del risveglio della primavera. L'ultima strofa va letta nella seconda interpretazione che ho dato prima. Le altre cose che ho descritto sopra si adattano facilmente anche a questa seconda lettura.
La prima è più intrigante, ma anche un po' stiracchiata, la seconda è più aderente alla lettera dei versi, ma meno affascinante. E non è escluso, naturalmente, che quando ha scritto questi versi ED pensasse a tutt'altro.


J496 (1862) / F364 (1862)

As far from pity, as complaint -
As cool to speech - as stone -
As numb to Revelation
As if my Trade were Bone -

As far from Time - as History -
As near yourself - Today -
As Children, to the Rainbow's scarf -
Or Sunset's Yellow play

To eyelids in the Sepulchre -
How dumb the Dancer lies -
While Color's Revelations break -
And blaze - the Butterflies!

    Lontana dalla pietà, come il risentimento -
Fredda alla parola - come la pietra -
Insensibile alla Rivelazione
Come se Trattassi d'Ossa -

Lontana dal Tempo - come la Storia -
Vicina a te - Oggi -
Come i Bambini, alla sciarpa dell'Arcobaleno -
O il Giallo gioco del Tramonto

Alle palpebre nel Sepolcro -
Così muta giace la Ballerina -
Mentre le Rivelazioni del Colore irrompono -
E fiammeggiano - le Farfalle!

Fu pubblicata per la prima volta, nel 1896, con il titolo "Asleep" - "Addormentata". In effetti è una descrizione, immaginifica alla maniera di ED, di qualcuno che sta dormendo. Lontano da tutto, insensibile ai sentimenti così come ai fenomeni naturali. Ovviamente è il sonno metaforico di chi non può, o non riesce, a uscire dalla propria gabbia. Sa che là fuori ci sono i sentimenti, le parole, l'arcobaleno, il tramonto, il sole che irrompe con i suoi colori, lo splendore delle farfalle. Ma soprattutto sa che c'è quel "yourself", che, almeno per "oggi", resterà confinato al di là, nello stesso modo in cui tutto quello che ha descritto lo è per chi è addormentato. Il "complaint" al primo verso significa sia "compianto, lamento" che "querela". Ho cercato di mantenere il più possibile entrambi i significati usando "risentimento", che è un lamentarsi accusando qualcuno o qualcosa.


J497 (1862) / F366 (1862)

He strained my faith -
Did he find it supple?
Shook my strong trust -
Did it then - yield?

Hurled my belief -
But - did he shatter - it?
Racked - with suspense -
Not a nerve failed!

Wrung me - with Anguish -
But I never doubted him -
[Or - Must be - I deserved - it -]
Tho' for what wrong
He did never say -

Stabbed - while I sued
His sweet forgiveness -
Jesus - it's your little "John"!
Don't you know - me?
[Why - Slay - Me?]

    Egli mise a dura prova la mia fede -
La trovò arrendevole?
Scosse la mia solida fiducia -
Essa allora - cedette?

Si scagliò contro il mio credo -
Ma - lo frantumò?
Torturò - con l'incertezza -
Non un nervo venne meno!

Mi straziò - con l'Angoscia -
Ma non dubitai mai di lui -
[O - Dev'essere - che - lo meritai -]
Anche se per quale colpa
Egli non lo disse mai -

Pugnalata - mentre imploravo
Il suo dolce perdono -
Gesù - è il tuo piccolo "Giovanni"!
Non mi riconosci?
[Perché - Mi - Trafiggi?]

I due versi fra parentesi sono riportati nel manoscritto senza particolari segni che li contraddistinguano, contrariamente all'uso di ED, che tracciava di solito il segno "+" sulle parole per le quali, in fondo o ai margini della pagina, indicava delle varianti (vedi sotto l'immagine del manoscritto nei fascicoli).
In entrambe le edizioni critiche i due versi sono considerati come varianti e non come aggiunte. Franklin si limita a dire che il primo è preceduto da "Or", mentre Johnson scrive: "Le due varianti suggerite sono in effetti scritte nel corpo del manoscritto come se fossero versi aggiuntivi; il primo fra i versi 10 e 11, il secondo come verso conclusivo. Ma la presenza di "Or" davanti al primo è una chiara indicazione del suo carattere alternativo, e il secondo sembra essere di analoga natura."
L'esame della riproduzione del manoscritto (si può presumere però che l'originale dia qualche informazione in più) e, soprattutto, il fatto che i due versi non sembrino fuori posto anche se accompagnati dai due che li precedono, non chiarisce del tutto la questione. Ho perciò preferito lasciarli all'interno del testo, anche se evidenziati dalle parentesi.

Come la J496-F364, anche questa è una immaginifica descrizione. Stavolta parliamo di fede e di tentazioni (più che di tentazioni concrete, come le intendiamo di solito, qui si tratta di dubbi, trasformati in dure prove che "Lui" si diverte ad infliggerci, senza nemmeno spiegarne la ragione). Molto bello il continuo contrasto fra la voglia di credere continuamente rinnovata e l'immagine di un dio che sembra francamente un po' sadico, che arriva a torturare, a pugnalare, a trafiggere, il piccolo "John" che vorrebbe tanto credere senza problemi, e sembra smarrito e indifeso davanti a tanta inspiegabile crudeltà.


J498 (1862) / F368 (1862)

I envy Seas, whereon He rides -
I envy Spokes of Wheels
Of Chariots, that Him convey -
I envy Crooked Hills

That gaze upon His journey -
How easy all can see
What is forbidden utterly
As Heaven - unto me!

I envy Nests of Sparrows -
That dot His distant Eaves -
The wealthy Fly, upon His Pane -
The happy - happy Leaves -

That just abroad His Window
Have Summer's leave to play -
The Ear Rings of Pizarro
Could not obtain for me -

I envy Light - that wakes Him -
And Bells - that boldly ring
To tell Him it is Noon, abroad -
Myself - be Noon to Him -

Yet interdict - my Blossom -
And abrogate - my Bee -
Lest Noon in everlasting night -
Drop Gabriel - and me -

    Invidio i Mari, sui quali Egli naviga -
Invidio i Raggi delle Ruote
Dei Carri, che Lo trasportano -
Invidio le Ondulate Colline

Che scrutano il Suo viaggio -
Com'è facile per tutti vedere
Quel che è proibito totalmente
Come il Cielo - a me!

Invidio i Nidi dei Passeri -
Che punteggiano le Sue remote Grondaie -
La Mosca opulenta, sui Suoi Vetri -
Le felici - felici Foglie -

Che appena oltre la Sua Finestra
Hanno dall'Estate il permesso di giocare -
Gli Orecchini di Pizarro
Non potrebbero ottenerlo per me -

Invidio la Luce - che Lo sveglia -
E le Campane - che suonano con forza
Per dirgli che è Mezzogiorno, là fuori -
Io stessa - fossi il Mezzogiorno per Lui -

Eppure precludo - la mia Fioritura -
E abolisco - la mia Ape -
Affinché il Mezzogiorno nella notte eterna -
Non precipiti Gabriele - e me -

La struggente sofferenza della rinuncia, con un andamento di nostalgica ballata basata su quel "I envy" ripetuto tre volte nella prima strofa come per imprimerlo bene nella mente di chi legge, un procedimento molto "musicale", che poi ritorna a strofe alterne. Una rinuncia però molto, molto combattuta, esplicitata solo nell'ultima strofa, mentre le cinque che la precedono sono dedicate agli oggetti di quell'invidia (mai persone, sempre cose o animali - una visione dell'amato come felicemente immerso nella natura, che lo coccola, lo osserva, fa tutte le cose che vorrebbe fare Lei). E una rinuncia eticamente molto dubbia, visto che sembra scelta solo per non essere gettata nell'inferno evocato dagli ultimi due versi, in una strofa preceduta dal verso che esprime un desiderio tanto voluto quanto impossibile: "Myself - be Noon to Him -".
Non è una novità, ma sorprende sempre notare quante "cose" ED mette in campo, e che varietà di aggettivi e verbi utilizza con inesausta fantasia: i mari sui quali lui naviga, i raggi delle ruote dei carri che lo trasportano, le ondulate colline che lo osservano, i nidi dei passeri che punteggiano le grondaie, la mosca opulenta sui vetri, le foglie felici che giocano sfiorando le finestre, la luce che sveglia, le campane che annunciano il mezzogiorno.


J499 (1862) / F369 (1862)

Those fair - fictitious People -
The Women - plucked away
From our familiar Lifetime -
The Men of Ivory -

Those Boys and Girls, in Canvas -
Who stay upon the Wall
In Everlasting Keepsake -
Can anybody tell?

We trust - in places perfecter -
Inheriting Delight
Beyond our faint Conjecture -
Our dizzy Estimate -

Remembering ourselves, we trust -
Yet Blesseder - than we -
Through Knowing - where we only hope -
Receiving - where we - pray -

Of Expectation - also -
Anticipating us
With transport, that would be a pain
Except for Holiness -

Esteeming us - as Exile -
Themself - admitted Home -
Through gentle Miracle of Death -
The Way ourself, must come -

    Quelle amabili - fittizie Persone -
Le Donne - strappate via
Dalla nostra consueta Esistenza -
Gli Uomini d'Avorio -

Quei Ragazzi e Ragazze, su Tela -
Fissati al Muro
A Perenne Ricordo -
Può qualcuno raccontare?

Noi li crediamo - in luoghi perfetti -
Eredi di una Delizia
Oltre la nostra pallida Congettura -
La nostra confusa Valutazione -

Memori di noi, li crediamo -
Eppure più Felici - di noi -
Perché Sanno - ove noi speriamo soltanto -
Ricevono - ove noi - preghiamo -

In Attesa - anche -
Di accoglierci
Con un trasporto, che sarebbe una pena
Se non fossero Santi -

Ci considerano - come in Esilio -
Loro - accolti a Casa -
Attraverso il lieve Miracolo della Morte -
La Via che noi stessi, dovremo seguire -

ED ci vuole parlare di coloro che non sono più tra noi. Il primo verso li presenta, come fosse un titolo: "Those fair - fictitious People -", usando un aggettivo (fair) che in inglese vuol dire molte cose, come a volerne dare una connotazione positiva ma non troppo precisa, visto che non sono veri ma "fictitious". Poi inizia a concretizzarli, a descriverli: le donne strappate via dall'esistenza di tutti i giorni, gli uomini d'avorio (sembra di vederne gli austeri ritratti), ragazzi e ragazze immortalati su tela, appesi al muro a perenne memoria (qui ED suggerisce anche una variante: "Everlasting Childhood" - "Perenne Infanzia"). Quindi passa a come li vediamo, a come cerchiamo di immaginarceli, sapendo però che non riusciremo mai a soddisfare questa curiosità, se non nel momento in cui anche noi ci incammineremo sulla strada che loro hanno già percorso, e torneremo a "Casa" passando attraverso il "gentle" miracolo della morte. Forse ED non era molto sicura di questo aggettivo, o voleva accentuarne l'indeterminatezza: ha infatti indicato due varianti: "curious" e "easy". Insomma, questo miracolo della morte può essere gentile, strano o facile (o anche semplice). Ho cercato qualcosa che potesse rendere questa indeterminatezza e ho trovato "lieve", che è anche uno dei significati di "gentle".


J500 (1862) / F370 (1862)

Within my Garden, rides a Bird
Upon a single Wheel -
Whose spokes a dizzy music make
As 'twere a travelling Mill -

He never stops, but slackens
Above the Ripest Rose -
Partakes without alighting
And praises as he goes,

Till every spice is tasted -
And then his Fairy Gig
Reels in remoter atmospheres -
And I rejoin my Dog,

And He and I, perplex us
If positive, 'twere we -
Or bore the Garden in the Brain
This Curiosity -

But He, the best Logician,
Refers my clumsy eye -
To just vibrating Blossoms!
An Exquisite Reply!

    Nel mio Giardino, si muove un Uccello
Su una singola Ruota -
I cui raggi producono una musica vertiginosa
Come fosse un Mulino volante -

Non si ferma mai, ma rallenta
Sulla Rosa più Matura -
Assaggia senza posarsi
E apprezza mentre procede,

Finché ogni spezia è gustata -
E allora la sua Trottola Fatata
Rotea in remote atmosfere -
Ed io raggiungo il mio Cane,

E Lui ed io, ci chiediamo
Se sia stato reale, quel che ci apparve -
O creata dal Giardino della Mente
Questa Stranezza -

Ma Egli, migliore nella Logica,
Indirizza il mio occhio maldestro -
Ai Fiori che vibrano davvero!
Un'Impeccabile Risposta!

È appena un colibrì, un piccolo uccello che svolazza ronzando nel giardino, sorvola qualche fiore e, senza posarsi, assaggia qua e là, apprezzando le leccornie che trova al suo passaggio. Ma per ED diventa un essere quasi soprannaturale, impalpabile. Quando scompare ci si chiede se sia vero di averlo visto. Ma l'occhio "logico" del cane, che non si fa distrarre dalla fantasia, rivela subito la prova tangibile del passaggio.
Al colibrì è dedicata anche la J1463-F1489.