The Complete Poems
Tutte le poesie
F1751 - 1789
Traduzione e note di Giuseppe Ierolli
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Indice Franklin
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F1751 (?) / J1717 (?)
Did life's penurious length Italicize it's sweetness, The men that daily live Would stand so deep in joy That it would clog the cogs Of that revolving reason Whose esoteric belt Protects our sanity. |
Se l'esigua lunghezza della vita Sottolineasse la sua dolcezza, Gli uomini che ogni giorno vivono Sarebbero così immersi nella gioia Che s'incepperebbero gli ingranaggi Di quella roteante ragione La cui esoterica cinghia Protegge il nostro equilibrio. |
Se nel corso dell'esiguo tempo che ci è concesso di vivere venissero enfatizzati troppo gli aspetti piacevoli della vita, rischieremmo di far inceppare i meccanismi della ragione, "roteanti" perché ogni ingranaggio che si rispetti ha bisogno di percorrere tutto il perimetro di una circonferenza, anche quei segmenti di cui faremmo volentieri a meno, altrimenti smette di funzionare e si ferma. |
F1752 (?) / J1719 (?)
God is indeed a jealous God - He cannot bear to see That we had rather not with Him But with each other play. |
Dio è davvero un Dio geloso - Non riesce a sopportare di vedere Che noi preferiamo non con Lui Ma l'uno con l'altro giocare. |
Più sintetica, ma con lo stesso scanzonato rifiuto della solenne e noiosa figura della divinità della J413-F437. |
F1753 (?) / J1720 (?)
Had I known that the first was the last I should have kept it longer. Had I known that the last was the first I should have mixed it stronger. Cup, it was your fault, Lip was not the liar. No, lip it was your's, Bliss was most to blame. |
Avessi saputo che la prima sarebbe stata l'ultima L'avrei serbata più a lungo. Avessi saputo che l'ultima sarebbe stata la prima L'avrei mescolata con più forza. Coppa, fu tua la colpa, Non era il labbro il bugiardo. No, labbro fu tua, La Beatitudine era più di tutto da biasimare. |
Nell'edizione Johnson al verso 4 si legge "drunk" ("bevuta") al posto di "mixed", e quest'ultimo termine è in nota come variante. Franklin ritiene che sia l'opposto. |
Quando abbiamo a disposizione una coppa d'amore, di gioia, raramente ci rendiamo conto che potrebbe essere l'ultima; magari la sorseggiamo in fretta, accontentandoci di un istante di intensa felicità, invece di serbarla e consumarla fino in fondo. E la colpa non è della coppa, ma di quelle labbra avide, che preferiscono un attimo di estasi a un sentimento magari meno intenso, ma più duraturo. |
F1754 (?) / J1721 (?)
He was my host - he was my guest, I never to this day If I invited him could tell, Or he invited me. So infinite our intercourse |
Lui mio anfitrione - lui mio ospite, Mai fino ad oggi Potrei dire se io invitai lui, O lui invitò me. Così infinito il nostro rapporto |
Il rapporto fra due persone può essere così intimo e duraturo da confondere i ruoli, da farle sembrare una cosa sola, come se fossero un unico contenitore nel quale le individualità si perdono. |
F1755 (?) / J1722 (?)
Her face was in a bed of hair, Like flowers in a plot - Her hand was whiter than the sperm That feeds the sacred light. Her tongue more tender than the tune That totters in the leaves - Who hears may be incredulous, Who witnesses, believes. |
Il volto di lei era in un letto di capelli, Come fiori in un'aiuola - La mano era più bianca del sego Che nutre il sacro lume. La lingua più tenera della melodia Che vibra nelle foglie - Chi ascolta può essere incredulo, Chi ne è testimone, crede. |
I primi versi sembrano la descrizione di una lei che sta morendo: il volto disteso in un letto di capelli, la mano bianca; poi però quella tenera melodia (anche "magic" in una variante) e, soprattutto, gli ultimi due versi dove il soggetto si fa più misterioso ed evanescente, fanno pensare alla descrizione di qualcosa di fantastico, come una fata dei boschi che si manifesta in melodie che vibrano tra le foglie. Sappiamo che non esiste, che è solo il vento a creare quei suoni, ma non si sa mai, se riuscissimo a vederla davvero forse potremmo ricrederci. |
F1756 (?) / J1726 (?)
If all the griefs I am to have Would only come today, I am so happy I believe They'd laugh and run away. If all the joys I am to have |
Se tutti i dolori che dovrò provare Venissero in una volta oggi, Sono così felice che credo Riderebbero e scapperebbero. Se tutte le gioie che dovrò provare |
Un momento di gioia intensa cancella tutto; sia i dolori, sia le gioie che verranno debbono lasciargli il posto, perché un istante così va vissuto e basta. |
F1757 (?) / J1728 (?)
Is Immortality a bane That men are so oppressed? |
È l'Immortalità un veleno letale Che gli uomini ne sono così oppressi? |
Il mistero dell'immortalità opprime talmente le nostre menti che la parola sembra rovesciarsi, trasformandosi in un veleno che dà morte invece di una vita senza fine. |
F1758 (?) / J1731 (?)
Love can do all but raise the Dead I doubt if even that From such a giant were withheld Were flesh equivalent But love is tired and must sleep, |
L'amore può far tutto tranne resuscitare i Morti Dubito se persino questo A un tale gigante sarebbe negato Se fosse la carne equivalente Ma l'amore è stanco e deve dormire, |
L'amore è il sentimento più forte che esista, potrebbe essere in grado di fare tutto ciò che sembra impossibile, forse persino resuscitare i morti sarebbe alla sua portata, se la carne fosse potente quanto lui. Ma tutta questa forza sembra quasi svanire a contatto col mondo reale, come se l'amore acquistasse i caratteri propri di un corpo mortale e avesse bisogno di dormire e di mangiare; e così l'amore si adegua al mondo, incita le sue armi così fulgide e lucenti ad allontanarsi, lasciando nei nostri occhi soltanto la traccia di quel fulgore, ormai al di là della nostra vista. |
F1759 (?) / J1735 (?)
One crown that no one seeks And yet the highest head It's isolation coveted It's stigma deified While Pontius Pilate lives |
Una corona che nessuno cerca Eppure il capo più eminente Il suo isolamento bramò Il suo marchio deificò Mentre Ponzio Pilato vive |
Cristo bramò il privilegio di essere il solo a portare la corona di spine, rendendo divino quel marchio che doveva essere d'infamia. E la condanna di chi lo lasciò morire è di essere eternamente trafitto da quel ricordo. |
F1760 (?) / J1736 (?)
Proud of my broken heart, since thou did'st break it, Proud of the pain I did not feel till thee, Proud of my night, since thou with moons dost slake it, Thou can'st not boast, like Jesus, drunken without companion Thou can'st not pierce tradition with the peerless puncture, |
Orgogliosa del mio cuore spezzato, poiché tu lo spezzasti, Orgogliosa della pena che non sentivo fino a te, Orgogliosa della mia notte, poiché tu con pleniluni l'hai estinta, Non puoi vantare, come Gesù, l'ubriachezza senza compagno Non puoi trafiggere la tradizione con l'incomparabile puntura, |
Qualsiasi pena d'amore è una pena che si sopporta con orgoglio, anche quando si è costretti a rinunciare con umiltà a una passione che si sente condivisa. E l'altro deve essere consapevole che quella angosciosa ebbrezza è comune, non è come quella di Gesù, che bevve da solo l'amara coppa del dolore; per questo non può pensare al suo come a un sacrificio vissuto in solitudine, ma come un calvario in cui entrambi sono crocifissi. |
F1761 (?) / J1741 (?)
That it will never come again Is what makes life so sweet. Believing what we dont believe Does not exhilarate. That if it be, it be at best |
Che non verrà mai di nuovo È ciò che rende la vita così dolce. Credere a ciò che non crediamo Non rallegra. Che se sarà, sarà al più |
L'unicità della vita è ciò che la rende degna di essere vissuta, perché viverla pensando a un ipotetico aldilà sarebbe come imporsi di credere a qualcosa in cui intimamente non crediamo. Perciò in questa unicità è compreso anche il fatto che non ci sarà nemmeno una vita "altra", o, tutt'al più, che questa seconda vita, se mai dovesse esserci, non potrà che essere completamente staccata da quella precedente, senza legami che ci permettano di riconoscerci in essa attraverso quell'individualità che ci accompagna da vivi. È questa consapevolezza che ci fa respingere questo illusorio "patrimonio ablativo" e ci induce ad assaporare fino in fondo la concretezza del patrimonio concreto che viviamo ogni giorno. |
F1762 (?) / J1744 (?)
The joy that has no stem nor core, Nor seed that we can sow, Is edible to longing, But ablative to show. By fundamental palates |
La gioia non ha stelo né nocciolo, Né seme che possiamo seminare, È commestibile per la brama, Ma sfuggente da mostrare. Da palati essenziali |
La gioia sfama il desiderio di un momento, ma non è adatta a durare; per questo i palati fini preferiscono vivande magari meno forti, ma restie a transiti veloci e adatte a crescere lentamente nel loro guscio. |
F1763 (?) / J1745 (?)
The mob within the heart Police cannot suppress The riot given at the first Is authorized as peace Uncertified of scene |
I disordini del cuore La polizia non può reprimere Il tumulto una volta iniziato È autorizzato come la pace. Non certificato dalla vista |
I disordini del cuore ("mob" significa "Un affollarsi di moltitudini promiscue, rudi, tumultuose e disordinate. Un'assemblea disordinata.") non possono essere repressi da interventi esterni, anzi, è come se avessero ottenuto l'autorizzazione ad agire, come se fossero una folla pacifica. Pur non avendo manifestazioni esteriori crescono tumultuosamente, come un uragano che ha trovato un terreno a lui congeniale. |
F1764 (?) / J1746 (?)
The most important population Unnoticed dwell. They have a heaven each instant Not any hell. Their names, unless you know them, |
La popolazione più importante Inosservata risiede. Hanno un paradiso in ogni istante Mai l'inferno. I loro nomi, a meno che non li si conosca, |
Un popolo nascosto, che riempie l'erba e non ha il nostro affanno di sapere quale destino gli sarà riservato: conosce soltanto il paradiso della natura. |
F1765 (?) / J1747 (?)
The parasol is the umbrella's daughter, And associates with a fan While her father abuts the tempest And abridges the rain. The former assists a siren |
Il parasole è figlio dell'ombrello, E si associa a un ventaglio Mentre il padre va incontro alla tempesta E riduce la pioggia. Il primo assiste una sirena |
Una scherzosa comparazione tra il parasole e l'ombrello, due oggetti molto simili, tanto da sembrare padre e figlio (l'originale è più efficace: "daughter", ovvero "figlia", dà più l'idea dell'uso al femminile del parasole), ma, come spesso accade tra padri e figli, così diversi: l'uno serve ad abbellire una sirena civettuola, che lo usa, insieme al ventaglio, per mettersi meglio in mostra; l'altro è più concreto e utile, tanto che è continuamente oggetto di "prestiti", più o meno volontari. |
F1766 (?) / J1749 (?)
The waters chased him as he fled, Not daring look behind; A billow whispered in his Ear, "Come home with me, my friend; My parlor is of shriven glass, My pantry has a fish For every palate in the Year," - To this revolting bliss The object floating at his side Made no distinct reply. |
Le acque lo inseguirono mentre fuggiva, Non osando guardare indietro; Un'onda gli sussurrò all'Orecchio, "Vieni a casa con me, amico mio; Il mio salotto è di puro cristallo, La mia tavola ha pesce Per ogni palato tutto l'Anno," - A questa rivoltante beatitudine L'oggetto che galleggiava al suo fianco Diede un'indistinta risposta. |
Il mare assume qui il ruolo di diavolo tentatore, che insegue e lusinga. La risposta viene da un "oggetto" che galleggia a fianco di chi è tentato: l'anima? la coscienza? qualsiasi cosa essa sia la sua risposta è incerta, anche se la "rivoltante" beatitudine promessa sembrerebbe preludere a un rifiuto. Ma l'ultimo verso suggerisce piuttosto un dubbio, o almeno una risposta che non sembra proprio un chiaro rifiuto. |
F1767 (?) / J1750 (?)
The words the happy say Are paltry melody But those the silent feel Are beautiful - |
Le parole dette dal felice Sono rozza melodia Ma quelle provate dal silente Sono bellissime - |
Esprimere un sentimento con le parole è sempre un po' volgarizzarlo; le stesse parole, non pronunciate ma sentite dentro di sé, diventano bellissime. |
F1768 (?) / J1751 (?)
There comes an hour when begging stops, When the long interceding lips Perceive their prayer is vain. "Thou shalt not" is a kinder sword Than from a disappointing God "Disciple, call again." |
Viene l'ora in cui termina la supplica, Quando le labbra a lungo mediatrici Percepiscono che la preghiera è vana. "Non devi" è più benevola spada Che da un frustrante Dio Un "Discepolo, ripassa." |
Arriva il momento in cui si rinuncia al dubbio, o a un desiderio fortemente voluto; o meglio, si accetta di non sapere, ci si rassegna a non avere, una condizione meno frustrante di un continuo chiedere che non approda a nulla. |
F1769 (?) / J1752 (?)
This docile one inter While we who dare to live Arraign the sunny brevity That sparkles to the Grave. On her departing span |
Docile chi è interrato Mentre noi che osiamo vivere Accusiamo la brevità del sole Che brilla su quella Tomba. Nello spazio della sua dipartita |
Sulla trascrizione di Millicent Todd intervenne poi la madre Mabel, con piccole correzioni e aggiungendo varianti alle due già inserite dalla figlia, fra le quali due per l'intero verso 7: "As playful in the Porch of Death" ("Così giocosa nel Patio della Morte") e "As happy in her crib of dust" ("Così felice in quella casetta di polvere"). |
Il compianto e la reazione contro la morte appartengono a chi resta, mentre chi muore non può che accettare docilmente il suo destino e prepararsi ad abitare quella che d'ora in poi sarà la sua casa. |
F1770 (?) / J1753 (?)
Through those old grounds of memory, The sauntering alone Is a divine intemperance A prudent man would shun. Of liquors that are vended 'Tis easy to beware But statutes do not meddle With the internal bar. Pernicious as the sunset Permitting to pursue But impotent to gather, The tranquil perfidy Alloys our firmer moments With that severest gold Convenient to the longing But otherwise withheld. |
Per quei vecchi campi della memoria, Vagabondare da soli È un'intemperanza divina Che un uomo prudente eviterebbe. Da liquori in vendita È facile guardarsi Ma gli statuti non hanno a che fare Col tribunale interno. Perniciosa come il tramonto Che permette di perseguire Ma impotente a raccogliere, La tranquilla perfidia Lega i nostri momenti più saldi Con quell'oro inflessibile Conveniente per il desiderio Ma altrimenti negato. |
Ripercorrere la propria memoria è un esercizio pericoloso, che una persona prudente dovrebbe evitare. È molto più facile difendersi dal mondo che da quel tribunale interno, sempre pronto a far risalire alla mente ricordi che possono sì soddisfare i nostri desideri di ripercorrere il passato, ma che poi non approdano a nulla, forse perché desideriamo quasi sempre impossibili ritorni, di cose, persone o sentimenti ormai soltanto legati all'inflessibile e prezioso archivio della memoria ma impraticabili nel presente. |
F1771 (?) / J1756 (?)
'Twas here my summer paused What ripeness after then To other scene or other soul My sentence had begun. To winter to remove |
Fu qui che la mia estate s'interruppe Che maturazione dopo di allora Verso altro scenario o altra anima La mia sentenza ebbe inizio. Verso l'inverno muovere |
L'estate finisce quando finisce l'amore; da quel momento la sentenza è esecutiva e ci porta in uno scenario completamente diverso, come se avessimo cambiato anche la nostra anima. È una sentenza che prevede di andare verso l'inverno, di convivere col suo gelo, come se una sposa fino a qual momento ardente d'amore si trovasse ammanettata a un freddo e inerte ghiacciolo. |
F1772 (?) / J1738 (?)
Softened by Time's consummate plush, How sleek the woe appears That threatened childhood's citadel And undermined the years. Bisected now, by bleaker griefs, |
Ammorbidito dalla perfetta felpa del tempo, Come appare smussato l'affanno Che minacciava la cittadella della fanciullezza Ed erodeva gli anni. Spezzati ora, da più crudi dolori, |
Il tempo ha ormai smussato quegli affanni che sembravano così irreparabili quando eravamo fanciulli; ora siamo alle prese con dolori molto più difficili da trattare e invidiamo quella disperazione, che a distanza ci sembra così banale e facile da superare. |
F1773 (?) / J1732 (?)
My life closed twice before it's close; It yet remains to see If Immortality unveil A third event to me, So huge, so hopeless to conceive |
La mia vita finì due volte prima della sua fine; Resta ancora da vedere Se l'Immortalità non sveli Un terzo evento a me, Così immenso, così disperante da concepire |
Johnson annota: "Nessuna copia autografa è conosciuta di questa poesia giustamente famosa. A meno che non se ne trovi una, ogni ipotesi circa il suo significato autobiografico è vana.". Non possiamo perciò sapere quali siano state quelle "due volte", citate qui ma anche nella J49-F39. In entrambe le poesie è chiaro che si parla di due lutti: là è detto esplicitamente ("was in the sod"), qui il "Departing" del penultimo verso e il senso di separazione assoluta e irreparabile dei versi ci porta alla stessa conclusione. |
F1774 (?) / J1711 (?)
A face devoid of love or grace, A hateful, hard, successful face, A face with which a stone Would feel as thoroughly at ease As were they old acquaintances - First time together thrown. |
Una faccia priva d'amore o grazia, Un'odiosa, dura, faccia di successo, Un faccia con la quale una pietra Si sentirebbe totalmente a suo agio Come se fossero vecchie conoscenze - Tirate per la prima volta insieme. |
La descrizione di una faccia non certo simpatica, che viene voglia di tirare come si farebbe con una pietra, perché di quella ha la durezza priva di qualsiasi sentimento. |
F1775 (?) / J1757 (?)
Upon the gallows hung a wretch, Too sullied for the hell To which the law entitled him. As nature's curtain fell The one who bore him tottered in, - For this was woman's son. "'Twere all I had," she stricken gasped - Oh, what a livid boon! |
Dalla forca pendeva uno sventurato, Troppo sudicio per l'inferno Al quale la legge l'aveva indirizzato. Mentre cadeva il sipario della natura Colei che l'aveva partorito venne barcollando, - Perché era figlio di donna. "Era tutto ciò che avevo", affranta ansimò - Oh, che livido dono! |
Anche un pendaglio da forca, la cui anima è troppo sudicia persino per l'inferno, ha una madre che soffre per lui, che vede quel corpo ormai illividito, quell'uomo reietto da tutti, soltanto come un figlio da piangere. |
F1776 (?) / J1748 (?)
The reticent volcano keeps His never slumbering plan; Confided are his projects pink To no precarious man. If nature will not tell the tale Admonished by her buckled lips |
Il reticente vulcano custodisce Il suo piano mai assopito; I suoi progetti rosa sono confidati A uomo non effimero. Se la natura non racconterà la storia Ammonito dalle sue labbra sigillate |
Nell'edizione Johnson al verso 7 si legge "survive" ("sopravvivere") e "proceed" è indicata come variante; lo stesso al verso 10 con "babbler" ("imbroglione") e "prater" e al verso 11 con "people" ("gente") e "neighbors". Franklin ritiene che sia l'opposto. In entrambe le edizioni è indicata come variante al verso 11 "shun" ("rifuggono") al posto di "keep". |
Il vulcano è il simbolo della natura che tiene ben celati nelle sue profondità i segreti del piano divino, un progetto che non può certo essere confidato a uomini mortali e perciò effimeri. Se la natura continuerà a non rivelare quei segreti, riuscirà l'uomo a procedere nel suo cammino senza aver nulla da raccontare a nessuno? Ma forse è proprio questo il destino dell'uomo, un destino suggerito dal silenzio della natura: quello di non sapere, di dover mantenere, suo malgrado, un segreto di cui in realtà non sa nulla. |
F1777 (?) / J1754 (?)
To lose thee - sweeter than to gain All other hearts I knew. 'Tis true the drought is destitute, But then, I had the dew! The Caspian has it's realms of sand, |
Perdere te - più dolce che guadagnare Tutti gli altri cuori che conosco. È vero che la siccità è indigenza, Ma allora, ho avuto la rugiada! Il Caspio ha il suo regno di sabbia, |
L'amore è un sentimento assoluto e unico, perderlo presuppone l'averlo avuto prima; per questo è più dolce quella perdita rispetto a guadagni non richiesti. Vivere nella siccità significa patire, ma significa anche aver gustato prima le dolci gocce di rugiada. In fin dei conti nulla ha una sola faccia, anche il mare presuppone, oltre all'acqua, un'arida spiaggia, senza la quale non sarebbe più mare. |
F1778 (?) / J1723 (?)
High from the earth I heard a bird; He trod upon the trees As he esteemed them trifles, And then he spied a breeze, And situated softly Upon a pile of wind Which in a perturbation Nature had left behind. A joyous going fellow I gathered from his talk Which both of benediction And badinage partook Without apparent burden. I subsequently learned He was the faithful father Of a dependent brood. And this untoward transport His remedy for care, - A contrast to our respites. How different we are! |
Alto sopra la terra udii un uccello; Procedeva al di sopra degli alberi Come se li reputasse inezie, E poi avvistò una brezza, E si sistemo mollemente Su un cumulo di vento Che in una perturbazione La natura aveva lasciato indietro. Un gioioso giramondo Lo intuii dalle sue chiacchiere Che sia a benedizione Che a burla partecipava Senza apparenti oneri. Successivamente appresi Che era il padre fedele D'una nidiata a suo carico. E quell'indisciplinato vagare Il suo rimedio per gli affanni, - Il contrario delle nostre pause. Come siamo diversi! |
In entrambe le edizioni critiche, conformemente alla trascrizione di Mabel Todd, il verso 12 ("And badinage partook") termina con un punto. Visto che non si tratta di un testo autografo, mi sono permesso di spostarlo al verso successivo. |
Il vagare spensierato di un uccello, che sembra libero da ogni dovere, si rivela un rimedio salutare per gli affanni di un padre con molti figli a carico, un rimedio molto diverso dalle pause di riposo che ci concediamo noi. L'ultimo verso può essere letto come una constatazione, in fin dei conti noi non siamo uccelli, ma anche come un implicito invito a provare anche noi quelle sensazioni di spensierata libertà; il riposo allevia le fatiche del corpo, ma non bisogna mai dimenticare la voglia di volare "high from the earth" della nostra mente e del nostro spirito. |
F1779 (?) / J1755 (?)
To make a prairie it takes a clover and one bee, One clover, and a bee, And revery. The revery alone will do, If bees are few. |
Per fare un prato va benone un trifoglio e un calabrone, Un trifoglio, e un calabrone, E immaginazione. L'immaginazione da sola basterà, Se di calabroni penuria ci sarà. |
Il mondo è fatto di piccole cose ma, soprattutto, di fantasia, sogno, immaginazione. Se manca qualcosa si può supplire con la fantasia, se manca questa l'abbondanza non servirà a nulla. |
F1780 (?) / J1740 (?)
Sweet is the swamp with it's secrets, Until we meet a snake; 'Tis then we sigh for houses, And our departure take At that enthralling gallop That only childhood knows. A snake is nature's treason, And awe is where it goes. |
Dolce è lo stagno con i suoi segreti, Finché non incontriamo una serpe; È allora che rimpiangiamo le case, E prendiamo la fuga A quell'inebriante galoppo Che solo la fanciullezza conosce. Una serpe è il tradimento della natura, E allo sgomento è dove mira. |
Nell'edizione Johnson al verso 7 si legge "summer's" ("dell'estate") e "nature's" è indicata come variante; lo stesso al verso 8 con "guile" ("inganno") e "awe". Franklin ritiene che sia l'opposto. In entrambe le edizioni è indicata come variante al verso 7 "drama" al posto di "treason". |
La natura non è sempre docile e bella; talvolta nasconde in sé insidie e paure, le stesse che ci facevano correre via quando eravamo fanciulli, ansiosi di lasciare quei luoghi così affascinanti, ma anche così pieni di incognite, per tornare nel rassicurante rifugio casalingo. |
F1781 (?) / J1742 (?)
The distance that the dead have gone Does not at first appear; Their coming back seems possible For many an ardent year. And then, that we have followed them, |
La distanza a cui i morti sono andati Dapprima non appare; Il loro tornare sembra possibile Per molto più di un ardente anno. E poi, quello di averli seguiti, |
È difficile accettare la morte delle persone care; all'inizio non ci rendiamo conto della realtà di quella separazione così assoluta e la nostra mente sembra non escludere un impossibile ritorno. Poi il ricordo continuo, l'affetto che dura anche oltre la morte, ce li fa sentire sempre più vicini, quasi che fossimo anche noi con loro, in una intimità che è solo nella nostra memoria ma, proprio per questo, ci sembra più reale della realtà stessa. |
F1782 (?) / J1724 (?)
How dare the robins sing, When men and women hear Who since they went to their account Have settled with the year! - Paid all that life had earned In one consummate bill. And now, what life or death can do Is immaterial. Insulting is the sun To him whose mortal light Beguiled of immortality Bequeath him to the night. Extinct be every hum In deference to him Whose garden wrestled with the dew, At daybreak overcome! |
Come osano i pettirossi cantare, Quando li ascoltano uomini e donne Che una volta avviatisi alla resa dei conti Si bloccarono a quell'anno! - Pagato tutto ciò che la vita aveva guadagnato In un conto definitivo. E ora, che cosa vita o morte siano È irrilevante. Insultante è il sole A colui che la luce mortale Ingannata dall'immortalità Ha lasciato alla notte. Estinto sia ogni brusio Per rispetto a colui Il cui giardino in lotta con la rugiada, Allo spuntar del giorno fu sopraffatto! |
Le più semplici e usuali manifestazioni della natura, il canto di un pettirosso, il sorgere del sole, diventano un'offesa per chi è ormai definitivamente consegnato al muto buio della notte. Possiamo soltanto tacere per rispettare coloro che dormono sotto quel giardino che non ha neanche la forza di opporsi alla lieve rugiada mattutina. |
F1783 (?) / J1716 (?)
Death is like the insect Menacing the tree, Competent to kill it, But decoyed may be. Bait it with the balsam Then, if it have burrowed |
La morte è simile all'insetto Che minaccia l'albero, Capace di ucciderlo, Ma può essere attirato. Adescalo col balsamo Poi, se fosse rintanato |
La morte non va accettata supinamente. Bisogna combatterla, cercare di stanarla dal luogo dove cerca di infiltrarsi per uccidere. Solo quando ci rendiamo conto che combatterla è al di là delle nostre forze, possiamo abbandonare la lotta e rassegnarci a subire la sua volontà. |
F1784 (?) / J1743 (?)
The grave my little cottage is, Where "Keeping house" for thee I make my parlor orderly And lay the marble tea. For two divided, briefly, |
La tomba è il mio piccolo cottage, Dove "Rigovernando" per te Metto il salotto in ordine E preparo marmoreo tè. Per due divisi, breve, |
La separazione dopo la morte diventa quasi vita in comune, con lei che sbriga le faccende come se vivesse un normale menage coniugale nella tomba. Una vita-morte che sarà probabilmente breve, solo un passeggero ciclo naturale in attesa dell'unione eterna. |
F1785 (?) / J1767 (?)
Sweet hours have perished here, This is a timid room - Within it's precincts hopes have played Now fallow in the tomb. |
Dolci ore sono perite qui, Questo è un luogo timoroso - Entro i suoi confini hanno giocato speranze Ora inerti nella tomba. |
La versione riportata sopra è quella dell'edizione Franklin, ripresa dalla trascrizione di Mabel Loomis Todd. Johnson riprende invece le prime edizioni a stampa (1896 e 1924), dove si legge "mighty" ("potente") al posto di "timid" al v. 2 ed è accolta una variante del manoscritto della Todd: "shadows" ("ombre") al posto di "fallow" nell'ultimo verso. |
I cimiteri racchiudono dolci ore ormai spente e speranze che non giocheranno più con il futuro. |
F1786 (?) / J1759 (?)
Which misses most - The hand that tends Or heart so gently borne, 'Tis twice as heavy as it was Because the hand is gone? Which blesses most The lip that can, Or that that went to sleep With "if I could" endeavoring Without the strength to shape? |
Che cosa manca di più - La mano che dà sollievo O il cuore così lievemente portato, Due volte più pesante di com'era Poiché la mano se n'è andata? Che cosa santifica di più Il labbro che può, O quello che andò a dormire Tentando un "se potessi" Senza la forza di foggiare? |
Il testo è noto da due trascrizioni: di Frances Norcross (quella riportata sopra) e di Mabel Todd. Non è accertato se Mabel Todd abbia trascritto la poesia da un autografo, ora perduto, o dalla trascrizione di Frances Norcross; le due versioni sono praticamente identiche, a parte qualche modifica nella punteggiatura e la divisione in due strofe della seconda. |
Due domande a cui ED dà due risposte ciascuna; le risposte, o meglio le alternative, alle due domande sono simmetriche: la prima è connotata di attiva certezza (la mano che aiuta e il labbro capace di pronunciare parole certe), la seconda di dubbio incerto e sfuggente (la mano che se va e lascia il cuore pesante più di prima e il labbro che va a dormire con parole di incertezza e conscio dei propri limiti). Qual è la riposta giusta? Che cos'è che ci manca di più, o che ci santifica di più, la certezza della fede o l'incertezza del dubbio? La costruzione dei versi sembra proprio indicare nella seconda coppia, quella connotata di incertezza, la riposta più giusta: le certezze hanno un limite oltre il quale non riescono ad andare, danno risposte alle quali bisogna credere senza chiedere; il dubbio è l'alimento di una vita che non accetta l'illusorio sapere del non chiedere. |
F1787 (?) / J1762 (?)
Were nature mortal lady Who had so little time To pack her trunk and order The great exchange of clime - How rapid, how momentous - To make some trifle fairer |
Se la natura fosse una signora mortale Che ha così poco tempo Per riempire il suo baule e sistemare Il grande cambio di stagione - Quanto rapide, quanto gravose - Per fare più bella qualche inezia |
La natura conosce bene il proprio mestiere, non si lascia prendere dall'ansia quando il cambio di stagione rende necessario riporre il vecchio e dar aria al nuovo. Lo fa da tempo immemorabile e riesce persino a tenere da parte il tempo per dare un ultimo tocco a una qualsiasi inezia, a un particolare che certamente sfuggirebbe a un'ansiosa signora intenta allo stesso lavoro; il suo fascino resta immutato, perché il restare e il partire sono soltanto due facce del suo imperturbabile ciclo perenne. |
F1788 (?) / J1763 (?)
Fame is a bee. It has a song - It has a sting - Ah, too, it has a wing. |
La fama è un'ape. Ha un canto - Ha un pungiglione - Ah, e poi, ha un'ala. |
La fama porta con sé canti di lode, poi le ferite dell'oblio e quindi, inevitabilmente, vola via. |
F1789 (?) / J1764 (?)
The saddest noise, the sweetest noise, The maddest noise that grows, - The birds, they make it in the spring, At night's delicious close, Between the March and April line - It makes us think of all the dead It makes us think of what we had, An ear can break a human heart |
Il suono più triste, il suono più dolce, Il suono più pazzo che esista, - Gli uccelli, lo fanno in primavera, Al delizioso chiudersi della notte, Sulla linea fra marzo e aprile - Ci fa pensare a tutti i morti Ci fa pensare a ciò che avevamo, Un orecchio può spezzare un cuore umano |
Il canto degli uccelli, insieme triste, dolce e pazzo, annuncia l'arrivo della primavera, in quella linea di confine fra marzo e aprile che è anche preludio di un'estate ancora nascosta ma già così vicina. È un canto che porta gioia e rinascita, ma anche nostalgia per coloro che non potranno più vedere questo miracolo che si ripete. E quando il rimpianto supera l'incanto di quelle gole così simili a quelle di sirene quasi vorremmo zittirli, perché l'orecchio è troppo vicino al cuore, e un suono fa presto a percorrere quella strada così breve, senza lasciarci il tempo di deviarlo. |