Emily Dickinson

The Complete Poems
Tutte le poesie

J101 - 150

Traduzione e note di Giuseppe Ierolli


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Appendice

Indice Johnson
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J101 (1859) / F148 (1860)

Will there really be a "morning"?
Is there such a thing as "Day"?
Could I see it from the mountains
If I were as tall as they?

Has it feet like Water lilies?
Has it feathers like a Bird?
Is it brought from famous countries
Of which I have never heard?

Oh some Scholar! Oh some Sailor!
Oh some Wise Man from the skies!
Please to tell a little Pilgrim
Where the place called "morning" lies!

    Ci sarà davvero un "mattino"?
C'è una cosa come il "Giorno"?
Potrei vederlo dai monti
Se fossi alta come loro?

Ha piedi simili a Ninfee?
Ha penne come un Uccello?
Proviene da famose regioni
Di cui non ho mai udito?

Oh qualche Studioso! Oh qualche Marinaio!
Oh qualche Sapiente dai cieli!
Vi prego di dire alla piccola Pellegrina
Dove si trova il luogo chiamato "mattino"!

Cerchiamo sempre un "mattino", un risveglio che porti luce e rinascita, ma quasi sempre la nostra ricerca non ha effetto e ci chiediamo allora se quel mattino esiste davvero e, magari, se siamo noi a non saperlo vedere, perché non riusciamo a spingere lo sguardo al di là di ciò che lo nasconde.


J102 (1859) / F149 (1860)

Great Caesar! Condescend
The Daisy, to receive,
Gathered by Cato's Daughter,
With your majestic leave!
    Grande Cesare! Acconsenti
La Margherita, a ricevere,
Raccolta dalla Figlia di Catone,
Col tuo regale permesso!

Probabile copia, nei fascicoli, di un biglietto spedito ad Austin; il "Grande Cesare" è Austin, Catone il padre, e la figlia è naturalmente la stessa Emily, che offre umilmente una margherita al fratello.
Marisa Bulgheroni, nelle note al Meridiano, scrive che "Porzia, la figlia di Catone, era la protagonista della tragedia omonima di Joseph Addison (Cato, 1713), autore popolare in famiglia.", ma nella tragedia di Allison la figlia di Catone si chiama Marcia, e "Portius" è il figlio; visto che ED scrive "Cato's Daughter", senza farne il nome, l'ipotesi è comunque plausibile, anche se il riferimento letterario che a me sembra più probabile è il Giulio Cesare shakespeariano, dove Porzia, moglie di Bruto, dice (II, i, 294-295): "I grant I am a woman; but withal / A woman well reputed: Cato's daughter." ("sarò una donna: ma una donna / stimata, la figlia di Catone." - trad. di Sergio Perosa).


J103 (1859) / F157 (1860)

I have a King, who does not speak -
So - wondering - thro' the hours meek
I trudge the day away -
Half glad when it is night - and sleep -
If, haply, thro' a dream, to peep
In parlors, shut by day.

And if I do - when morning comes -
It is as if a hundred drums
Did round my pillow roll,
And shouts fill all my childish sky,
And Bells keep saying "Victory"
From steeples in my soul!

And if I dont - the little Bird
Within the Orchard, is not heard,
And I omit to pray
"Father, thy will be done" today
For my will goes the other way,
And it were perjury!

    Ho un Re, che non parla -
Così - fantasticando - lungo le ore docile
Consumo i miei giorni -
Quasi lieta quando è notte - e dormo -
Se, per caso, durante un sogno, sbircio
Nel salotto, chiuso di giorno.

E se lo faccio - quando arriva il mattino -
È come se cento tamburi
Rullassero intorno al mio cuscino,
E il rumore riempisse tutto il mio cielo infantile,
E le Campane continuassero dicendo "Vittoria"
Da campanili nella mia anima!

E se non lo faccio - il piccolo Uccello
Dentro il Frutteto, non si sente,
Ed io tralascio di pregare
"Padre, sia fatta la tua volontà" oggi
Perché la mia volontà va per altre strade,
E sarebbe spergiuro!

Il "re che non parla", la poesia, è riservata alla notte, quando, come in un sogno, il poeta riesce a vedere cose oscurate dall'abitudine dell'esistenza. Se il sogno poetico arriva, il risveglio è vivificato dal suono interiore di cento tamburi, dal rintocco gioioso di campane che, dai campanili dell'anima, annunciano la vittoria della parola sulle tenebre del silenzio. Se invece la notte rimane sterile, il canto resta muto e il poeta rifiuta anche l'effimera consolazione di rimettersi al volere divino, perché i suoi pensieri non sono certo benevoli verso chi ha negato l'ebbrezza della creazione.


J104 (1859) / F158 (1860)

Where I have lost, I softer tread -
I sow sweet flower from garden bed -
I pause above that vanished head
       And mourn.

Whom I have lost, I pious guard
From accent harsh, or ruthless word -
Feeling as if their pillow heard,
       Though stone!

When I have lost, you'll know by this -
A Bonnet black - A dusk surplice -
A little tremor in my voice
       Like this!

Why, I have lost, the people know
Who dressed in frocks of purest snow
Went home a century ago
       Next Bliss!

    Dove ho perduto, più lieve passo -
Spargo i dolci fiori dell'aiuola -
Sosto sopra quel capo svanito
       E piango.

Chi ho perduto, pietosa proteggo
Da aspri accenti, o parole crudeli -
Agendo come se il loro cuscino udisse,
       Benché pietra!

Quando ho perduto, lo capirai da questo -
Una Cuffia nera - Uno scuro mantello -
Un leggero tremore nella voce
       Come questo!

Perché, ho perduto, lo sa la gente
Che vestita di tuniche di purissima neve
Tornò a casa secoli fa
       Dall'Estasi!

La perdita analizzata con puntigliosa precisione, con le quattro strofe che circoscrivono nella prima parola l'oggetto dei versi che seguono: il dove, ovvero lo spazio in cui piangere; il chi, ovvero quelli da rammentare come se ancora potessero sentirci; il quando, ovvero il tempo che sembra essersi fermato nel bruno colore del lutto e del dolore; e infine il perché, misterioso e inconoscibile, palese soltanto a coloro che già sono tornati a casa.


J105 (1859) / F160 (1860)

To hang our head - ostensibly -
And subsequent, to find
That such was not the posture
Of our immortal mind -

Affords the sly presumption
That in so dense a fuzz -
You - too - take Cobweb attitudes
Upon a plane of Gauze!

    Chinare il capo - apparentemente -
E subito dopo, scoprire
Che non era questa l'attitudine
Della mente immortale -

Procura la sottile presunzione
Che in una lanugine così densa -
Tu - pure - prenda forma di Ragnatela
Su una trama di Garza!

La mente immortale non può semplicemente inchinarsi alle certezze inconsapevoli della fede. Alzare lo sguardo, cercare di diradare le nebbie del mistero, ci dà la presunzione di crederci capaci di costruire una geometrica, razionale ragnatela sulla trama effimera e volatile che avvolge la nostra vita.
Nei primi versi si sente l'orgoglio di chi non accetta di inchinarsi a qualcosa che sente come una costrizione, uno svilimento di quelle possibilità della ragione che dovrebbero guidare la nostra mente al dubbio e alla ricerca, e non alla supina accettazione.


J106 (1859) / F161 (1860)

The Daisy follows soft the Sun -
And when his golden walk is done -
Sits shyly at his feet -
He - waking - finds the flower there -
Wherefore - Marauder - art thou here?
Because, Sir, love is sweet!

We are the Flower - Thou the Sun!
Forgive us, if as days decline -
We nearer steal to Thee!
Enamored of the parting West -
The peace - the flight - the amethyst -
Night's possibility!

    La Margherita segue sommessa il Sole -
E quando il suo dorato percorso è concluso -
Siede timidamente ai suoi piedi -
Lui - svegliandosi - trova il fiore là -
Per quale ragione - Manigolda - sei qui?
Perché, Signore, l'amore è dolce!

Noi siamo il Fiore - Tu il Sole!
Perdonaci, se non appena i giorni declinano -
Ci avviciniamo furtive a Te!
Innamorate del morente Occidente -
Della pace - del volo - dell'ametista -
Delle possibilità della notte!

Bianca Tarozzi (La bambina cattiva, pag. 211) rileva giustamente che "come accade spesso nella poesia della Dickinson, è incerto se la metafora del sole nasconda il divino o l'essere amato." In effetti, l'immagine del sole si presta a entrambe le letture o, meglio, racchiude in sé la luce di un amore che può essere sia terreno che divino.
Nella parte finale della poesia l'anelito al sole si tinge di tramonto, forse perché lo splendore e il calore del sole nel suo massimo fulgore sono irraggiungibili per l'umile margherita, con l'ultimo verso che porta verso le misteriose e affascinanti possibilità della notte.
Al verso 5 il sole si rivolge in modo burbero alla margherita che trova là al suo risveglio; "marauder" significa "Un vagabondo in cerca di bottino o saccheggio; un saccheggiatore.", come se la considerasse un'intrusa dal fare sospetto. Immagine rivelatrice di un amore non corrisposto.


J107 (1859) / F152 (1860)

'Twas such a little - little boat
That toddled down the bay!
'Twas such a gallant - gallant sea
That beckoned it away!

'Twas such a greedy, greedy wave
That licked it from the Coast -
Nor ever guessed the stately sails
My little craft was lost!

    C'era un così piccolo - piccolo battello
Che barcollava giù nella baia!
C'era un così galante - galante mare
Che lo invitava fuori!

C'era una così ingorda, ingorda onda
Che lo risucchiava dalla Costa -
Non avrebbero mai indovinato le maestose vele
Che il mio piccolo scafo era perduto!

Torna il "little boat" della J30-F6; stavolta però non c'è il lieto fine dell'ultima strofa di quella poesia: il mare galante e traditore e l'onda ingorda, due immagini della morte, non lasciano spazio all'alba della rinascita ma soltanto al dolore imperscrutabile della perdita.


J108 (1859) / F156 (1860)

Surgeons must be very careful
When they take the knife!
Underneath their fine incisions
Stirs the Culprit - Life!
    I chirurghi stiano molto attenti
Quando prendono il coltello!
Sotto le loro abili incisioni
Si agita l'Imputato - la Vita!

Quando si incide sotto la superficie, quando si cerca di sollevare lo strato visibile delle cose, ci si trova davanti alla nuda verità della vita. Per questo penetrare nell'intimità di qualcuno è pericoloso come fare un'incisione chirurgica, come entrare in un luogo la cui superficie non sempre suggerisce ciò che troveremo dentro.


J109 (1859) / F163 (1860)

By a flower - By a letter -
By a nimble love -
If I weld the Rivet faster -
Final fast - above -

Never mind my breathless Anvil!
Never mind Repose!
Never mind the sooty faces
Tugging at the Forge!

    Con un fiore - Con una lettera -
Con un agile amore -
Se fisso il Chiodo più saldo -
Definitivamente saldo - lassù -

Non importa la mia Incudine ansimante!
Non importa il Riposo!
Non importano i volti fuligginosi
Che si sbracciano alla Fucina!

Non importano le fatiche profuse per raggiungere lo scopo; qualsiasi sia il modo per arrivarci, l'importante è che alla fine l'obiettivo sia saldamente raggiunto.


J110 (1859) / F111 (1859)

Artists wrestled here!
Lo, a tint Cashmere!
Lo, a Rose!
Student of the Year!
For the easel here
Say Repose!
    Artisti si cimentarono qui!
Guarda, una tinta Cachemire!
Guarda, un Rosa!
Studioso dell'Anno!
Del cavalletto qui
Attesta l'Armonia!

L'armonia e la bellezza della natura, dipinta a tinte pastello da artisti immateriali.
Per tradurre "Repose" all'ultimo verso ho usato una definizione del Webster: "In pittura, armonia di colori, come quando non si nota nulla di sgargiante." Se diamo al termine il significato più comune, i versi potrebbe diventare: "Per il cavalletto qui / Proclama il Riposo!", ovvero, per godere di questo spettacolo lascia da parte i tuoi studi.


J111 (1859) / F113 (1859)

The Bee is not afraid of me.
I know the Butterfly -
The pretty people in the Woods
Receive me cordially -

The Brooks laugh louder
When I come -
The Breezes madder play;
Wherefore mine eye thy silver mists,
Wherefore, Oh Summer's Day?

    L'Ape non è impaurita da me.
Conosco la Farfalla -
Il grazioso popolo dei Boschi
Mi riceve cordialmente -

I Ruscelli ridono più forte
Quando arrivo -
Più folli giocano le Brezze;
Perché il tuo argento mi appanna la vista,
Perché, Oh Giorno d'Estate?

Sentirsi parte del miracolo della natura che rinasce non evita la sottile ansia degli ultimi due versi, dove lo splendore dell'estate ci abbaglia col suo calore ma, nello stesso tempo, fa calare davanti ai nostri occhi un velo di fastidiosa tristezza, come se avvertissimo che quel ciclo prima o poi dovrà finire.


J112 (1859) / F114 (1859)

Where bells no more affright the morn -
Where scrabble never comes -
Where very nimble Gentlemen
Are forced to keep their rooms -

Where tired Children placid sleep
Thro' Centuries of noon
This place is Bliss - this town is Heaven -
Please, Pater, pretty soon!

"Oh could we climb where Moses stood,
And view the Landscape o'er"
Not Father's bells - nor Factories,
Could scare us any more!

    Dove le campane non turbano più il mattino -
Dove un grattare non accade mai -
Dove Signori sempre in moto
Sono confinati nelle loro stanze -

Dove stanchi Bambini dormono placidi
Attraverso Secoli di mezzogiorno
Quel luogo è Beatitudine - quel paese è il Cielo -
Ti prego, Pater, fai presto!

"Oh potessimo arrampicarci dove stette Mosè,
E osservare il Paesaggio dall'alto"
Non le campane del Babbo - né le Fabbriche,
Potrebbero spaventarci più!

La sveglia antelucana e l'obbligo di sentirsi affaccendati dovevano essere penosi doveri per ED (vedi anche la J13-F35), visto che il cielo è qui rappresentato come l'unico luogo in cui si può stare finalmente tranquilli e si può dormire fino a mezzogiorno, senza le campane della prima messa, l'importuno risveglio da parte di qualcuno che gratta alla nostra porta, l'ansia di fronte a tutte quelle persone sempre in moto.
Johnson suggerisce alcune interpretazioni: "Father's bells sembrerebbe riferirsi al fatto che Edward Dickinson era quello che svegliava tutta la famiglia per la prima colazione. Le sirene delle fabbriche erano sgraditi segnali. Come città di college Amherst aveva, molto più di un piccolo paese, consuetudine con very nimble Gentlemen."
Interessante "scrabble" al secondo verso. Nel Webster non è definito come nome, ma soltanto come verbo: "sfregare, grattare o graffiare con le mani", con l'annotazione: "Una parola di uso comune e popolare nel New England, ma non elegante". Ho tradotto con "un grattare" perché ho pensato al grattare mattutino alla porta per la sveglia. Si potrebbe anche pensare a un'ortografia inesatta per "scramble", ovvero "Un'avida lotta per qualcosa, quando qualcuno si sforza di prenderla prima di un altro", e allora la traduzione diventerebbe "Dove l'avidità - o l'arrivismo - non ha più spazio". Visto il carattere quasi parodistico dei versi, propendo per la prima ipotesi.
La citazione dei versi 9 e 10 è tratta dall'inizio della quarta strofa dell'inno There is a land of pure delight di Isaac Watts.


J113 (1859) / F116 (1859)

Our share of night to bear -
Our share of morning -
Our blank in bliss to fill,
Our blank in scorning -

Here a star, and there a star,
Some lose their way!
Here a mist - and there a mist -
Afterwards - Day!

    La nostra parte di notte portare -
La nostra parte di mattino -
Il nostro vuoto di beatitudine riempire,
Il nostro vuoto di disprezzo -

Qui una stella, e là una stella,
Alcune smarriscono la via!
Qui una nebbia - e là una nebbia -
Dopo - il Giorno!

La vita è un percorso a tratti luminoso e a tratti oscuro, dove c'è pura estasi ma anche bassa viltà; qua e là appaiono stelle brillanti, che sembrano guidarci ma spesso scompaiono, lasciandoci incerti; l'unica costante è l'impossibilità di sapere, di vedere al di là della nebbia che appanna lo sguardo della mente, un mistero che sarà illuminato soltanto dal "giorno" che verrà.


J114 (1859) / F97 (1859)

"Good night," because we must!
How intricate the Dust!
I would go, to know -
Oh Incognito!

Saucy, saucy Seraph,
To elude me so!
Father! they wont tell me!
Wont you tell them to?

    "Buonanotte", poiché dobbiamo!
Com'è intricata la Polvere!
Vorrei andare, per sapere -
Oh Incognito!

Sfacciato, sfacciato Serafino,
Eludermi così!
Padre! non vogliono dirmelo!
Non vuoi dirglielo tu?

Oltre alla copia riportata sopra, nei fascicoli, c'è un altro manoscritto, inviato a Samuel Bowles, senza divisione in strofe e con alcune modifiche nella punteggiatura e nelle maiuscole.

Morire è inevitabile, ma quanto sarebbe meglio riuscire, prima, a sciogliere un po' l'intreccio misterioso che ci attende quando saremo polvere. Ma non c'è nulla da fare, l'unico modo per sapere è andare; è inutile contare su angeli che possano suggerirci qualcosa e, forse, sarebbe meglio appellarci direttamente al creatore, anche se le speranze sono davvero poche.


J115 (1859) / F100 (1859)

What Inn is this
Where for the night
Peculiar Traveller comes?
Who is the Landlord?
Where the maids?
Behold, what curious rooms!
No ruddy fires on the hearth -
No brimming tankards flow -
Necromancer! Landlord!
Who are these below?
    Che Locanda è questa
Dove per la notte
Un singolare Viaggiatore arriva?
Chi è il Padrone?
Dove le cameriere?
Guarda, che stanze curiose!
Né fuochi rossastri sul focolare -
Né boccali ricolmi scorrono -
Necromante! Padrone!
Chi sono quelli là sotto?

L'ultimo verso rivela che la locanda del primo non è altro che un cimitero, frequentato da viaggiatori singolari, perché si fermano per sempre. Il padrone è un locandiere molto particolare: un dio nella veste di mago che comunica con i defunti.


J116 (1859) / F101 (1859)

I had some things that I called mine -
And God, that he called his -
Till, recently a rival Claim
Disturbed these amities.

The property, my garden,
Which having sown with care,
He claims the pretty acre,
And sends a Bailiff there.

The station of the parties
Forbids publicity,
But Justice is sublimer
Than arms, or pedigree.

I'll institute an "Action" -
I'll vindicate the law -
Jove! Choose your counsel -
I retain "Shaw"!

    Io avevo delle cose che chiamavo mie -
E Dio, quelle che chiamava sue -
Finché, di recente una Controversia
Turbò questa intesa.

Della proprietà, il mio giardino,
Sempre con cura seminato,
Egli reclama i graziosi acri,
E manda l'Ufficiale Giudiziario.

Il rango delle parti
Impedisce la pubblicità,
Ma la Giustizia è più sublime
Di stemmi, o discendenza.

Intenterò una "Causa" -
Rivendicherò la legge -
Giove! Scegli l'avvocato -
Io mi tengo "Shaw"!

Nella sua perenne contesa con Dio ED si decide qui a portarlo in tribunale. Finché ciascuno mantiene i propri averi senza dar fastidio all'altro l'intesa funziona, ma, visto che Dio ha deciso di invadere un territorio non suo, l'unica risposta possibile è invocare la legge. La causa riguarda il giardino, perciò ED non può scegliere avvocato migliore di un giardiniere (lo Shaw dell'ultimo verso è Henry Shaw, un giardiniere che lavorava saltuariamente per i Dickinson).


J117 (1859) / F102 (1859)

In rags mysterious as these
The shining Courtiers go,
Vailing the purple, and the plumes -
Vailing the ermine so.

Smiling, as they request an alms
At some imposing door -
Smiling when we walk barefoot
Upon their golden floor!

    In stracci misteriosi come questi
I brillanti Cortigiani vanno,
Celando la porpora, e le piume -
Celando anche l'ermellino.

Sorridenti, mentre chiedono l'elemosina
Presso qualche imponente portale -
Sorridenti mentre noi camminiamo scalzi
Sul loro dorato pavimento!

Come in molte poesie di ED il confine fra natura e morte è indistinto. I cortigiani del secondo verso potrebbero essere i fiori, vestiti di petali/stracci multicolori che nascondono il loro rango di nobili frutti della natura, sorridenti mentre chiedono un'elemosina di rugiada al mondo che li ospita e mentre li calpestiamo con i nostri piedi, così nudi in confronto alle loro vesti, umili e sgargianti insieme. Ma i cortigiani potrebbero anche essere i morti, che non hanno bisogno di nobili segni esteriori per frequentare la corte divina, con il sorriso di coloro che sono accolti dall'imponente portale del cielo, un sorriso che sembra provenire dalle tombe sulle quali camminiamo con i nostri piedi ancora mortali, calpestando il prezioso mistero dell'eternità.


J118 (1859) / F103 (1859)

My friend attacks my friend!
Oh Battle picturesque!
Then I turn Soldier too,
And he turns Satirist!
How martial is this place!
Had I a mighty gun
I think I'd shoot the human race
And then to glory run!
    Il mio amico attacca il mio amico!
Oh Battaglia pittoresca!
Poi io pure mi muto in Soldato,
Ed egli si muta in Satirico!
Com'è marziale questo luogo!
Avessi un fucile potente
Credo che sparerei alla razza umana
E poi via verso la gloria!

Il primo verso può far pensare alla guerra civile americana, ma entrambe le edizioni critiche datano questa poesia al 1859, due anni prima dell'inizio della guerra. ED potrebbe però anche riferirsi al periodo immediatamente precedente, in cui già montavano i problemi che poi condurranno alla lotta fra nord e sud; una descrizione di battaglie verbali (vedi il "satirist" al verso 4) che poco tempo dopo diventeranno cruente. Il penultimo verso suona inequivocabilmente come una condanna del genere umano, o, almeno, di quegli uomini che identificano la gloria con la vittoria su altri uomini.
Mettendo da parte il possibile riferimento storico, possiamo leggerla come la descrizione, un po' divertita e un po' sbalordita, di una lite, reale o immaginaria, fra due persone, a cui segue l'intervento di quella che all'inizio era soltanto una testimone. La metafora "guerriera" (battle, soldier, martial, gut, shoot) non è rara nei versi di ED, e qui sembra sottolineare il carattere di quella "human race" liquidata in modo così deciso al verso 7; un gesto che fa meritare la gloria a chi lo compie.


J119 (1859) / F118 (1859)

Talk with prudence to a Beggar
Of "Potosi," and the mines!
Reverently, to the Hungry
Of your viands, and your wines!

Cautious, hint to any Captive
You have passed enfranchized feet!
Anecdotes of air, in Dungeons
Have sometimes proved deadly sweet!

    Parlate con prudenza a un Mendicante
Di "Potosí", e miniere!
Con tatto, a un Affamato
Di vivande, e vini!

Cauti, accennate a un qualsiasi Prigioniero
Che avete incontrato piedi affrancati!
Aneddoti d'aria, nelle Segrete
Si sono talvolta dimostrati fatalmente dolci!

È sempre pericoloso alimentare desideri, stuzzicare voglie in chi non ha la possibilità di soddisfarle; può anche essere dolce sognare l'impossibile, ma quasi sempre si rivela una dolcezza fatale.
Potosí (v. 2) è una città della Bolivia famosa per le sue miniere.


J120 (1859) / F119 (1859)

If this is "fading"
Oh let me immediately "fade"!
If this is "dying"
Bury me, in such a shroud of red!
If this is "sleep,"
On such a night
How proud to shut the eye!
Good evening, gentle Fellow men!
Peacock presumes to die!
    Se questo è lo "svanire"
Oh lasciate che io subito "svanisca"!
Se questo è il "morire"
Seppellitemi, in tale rosso sudario!
Se questo è il "sonno",
In tale notte
Com'è splendido chiudere gli occhi!
Buonasera, cortese Compagno degli uomini!
Il pavone si permette di morire!

Lo splendore del tramonto diventa metafora di una morte che è insieme grandiosa e portatrice di rinascita.
Al verso 8 "Fellow men" è tradotto da Silvio Raffo (Meridiano) con "razza umana" e da Barbara Lanati (Sillabe di seta) con "genere umano"; io l'ho interpretato come un saluto al sole, costante compagno degli uomini, un "pavone" che non teme il suo tramonto e anzi ne fa il suo momento più splendido.


J121 (1859) / F120 (1859)

As Watchers hang upon the East -
As Beggars revel at a feast
By savory fancy spread -
As Brooks in Deserts, babble sweet
On Ear too far for the delight -
Heaven beguiles the tired.

As that same Watcher, when the East
Opens the lid of Amethyst
And lets the morning go -
That Beggar, when an honored Guest -
Those thirsty lips to flagons pressed -
Heaven to us, if true.

    Come gli Insonni scrutano l'Est -
Come i Mendicanti godono a un banchetto
Imbandito da golosa fantasia -
Come i Ruscelli nel Deserto, mormorano dolci
A Orecchie troppo lontane per goderne -
Il Cielo alletta chi è stanco.

Come quello stesso Insonne, quando l'Est
Apre il coperchio d'Ametista
E lascia uscire il mattino -
O quel Mendicante, quando è Ospite onorato -
Quelle labbra assetate preme sulla caraffa -
Il Cielo è per noi, se esiste.

Il cielo come desiderio ultimo. Nella prima strofa come desiderio inappagato a cui tendere, come l'insonne al mattino, il mendicante a un banchetto per ora soltanto fantasticato o il dolce rumore della natura che non trova orecchie per le sue melodie. Nella seconda l'insonne e il mendicante appagano finalmente, e concretamente, quel desiderio, così come lo appagheremo noi quando arriveremo finalmente in quel cielo. Nell'ultimo verso, uno dei soliti guizzi dickinsoniani, dove il dubbio tende improvvisamente a rovesciare l'idilliaca immagine di un paradiso che forse esiste soltanto nella nostra fantasia.


J122 (1859) / F104 (1859)

A something in a summer's Day
As slow her flambeaux burn away
Which solemnizes me.

A something in a summer's noon -
A depth - an Azure - a perfume -
Transcending extasy.

And still within a summer's night
A something so transporting bright
I clap my hands to see -

Then vail my too inspecting face
Lest such a subtle - shimmering grace
Flutter too far for me -

The wizard fingers never rest -
The purple brook within the breast
Still chafes it's narrow bed -

Still rears the East her amber Flag -
Guides still the sun along the Crag
His Caravan of Red -

So looking on - the night - the morn
Conclude the wonder gay -
And I meet, coming thro' the dews
Another summer's Day!

    Un qualcosa in un Giorno d'estate
Mentre lenta i suoi fuochi consuma
Che mi rende solenne.

Un qualcosa in un meriggio d'estate -
Un'intensità - un Azzurro - un profumo -
Che trascende l'estasi.

E ancora in una notte d'estate
Un qualcosa che così radiosamente rapisce
Che batto le mani al vederla -

Poi nascondo il mio viso troppo curioso
Per paura che una tale sottile - luccicante grazia
Fluttui troppo lontana da me -

Le magiche dita non riposano mai -
Il purpureo ruscello nel petto
Incessante logora il suo esiguo letto -

Ancora alza l'Oriente la sua ambrata Bandiera -
Guida sempre il sole lungo la Rupe
La sua Rossa Carovana -

E così mirando - la notte - il mattino
Si conclude la lieta meraviglia -
Ed io incontro, spuntato dalla rugiada
Un altro Giorno d'estate!

Un inno a un giorno d'estate che nasce, vive, muore e risorge. Nelle prime tre strofe il lento svolgersi del mattino, del mezzogiorno, della sera, con l'interazione di "a something" e "a summer" appena variata nella terza dallo spostamento al verso successivo di "a something". Nella quarta la paura che una tale meraviglia finisca troppo presto, svanisca prima di riuscire a goderla. Nella quinta e nella sesta le magiche dita della natura continuano instancabili il loro lavoro, il colore purpureo dell'alba riprende il suo corso incessante (ma in questi due ultimi versi possiamo anche leggere il sangue che scorre veloce nell'esiguo letto delle vene, per l'emozione di fronte a un tale spettacolo) e il sole compie il suo giro perenne. Nell'ultima la sintesi di un ciclo che non cesserà mai di stupirci.


J123 (1859) / F107 (1859)

Many cross the Rhine
In this cup of mine.
Sip old Frankfort air
From my brown Cigar.
    Molti attraversano il Reno
In questa coppa solo mia.
Gustano aria di vecchia Francoforte
Dal mio Sigaro bruno.

Ognuno di noi ha una coppa e un sigaro da offrire, in molteplici forme; chi si ferma può bere del buon vino del Reno, insieme al piacevole aroma di lontananze indistinte e, proprio per questo, così piacevoli. Per un poeta che cosa può essere quella coppa o quel sigaro così evocativi, se non la poesia?


J124 (1859) / F108 (1859)

In lands I never saw - they say
Immortal Alps look down -
Whose Bonnets touch the firmament -
Whose Sandals touch the town -

Meek at whose everlasting feet
A Myriad Daisy play -
Which, Sir, are you and which am I
Upon an August day?

    In regioni che non ho mai visto - si dice
Che Alpi immortali guardino in basso -
I cui Berretti sfiorano il firmamento -
I cui Sandali sfiorano la città -

Mite a quei piedi imperituri
A Miriadi le Margherite recitano -
Chi, Signore, sei tu e chi sono io
In un giorno d'agosto?

Nei primi sei versi l'immagine di un Dio/Alpi che sovrasta e riempie uno sconosciuto aldilà, e di una schiera di umili mortali/margherite che, quasi fossero attori inconsapevoli di una scena fantastica, recitano sottomessi il loro ruolo. Ma negli ultimi due c'è come uno scatto: un giorno d'agosto ci trasforma, ci infonde una luce e un calore che ci fa sentire così vicini al divino da non riuscire più a distinguere, fra noi e Dio, chi recita la parte delle Alpi e chi quella delle margherite.
Questi due ultimi versi posso essere accostati alla prima strofa della J122-F104.


J125 (1859) / F109 (1859)

For each extatic instant
We must an anguish pay
In keen and quivering ratio
To the extasy -

For each beloved hour
Sharp pittances of Years -
Bitter contested farthings -
And Coffers heaped with tears!

    Per ogni estatico istante
Dobbiamo pagare un'angoscia
In pungente e tremante rapporto
Con l'estasi -

Per ogni ora d'amore
Aguzze elemosine d'Anni -
Amari spiccioli contesi -
E Scrigni colmi di lacrime!

L'altissimo prezzo di pochi istanti di estasi, di qualche ora d'amore.
L'impressione è che la contabilità sia negativa soltanto in termini temporali: un istante o qualche ora di felicità contro anni di pene. Ma il valore assoluto non sembra poi così squilibrato: quegli istanti e quelle ore valgono il prezzo pagato.


J126 (1859) / F138 (1860)

To fight aloud, is very brave -
But gallanter, I know
Who charge within the bosom
The Cavalry of Woe -

Who win, and nations do not see -
Who fall - and none observe -
Whose dying eyes, no Country
Regards with patriot love -

We trust, in plumed procession
For such, the Angels go -
Rank after Rank, with even feet -
And Uniforms of snow.

    Combattere a voce alta, è da coraggiosi -
Ma più valorosi, conosco
Che assaltano nel petto
La Cavalleria del Dolore -

Che vincono, e le nazioni non vedono -
Che cadono - e nessuno osserva -
I cui occhi morenti, nessun Paese
Guarda con patriottico amore -

Confidiamo, che in piumata processione
Per loro, gli Angeli andranno -
Schiera dopo Schiera, con passo cadenzato -
E Uniformi di neve.

Per lottare in silenzio contro il dolore dell'anima ci vuole più coraggio di quanto ce ne voglia per affrontare una battaglia in campo aperto. Ma sono guerre a cui nessuno guarda, e la medaglia al valoroso combattente, vittorioso o sconfitto, potrà essere assegnata soltanto dalle schiere di angeli che lo accoglieranno nell'aldilà.
Al primo verso ho tradotto letteralmente "aloud" perché credo che il senso sia "combattere in modo esteriore", con un'immagine contrapposta al silenzio della lotta interiore.


J127 (1859) / F139 (1860)

"Houses" - so the Wise men tell me -
"Mansions"! Mansions must be warm!
Mansions cannot let the tears in -
Mansions must exclude the storm!

"Many Mansions", by "his Father" -
I don't know him; snugly built!
Could the children find the way there -
Some, would even trudge tonight!

    "Case" - così i Sapienti mi dicono -
"Dimore"! Le Dimore devono essere calde!
Le Dimore non ammettono lacrime -
Le Dimore lasciano fuori la tempesta!

"Molte Dimore", presso "suo Padre" -
Che Io non conosco; costruite con cura!
Potessero i Fanciulli trovarne la strada -
Qualcuno, ci andrebbe persino carponi stanotte!

È difficile trovare la strada di quelle dimore celesti promesse da un padre misterioso e inconoscibile. Dovranno certamente essere luoghi privi di gelo, di lacrime, di tempeste reali o intime, ma trovarli, e soprattutto crederci, ci sembra così arduo che non esiteremmo davanti a nulla se solo riuscissimo a distinguere la via per arrivarci.
La citazione, quasi letterale, al verso 5 è dal Vangelo secondo Giovanni 14,2: "Nella casa di mio Padre ci sono molte dimore: se non fosse così ve l'avrei detto. Vado a preparare il posto per voi."


J128 (1859) / F140 (1860)

Bring me the sunset in a cup -
Reckon the morning's flagons up
And say how many Dew -
Tell me how far the morning leaps -
Tell me what time the weaver sleeps
Who spun the breadths of blue!

Write me how many notes there be
In the new Robin's extasy
Among astonished boughs -
How many trips the Tortoise makes -
How many cups the Bee partakes,
The Debauchee of Dews!

Also, who laid the Rainbow's piers,
Also, who leads the docile spheres
By withes of supple blue?
Whose fingers string the stalactite -
Who counts the wampum of the night
To see that none is due?

Who built this little Alban House
And shut the windows down so close
My spirit cannot see?
Who'll let me out some gala day
With implements to fly away,
Passing Pomposity?

    Portatemi il tramonto in una coppa -
Calcolate le caraffe del mattino
E ditemi quant'è la Rugiada -
Ditemi fin dove si spinge il mattino -
Ditemi a che ora va a dormire il tessitore
Che filò le vastità d'azzurro!

Scrivetemi quante note ci sono
Nell'estasi del nuovo Pettirosso
Fra gli attoniti rami -
Quanti viaggi fa la Tartaruga -
Quante coppe consuma l'Ape,
La Dissoluta di Rugiade!

Ancora, chi posò i piloni dell'Arcobaleno,
Ancora, chi guida le docili sfere
Con vimini di flessibile azzurro?
Di chi le dita che tendono le stalattiti -
Chi conta le perline della notte
Per vedere che nessuna manchi?

Chi costruì questa piccola Candida Casa
E chiuse così bene le finestre
Da impedire al mio spirito di vedere?
Chi mi farà uscire in qualche giorno di gala
Con strumenti per volare via,
Superando ogni Pomposità?

La versione è quella trascritta nei fascicoli; in un'altra copia, inviata a Susan, c'è una variante al verso 10: "Mullet" ("Muggine") al posto di "Tortoise".

Una serie ininterrotta di domande sui misteri del cielo e della terra, aperta dall'imperiosa richiesta del primo, bellissimo, verso, che sembra voler racchiudere la vastità e la magnificenza del creato in una coppa da poter stringere in mano, come un voler appropriarsi della misteriosa bellezza che ci circonda. Nell'ultima strofa le domande si trasformano in desiderio: uscire dal mondo della costrizione, della pomposità rivolta solo all'apparenza, per volare via verso i confini liberi e aperti del cielo, e della conoscenza.


J129 (1859) / F142 (1860)

Cocoon above! Cocoon below!
Stealthy Cocoon, why hide you so
What all the world suspect?
An hour, and gay on every tree
Your secret, perched in extasy
Defies imprisonment!

An hour in chrysalis to pass -
Then gay above receding grass
A Butterfly to go!
A moment to interrogate,
Then wiser than a "Surrogate,"
The Universe to know!

    Bozzolo sopra! Bozzolo sotto!
Furtivo Bozzolo, perché nascondi così
Ciò che tutti sospettano?
Un'ora, e allegro su ogni albero
Il tuo segreto, posatosi nell'estasi
Sfiderà la prigione!

Un'ora in crisalide passare -
Poi allegra sull'erba che arretra
Come Farfalla andare!
Un momento per interrogare,
Poi più saggia di un "Surrogato",
L'Universo conoscere!

Il bozzolo/corpo, in cui l'anima/farfalla sosta lo spazio di un istante, per poi liberarsi e volare verso lo svelamento del mistero, non come un surrogato, o un delegato, del corpo, ma come l'essenza stessa dell'essere uomo.


J130 (1859) / F122 (1859)

These are the days when Birds come back -
A very few - a Bird or two -
To take a backward look.

These are the days when skies resume
The old - old sophistries of June -
A blue and gold mistake.

Oh fraud that cannot cheat the Bee.
Almost thy plausibility
Induces my belief,

Till ranks of seeds their witness bear -
And softly thro' the altered air
Hurries a timid leaf.

Oh sacrament of summer days,
Oh Last Communion in the Haze -
Permit a child to join -

Thy sacred emblems to partake -
Thy consecrated bread to take
And thine immortal wine!

    Questi sono i giorni in cui gli Uccelli tornano -
Molto pochi - un Uccello o due -
Per dare uno sguardo indietro.

Questi sono i giorni in cui i cieli riprendono
I vecchi - vecchi sofismi di giugno -
Un errore azzurro e dorato.

Oh frode che non può ingannare l'Ape.
La tua plausibilità quasi
Mi induce a credere,

Finché file di semi portano la loro testimonianza -
E soffice attraverso l'aria alterata
Si affretta una timida foglia.

Oh sacramento dei giorni d'estate,
Oh Ultima Comunione nella Foschia -
Permetti a una fanciulla di unirsi -

I tuoi sacri emblemi condividere -
Il tuo pane consacrato prendere
E il tuo vino immortale!

Oltre alla copia riportata sopra, nei fascicoli, ce ne sono altre due. Una inviata a Susan, con una variante al verso 3: "final" al posto di "backward" e una al verso 11: "swiftly" ("rapida") al posto di "softly"; un'altra limitata alle prime due strofe, con una seconda variante al verso 3: "parting" ("d'addio"). La poesia fu pubblicata, nella versione dei fascicoli, l'11 marzo 1864 nel "Drum Beat", un giornale pubblicato da Richard Salter Storrs Jr., un laureato all'Amherst College conoscente della famiglia Dickinson.

La fine dell'estate colta nella sua dolce e finale languidezza, con gli ultimi sussulti di una natura che sembra rifiutarsi di trasformarsi nel freddo inverno, e induce a illudersi su un impossibile permanere. Nelle ultime due strofe la fine dell'estate si trasforma in un sacramento finale, la cui solennità prelude all'immortalità.
Molto bella l'immagine della seconda strofa: l'errore azzurro e dorato di cieli che credono ancora di poter risplendere di luce estiva.


J131 (1859) / F123 (1859)

Besides the Autumn poets sing
A few prosaic days
A little this side of the snow
And that side of the Haze -

A few incisive mornings -
A few Ascetic eves -
Gone - Mr Bryant's "Golden Rod" -
And Mr Thomson's "sheaves."

Still, is the bustle in the Brook -
Sealed are the spicy valves -
Mesmeric fingers softly touch
The Eyes of many Elves -

Perhaps a squirrel may remain -
My sentiments to share -
Grant me, Oh Lord, a sunny mind -
Thy windy will to bear!

    Oltre l'Autunno i poeti cantano
Alcuni prosaici giorni
Un poco al di qua della neve
E al di là della Foschia -

Alcuni taglienti mattini -
Alcune Ascetiche sere -
Finita - la "Verga Dorata" di Bryant -
E i "covoni" di Thomson.

Silente, è il tramestio nel Torrente -
Sigillate sono le valve fragranti -
Mesmeriche dita sfiorano
Gli occhi di molti Elfi -

Forse uno scoiattolo rimane
A condividere i miei sentimenti -
Concedimi, Oh Signore, una mente solare -
Per sopportare il tuo ventoso volere!

Il tema è simile a quello della J130-F122, ma stavolta siamo sul crinale che divide l'autunno dall'inverno; un tempo "prosaico" perché spoglio delle immagini nette che caratterizzano una stagione ben definita. Qui la natura si è arresa, e si avvia verso l'immobilità e il silenzio del gelo invernale. Soltanto una cosa ci permetterà di sopportare i rigidi e ventosi rigori della stagione che verrà: una mente che conserva in sé il calore e la luce del sole.
Il primo verso è interpretato diversamente nelle tre versioni italiane che conosco di questa poesia: "Oltre l'autunno che i poeti cantano" (Bacigalupo); "C'è un altro autunno, che i poeti ignorano:" (Raffo nel Meridiano); "Oltre all'autunno i poeti / cantano certi giorni di prosa" (Gardini). Nelle prime due all'autunno cantato dai poeti si contrappongono i giorni prosaici descritti nei versi che seguono, e quel "prosaic" al secondo verso, contrapposto ai "poets" del primo, giustifica ampiamente questa interpretazione; io però preferisco la seconda ipotesi, come se ED avesse voluto dire "ci sono poeti che non si accontentano di cantare gli accesi colori dell'autunno, ma si rivolgono anche a giorni apparentemente più prosaici, a bellezze meno appariscenti ma non per questo meno affascinanti."
Ai versi 7 e 8 sono citati William Cullen Bryant (1794-1878), poeta americano, e James Thomson - o Thompson - (1700-1748), poeta scozzese. Marisa Bulgheroni, nelle sue note al Meridiano, ci informa che "[Di Bryant], autore di liriche romantiche, Emily ebbe forse in mente The Death of the Flowers dove, mentre la 'verga d'oro' si erge nel suo fulgore autunnale, il 'mite bocciolo' di una fanciulla sfiorisce nella morte. [Di Thomson] aveva, invece, letto il poemetto The Seasons, minuziosamente descrittivo."


J132 (1859) / F126 (1859)

I bring an unaccustomed wine
To lips long parching
Next to mine,
And summon them to drink;

Crackling with fever, they essay,
I turn my brimming eyes away,
And come next hour to look.

The hands still hug the tardy glass -
The lips I w'd have cooled, alas -
Are so superfluous cold -

I w'd as soon attempt to warm
The bosoms where the frost has lain
Ages beneath the mould -

Some other thirsty there may be
To whom this w'd have pointed me
Had it remained to speak -

And so I always bear the cup
If, haply, mine may be the drop
Some pilgrim thirst to slake -

If, haply, any say to me
"Unto the little, unto me,"
When I at last awake -

    Porto un vino inconsueto
A labbra da tempo inaridite
Vicine alle mie,
E le incito a bere;

Crepitanti dalla febbre, tentano,
Io distolgo i miei occhi traboccanti,
E torno dopo un'ora a controllare.

Le mani stringono ancora il tardivo bicchiere -
Le labbra che avrei voluto rinfrescare, ahimè -
Sono così esageratamente fredde -

Farei prima a tentare di scaldare
Petti dove il gelo si è insediato
Da secoli sottoterra -

Alcuni altri assetati potrebbero esserci
Ai quali costui mi avrebbe indirizzato
Gli fosse rimasta la parola -

E così porto sempre la coppa
Se, per caso, mia potesse essere la goccia
Che spegne la sete di qualche pellegrino -

Se, per caso, qualcuno mi dicesse
"All'umile, a me",
Quando alla fine mi risveglierò -

Una goccia nel mare della miseria umana, che continuiamo a offrire con la speranza che possa in qualche modo servire, a chi la riceve ma anche a noi, che prima o poi ci risveglieremo dal sogno della vita e saremo giudicati anche per quella piccola e apparentemente insignificante goccia.
La citazione al verso 21 è una sintesi di Matteo 25,40: "E il Re risponderà e dirà loro, In verità vi dico che quello che avrete fatto per il più umile dei miei fratelli l'avrete fatto per me."


J133 (1859) / F127 (1859)

As Children bid the Guest "Good Night"
And then reluctant turn -
My flowers raise their pretty lips -
Then put their nightgowns on.

As children caper when they wake -
Merry that it is Morn -
My flowers from a hundred cribs
Will peep, and prance again.

    Come i Bambini danno all'Ospite la "Buona Notte"
E poi riluttanti si girano -
I miei fiori sollevano i bordi graziosi -
Poi indossano la camicia da notte.

Come i bambini fanno capriole al risveglio -
Contenti che sia Giorno -
I miei fiori da cento culle
Sbirceranno, e si ergeranno di nuovo.

L'esuberante vitalità della natura, paragonata a quella di bambini che non vorrebbero mai andare a letto e si risvegliano felici del nuovo giorno che li attende.


J134 (1859) / F92 (1859)

Perhaps you'd like to buy a flower,
But I could never sell -
If you would like to borrow,
Until the Daffodil

Unties her yellow Bonnet
Beneath the village door,
Until the Bees, from Clover rows
Their Hock, and Sherry, draw,

Why, I will lend until just then,
But not an hour more!

    Forse vorresti comprare un fiore,
Ma io non potrei mai venderlo -
Se tu lo volessi in prestito,
Finché la Giunchiglia

Scioglierà il suo Berretto giallo
Sotto la porta del villaggio,
Finché le Api, dalle file di Trifoglio
Vino, e Sherry, caveranno,

Be', lo presterò giusto fino ad allora,
Ma non un'ora di più!

Non posso rinunciare alle bellezze e alle sorprese della natura. Posso condividerle per un po', ma poi, nel momento del loro prepotente erompere, le voglio tutte per me.
"Hock" (v. 8) è un vino del Reno che prende il nome da Hochheim, una cittadina tedesca tra Wiesbaden e Magonza.


J135 (1859) / F93 (1859)

Water, is taught by thirst.
Land - by the oceans passed.
Transport - by throe -
Peace - by it's battles told -
Love, by memorial mold -
Birds, by the snow.
    L'acqua, è insegnata dalla sete.
La terra - dagli oceani traversati.
Il trasporto - dallo spasimo -
La pace - dai suoi racconti di battaglie -
L'amore, dalla memoria di un ritratto -
Gli uccelli, dalla neve.

Nei primi quattro versi torna il tema della conoscenza di qualcosa attraverso il suo contrario (vedi p.es. la J67-F112 o la J73-F136), mentre negli ultimi due emerge il segno (un ritratto, un'orma sulla neve) che riporta all'oggetto del ricordo.
Secondo Johnson il "mold" del quinto verso va inteso come "pictorial representation", nel senso usato da ED in una lettera a Higginson del luglio 1862 (L268), che inizia con una riposta a quella che doveva essere stata una richiesta di Higginson: "Could you believe me - without? I had no portrait, now, but am small, like the Wren, and my Hair is bold, like the Chestnut Bur - and my eyes, like the Sherry in the Glass, that the Guest leaves - Would this do just as well? / It often alarms Father - He says Death might occur, and he has Molds of all the rest - but has no Mold of me, but I noticed the Quick wore off those things, in a few days, and forestall the dishonor - You will think no caprice of me -" ("Può credermi - senza? Non ho ritratti, ora, ma sono piccola, come lo Scricciolo, e ho i Capelli ribelli, come il Riccio della Castagna - e gli occhi, come lo Sherry che l'Ospite lascia nel Bicchiere - Può andar bene così? / Spesso ciò spaventa il Babbo - dice che potrebbe arrivare la Morte, e lui ha Immagini di tutti - ma nessuna Immagine mia, ma ho notato la Velocità con cui queste cose si consumano, in pochi giorni, e prevengo il disonore - non pensi che sia un capriccio -")


J136 (1859) / F94 (1859)

Have you got a Brook in your little heart,
Where bashful flowers blow,
And blushing birds go down to drink,
And shadows tremble so -

And nobody knows, so still it flows,
That any brook is there,
And yet your little draught of life
Is daily drunken there -

Why - look out for the little brook in March,
When the rivers overflow,
And the snows come hurrying from the fills,
And the bridges often go -

And later, in August it may be -
When the meadows parching lie,
Beware, lest this little brook of life,
Some burning noon go dry!

    Hai un Ruscello nel tuo piccolo cuore,
Dove timidi fiori sbocciano,
E ritrosi uccelli scendono a bere,
E ombre palpitano -

E nessuno sa, così quieto fluisce,
Che un ruscello è là,
Eppure il tuo piccolo sorso di vita
Ogni giorno è bevuto là -

E allora - sorveglia il tuo piccolo ruscello a marzo,
Quando i fiumi traboccano,
E le nevi arrivano di corsa dalle colline,
E i ponti spesso spariscono -

E più tardi, ad agosto magari -
Quando i prati giacciono inariditi,
Bada, affinché questo piccolo ruscello di vita,
In qualche ardente meriggio non si prosciughi!

Non è solo la natura a seguire il corso delle stagioni, a passare dal veloce e spesso tempestoso disgelo della primavera alla bruciante aridità dell'estate; anche dentro di noi sembra esserci un ciclo naturale che, come fa la natura, dobbiamo imparare a governare, per fronteggiare da un lato i traboccanti fiumi della passione e, dall'altro, evitare l'inaridirsi dei nostri sentimenti quando il sole rischia di prosciugarli.


J137 (1859) / F95 (1859)

Flowers - Well - if anybody
Can the extasy define -
Half a transport - half a trouble -
With which flowers humble men:
Anybody find the fountain
From which floods so contra flow -
I will give him all the Daisies
Which upon the hillside blow.

Too much pathos in their faces
For a simple breast like mine -
Butterflies from St Domingo
Cruising round the purple line -
Have a system of aesthetics -
Far superior to mine.

    Fiori - Certo - se qualcuno
Potesse definire l'estasi -
Metà trasporto - metà tormento -
Con cui i fiori umiliano l'uomo:
Qualcuno trovasse la fonte
Da cui sgorgano così opposti flutti -
Gli darei tutte le Margherite
Che sbocciano sul pendio del colle.

Troppo pathos sui loro volti
Per un petto semplice come il mio -
Le Farfalle che da Santo Domingo
Navigano intorno al purpureo equatore -
Hanno un sistema estetico
Di gran lunga superiore al mio.

La poesia fu pubblicata nel 1864 in quattro giornali diversi: "Drum Beat" (2 marzo), "Springfield Daily Republican" (9 marzo), Springfield Weekly Republican" (12 marzo) e "Boston Post" (16 marzo).

Difficile definire l'estasi, con le sue oscillazioni fra trasporto e tormento. Forse solo la natura, con la sua inconsapevole ed esotica bellezza che ci fa sentire così inadeguati di fronte a lei, con il suo "sistema estetico" così lontano dal nostro, può dipanare quei fili che la nostra mente così elementare non riesce a sciogliere.


J138 (1859) / F96 (1859)

Pigmy seraphs - gone astray -
Velvet people from Vevay -
Belles from some lost summer day -
Bees exclusive Coterie -

Paris could not lay the fold
Belted down with emerald -
Venice could not show a check
Of a tint so lustrous meek -
Never such an ambuscade
As of briar and leaf displayed
For my little damask maid -

I had rather wear her grace
Than an Earl's distinguished face -
I had rather dwell like her
Than be "Duke of Exeter" -
Royalty enough for me
To subdue the Bumblebee.

    Serafini pigmei - che hanno perso la strada -
Vellutati abitanti di Vevey -
Reginette di un perduto giorno d'estate -
Di api Circolo esclusivo -

Parigi non può offrire plissettati
Allacciati con smeraldi -
Venezia non può mostrare guance
Di così lucente ritrosia -
Niente è pari a un'imboscata
Come quella da rovi e foglie dispiegata
Per la mia piccola fanciulla damascata -

Preferirei più vestire la sua grazia
Che la distinta faccia di un Conte -
Preferirei una dimora come la sua
Che essere "Duca di Exeter" -
Regale abbastanza per me
Soggiogare il Bombo.

La "lucente ritrosia" di un umile fiore selvatico, la "piccola fanciulla damascata" del verso 11, non ha nulla da invidiare alle creazioni più preziose dell'uomo.


J139 (1859) / F89 (1859)

Soul, Wilt thou toss again?
By just such a hazard
Hundreds have lost indeed -
But tens have won an all -

Angel's breathless ballot
Lingers to record thee -
Imps in eager caucus
Raffle for my soul!

    Anima, Vuoi tirare ancora?
Per un simile rischio
Centinaia hanno in verità perduto -
Ma decine hanno vinto tutto -

L'angelica lista dei trapassi
Attende di registrarti -
Piccoli demoni in avidi raduni
Si giocano la mia anima!

La ricerca della fede diventa un gioco rischioso ma che vale la pena di giocare; rilanciare quei dadi può significare perdere tutto, ed è l'ipotesi più probabile, ma anche riuscire finalmente a diradare il mistero, a diventare protagonisti del gioco per poter vincere l'iscrizione nella lista compilata dagli angeli, rischiando però di perdere e diventare il premio vinto dai demoni.
Nei versi si legge la continua lotta fra l'accettazione di una fede senza perché e la voglia di mettere in gioco la nostra voglia di sapere, di tentare la via della conoscenza consapevole, in una partita difficile da vincere ma difficile anche da eludere.


J140 (1859) / F90 (1859)

An altered look about the hills -
A Tyrian light the village fills -
A wider sunrise in the morn -
A deeper twilight on the lawn -
A print of a vermillion foot -
A purple finger on the slope -
A flippant fly upon the pane -
A spider at his trade again -
An added strut in Chanticleer -
A flower expected everywhere -
An axe shrill singing in the woods -
Fern odors on untravelled roads -
All this and more I cannot tell -
A furtive look you know as well -
And Nicodemus' Mystery
Receives it's annual reply!
    Un cambiamento nell'aspetto delle colline -
Una luce Rossastra riempie il villaggio -
Una più vasta aurora al mattino -
Un più profondo crepuscolo sul prato -
Un'impronta di un piede vermiglio -
Un purpureo dito sul pendio -
Un'impertinente mosca sul vetro -
Un ragno di nuovo al lavoro -
Un incedere più impettito del Gallo -
Un'attesa di fiori dappertutto -
Un'ascia canta stridula nei boschi -
Odori di felce su strade non battute -
Tutto questo e altro che non so descrivere -
Uno sguardo furtivo ben conosciuto -
E il Mistero di Nicodemo
Riscuote la sua replica annuale!

Una descrizione dell'arrivo della primavera, con una struttura iterativa a rima baciata; i primi quattro versi con immagini più ampie, i successivi otto più attenti al particolare, il verso 13 che sembra sintetizzare tutto ciò che va al di là del dicibile e, infine, la conclusione, con uno sguardo che cerca di rubare la visione di quella bellezza così multiforme e inafferrabile e il riferimento a Nicodemo, da Giovanni 3,3-4: "Gesù gli rispose: 'In verità, in verità ti dico: nessuno può vedere il regno di Dio se non nasce di nuovo'. Nicodemo gli domandò: 'Come può un uomo rinascere quand'è vecchio? Può forse rientrare nel seno della madre e nascere?'"
"Tyrian" (v. 2) è un aggettivo riferito a Tiro, una città fenicia dell'odierno Libano. "Tyrian purple" è definito nel Webster moderno come un colore cremisi o porpora, correlato con l'indaco. Il termine è usato in altre due poesie (J152-F182 e J442-F520): nella prima è associato al tramonto e nella seconda al colore della genziana; qui, visto che "purpureo" è usato nel sesto verso, ho tradotto con "rossastra", ma il senso è forse più vicino a un colore indefinito, fra il rosso acceso del sole estivo e il blu livido del gelo invernale.


J141 (1859) / F91 (1859)

Some, too fragile for winter winds
The thoughtful grave encloses -
Tenderly tucking them in from frost
Before their feet are cold -

Never the treasures in her nest
The cautious grave exposes,
Building where schoolboy dare not look,
And sportsman is not bold.

This covert have all the children
Early aged, and often cold,
Sparrow, unnoticed by the Father -
Lambs for whom time had not a fold.

    Alcuni, troppo fragili per i venti invernali
La pensosa tomba racchiude -
Teneramente li ripara dal gelo
Prima che i loro piedi siano freddi -

Mai i tesori del suo grembo
La prudente tomba espone,
Costruendo dove lo scolaro non osa guardare,
E il cacciatore non si arrischia.

Questo rifugio hanno tutti i bambini
Precocemente invecchiati, e spesso infreddoliti,
Passeri, trascurati dal Padre -
Agnelli per i quali il tempo non ebbe ovile.

I bambini, precocemente invecchiati perché hanno consumato la loro vita in un tempo brevissimo, riposano in tombe che li accolgono teneramente, ma nello stesso tempo mantengono il loro aspetto gelido e scostante: luoghi ai quali nessuno osa avvicinarsi e che si sviluppano nel profondo, senza mai esporre i tesori che custodiscono. Quei bambini sono come passeri ai quali il Padre ha dedicato poca attenzione, come agnelli per i quali il tempo non ha avuto modo nemmeno di approntare un ovile.
Molto bello l'alternarsi di immagini contrastanti nella descrizione delle tombe: da una parte tenere protettrici, rifugi che riparano dal gelo, e dall'altra custodi inflessibili e scostanti di tesori celati in invisibili e oscure profondità.


J142 (1859) / F85 (1859)

Whose are the little beds - I asked
Which in the valleys lie?
Some shook their heads, and others smiled -
And no one made reply.

Perhaps they did not hear - I said,
I will inquire again -
Whose are the beds - the tiny beds
So thick upon the plain?

'Tis Daisy, in the shortest -
A little further on -
Nearest the door - to wake the 1st,
Little Leontodon.

'Tis Iris, Sir, and Aster -
Anemone, and Bell -
Bartsia, in the blanket red,
And chubby Daffodil.

Meanwhile - at many cradles
Her busy foot she plied -
Humming the quaintest lullaby
That ever rocked a child.

Hush! Epigea wakens!
The Crocus stirs her lids -
Rhodora's cheek is crimson -
She's dreaming of the woods!

Then turning from them reverent -
Their bedtime 'tis, she said -
The Bumble bees will wake them
When April woods are red.

    Di chi sono i lettini - domandai
Che stanno nelle valli?
Alcuni scossero il capo, e altri sorrisero -
E nessuno diede risposta.

Forse non mi hanno sentita - mi dissi,
Chiederò di nuovo -
Di chi sono i letti - i minuscoli letti
Così fitti sulla pianura?

C'è la Margherita, nel più corto -
Poco più avanti -
Proprio sulla porta - per svegliarsi per 1º,
Il piccolo Dente di Leone.

C'è l'Iris, Signore, e l'Aster -
L'Anemone, e la Campanula -
La Bartsia, dal mantello rosso,
E il paffuto Trombone.

Nel frattempo - sulle tante culle
Il suo indaffarato piede adoperava -
Mormorando la più curiosa ninnananna
Che mai dondolò un bambino.

Silenzio! si sveglia l'Epigea!
Il Croco sbatte le palpebre -
La guancia della Rhodora è cremisi -
Sta sognando i boschi!

Poi voltandosi riverente -
Per loro è tempo di dormire, disse -
I Bombi li sveglieranno
Quando i boschi d'Aprile saranno rossi.

Un catalogo di fiori, pronti a sbocciare di nuovo da quei "lettini" pronti per loro. Alla domanda della prima strofa nessuno dà risposta. Alla seconda qualcuno risponde, un qualcuno che appare direttamente nella quinta strofa: la natura-bambinaia che culla, canta la ninnananna e protegge le sue creature fino al tempo del risveglio.
Come in molte poesie che descrivono immagini della natura, anche qui c'è un rimando, forse meno esplicito che in altre, al ciclo umano di vita-morte-resurrezione, con i lettini del primo verso che sono i giacigli dai quali sbocceranno i fiori, ma anche le tombe da cui si leveranno i morti nel giorno del giudizio: il risveglio d'aprile dell'ultimo verso.


J143 (1859) / F86 (1859)

For every Bird a nest -
Wherefore in timid quest
Some little Wren goes seeking round -

Wherefore when boughs are free,
Households in every tree,
Pilgrim be found?

Perhaps a home too high -
Ah aristocracy!
The little Wren desires -

Perhaps of twig so fine -
Of twine e'en superfine,
Her pride aspires -

The Lark is not ashamed
To build upon the ground
Her modest house -

Yet who of all the throng
Dancing around the sun
Does so rejoice?

    Per ogni Uccello un nido -
Perché in timida ricerca
Qualche piccolo Scricciolo si aggira -

Perché sebbene i rami siano liberi,
Focolari in ogni albero,
Pellegrino si ritrova?

Forse una casa troppo in alto -
Ah l'aristocrazia!
Il piccolo Scricciolo desidera -

Forse a un ramoscello troppo fine -
A un intreccio davvero sopraffino,
Il suo orgoglio aspira -

L'Allodola non si vergogna
Di costruire sul terreno
La sua modesta casa -

Eppure chi della folla
Che danza intorno al sole
Così gioisce?

Il mondo ha un posto per tutti, eppure c'è sempre qualcuno che non trova il proprio. Forse perché lo cerca troppo in alto, perché è troppo orgoglioso per accontentarsi del semplice nido che offre la natura e aspira a una perfezione che non esiste nella realtà che ci circonda.


J144 (1859) / F81 (1859)

She bore it till the simple veins
Traced azure on her hand -
Till pleading, round her quiet eyes
The purple crayons stand.

Till Daffodils had come and gone
I cannot tell the sum,
And then she ceased to bear it -
And with the Saints sat down.

No more her patient figure
At twilight soft to meet -
No more her timid bonnet
Upon the village street -

But crowns instead, and courtiers -
And in the midst so fair,
Whose but her shy - immortal face
Of whom we're whispering here?

    Sopportò finché le semplici vene
Tracciarono d'azzurro la sua mano -
Finché imploranti, intorno ai quieti occhi
I purpurei pastelli stettero.

Finché le Giunchiglie vennero e andarono
Non so dire quante,
E poi cessò di resistere -
E con i Santi si assise.

Non più la sua paziente figura
Al crepuscolo dolce da incontrare -
Non più la sua timida cuffia
Sulla strada del villaggio -

Ma corone invece, e cortigiani -
E in mezzo a tale bellezza,
Quale se non il suo schivo - immortale volto
È quello di cui sussurriamo qui?

Il compianto per una morte, descritta prima con l'occhio amorevole di chi vede l'illividirsi di una mano, lo spegnersi del colore sul volto, e poi con il rimpianto per tutto ciò che non sarà più. Nell'ultima strofa, il convenzionale sfarzo del funerale, sottolineato dai "courtiers" del verso 13, non muta la timida ritrosia di quel volto ormai immortale.
Le immagini della terza strofa fanno pensare a una persona reale, magari una vicina di casa schiva e gentile (gli aggettivi via via usati ne tracciano un ritratto preciso: quiet, patient, soft, timid, shy) alla quale ED volle tributare un omaggio, fissandone il ricordo nei suoi versi.


J145 (1859) / F83 (1859)

This heart that broke so long -
These feet that never flagged -
This faith that watched for star in vain,
Give gently to the dead -

Hound cannot overtake the Hare
That fluttered panting, here -
Nor any schoolboy rob the nest
Tenderness builded there.

    Questo cuore così a lungo infranto -
Questi piedi che mai riposarono -
Questa fede che vegliò per una stella invano,
Dateli dolcemente ai morti -

Il segugio non riesce a raggiungere la Lepre
Che si agita ansante, qui -
Né uno scolaro a rubare il nido
Con tenerezza costruito lì.

Le sofferenze della vita possono cessare soltanto con la morte, con l'affidarsi dolcemente a chi ci porterà in un luogo dove nessuno potrà più raggiungerci per farci del male, né rubarci la tranquillità ritrovata.


J146 (1859) / F84 (1859)

On such a night, or such a night,
Would anybody care
If such a little figure
Slipped quiet from it's chair,

So quiet - Oh how quiet,
That nobody might know
But that the little figure
Rocked softer - to and fro -

On such a dawn, or such a dawn -
Would anybody sigh
That such a little figure
Too sound asleep did lie

For chanticleer to wake it -
Or stirring house below -
Or giddy bird in orchard -
Or early task to do?

There was a little figure plump
For every little knoll,
Busy needles, and spools of thread -
And trudging feet from school -

Playmates, and holidays, and nuts -
And visions vast and small -
Strange that the feet so precious charged
Should reach so small a goal!

    In una notte simile, o una notte simile,
Si preoccuperebbe qualcuno
Se una così piccola figura
Scivolasse lieve dal suo scranno,

Così lieve - Oh quanto lieve,
Che nessuno poteva distinguere
Se non che la piccola figura
Dondolasse più tenue - su e giù -

In un'alba simile, o un'alba simile -
Si stupirebbe qualcuno
Che una così piccola figura
Troppo sembrasse giacere nel sonno

Perché il gallo potesse svegliarla -
O il rimestare casalingo di sotto -
O il frivolo uccello nel frutteto -
O un dovere mattutino da compiere?

C'era una piccola figura paffuta
Per ogni monticello,
Aghi indaffarati, e rocchetti di filo -
E passi strascicati dalla scuola -

Compagni di gioco, e vacanze, e noci -
E visioni vaste e ristrette -
Strano che passi così pieni di tesori
Raggiungano una meta tanto esigua!

Una morte prematura, di chi si fa notare di meno perché è meno visibile di altri che hanno potuto avere più tempo dalla vita. La struttura è in tre parti, ciascuna di due strofe. Nella prima la descrizione della "piccola figura" che scivola via nel sonno, lieve e silenziosa; nella seconda, parallela, l'alba che rivela ciò che è successo nella notte; nella terza l'immagine di quei "monticelli" che racchiudono una vita appena iniziata, piena di tesori potenziali ma il cui prematuro traguardo è stato l'esiguo e definitivo spazio di una tomba.
Il "rocked" del verso 8 fa pensare che "chair" (v. 5) possa essere qualcosa di simile a una culla; ho tradotto con "scranno", uno dei significati della parola (sedia, scranno, cattedra, pulpito, calesse), perché ho pensato a una sede "ufficiale" di quel sonno infantile, ingentilita dal dondolio del verso 8.


J147 (1859) / F52 (1859)

Bless God, he went as soldiers,
His musket on his breast -
Grant God, he charge the bravest
Of all the martial blest!

Please God, might I behold him
In epauletted white -
I should not fear the foe then -
I should not fear the fight!

    A Gloria di Dio, andò soldato,
Il moschetto sul petto -
Conceda Dio, che esorti i più arditi
Di tutti i marziali consacrati!

Piaccia a Dio, ch'io possa vederlo
In bianche spalline -
Non avrei paura del nemico allora -
Non avrei paura della battaglia!

La metafora guerriera conduce alla purezza delle "bianche spalline", simbolo di un coraggio leale che affronta senza paura le aspre battaglie della vita.
Nelle note al Meridiano, Marisa Bulgheroni scrive che "Fu scritta - si crede - in morte di Frazar Stearns, amico di Austin e figlio del rettore dell'Amherst College, caduto a Newbern il 14 marzo 1862.", ma la datazione 1859, comune a entrambe le edizioni critiche, sembra escludere tale ipotesi. Il riferimento a Frazar Stearns è probabile nella J426-F384, come peraltro affermato nelle note a questa poesia sempre nel Meridiano.


J148 (1859) / F146 (1860)

All overgrown by cunning moss,
All interspersed with weed,
The little cage of "Currer Bell"
In quiet "Haworth" laid.

This Bird - observing others
When frosts too sharp became
Retire to other latitudes -
Quietly did the same -

But differed in returning -
Since Yorkshire hills are green -
Yet not in all the nests I meet -
Can Nightingale be seen -

Or,

Gathered from many wanderings -
Gethsemane can tell
Thro' what transporting anguish
She reached the Asphodel!

Soft fall the sounds of Eden
Upon her puzzled ear -
Oh what an afternoon for Heaven,
When "Bronte" entered there!

    Tutta ricoperta di abile muschio,
Tutta cosparsa di gramigna,
La gabbietta di "Currer Bell
Nella tranquilla "Haworth" giace.

Questo Uccello - notando che altri
Una volta diventato il gelo troppo tagliente
Si ritirano in altre latitudini -
Silenziosamente fece lo stesso -

Ma si differenziò nel ritorno -
Poiché le colline dello Yorkshire sono verdi -
Eppure in nessuno dei nidi che incontro -
Può esser visto l'Usignolo -

Oppure,

Accolta dopo molti vagabondaggi -
Getsemani può dire
Attraverso quale estatica angoscia
Raggiunse l'Asfodelo!

Soffici cadono i suoni dell'Eden
Sul suo orecchio perplesso -
Oh che pomeriggio per il Cielo,
Quando "Brontë" vi entrò!

Ho riportato il testo così come scritto nei fascicoli; l'indicazione "Or" fra la terza e quarta strofa indica chiaramente che le ultime due sono alternative alla seconda e terza.

Dedicata a Charlotte Brontë e probabilmente scritta per il quarto (Johnson) o quinto (Franklin) anniversario della sua morte (31 marzo 1855). "Currer Bell" (v. 3) era lo pseudonimo maschile di cui si servì talvolta la scrittrice, e "Haworth" (v. 4) il luogo in cui visse ed è sepolta.
Nella prima delle due varianti il ricordo è accostato all'immagine dell'uccello che lascia il nido per migrare verso regioni più propizie; una migrazione, però, diversa da quelle solite, visto che non prevede ritorno. Nella seconda l'immagine naturale lascia il posto al dolore della vita, alla sorpresa per il luogo misterioso che l'ha accolta e al valore per il cielo di quell'arrivo così importante.


J149 (1859) / F159 (1860)

She went as quiet as the Dew
From an accustomed flower.
Not like the Dew, did she return
At the accustomed hour!

She dropt as softly as a star
From out my summer's eve -
Less skillful than Le Verriere
It's sorer to believe!

    Se ne andò silenziosa come la Rugiada
Da un fiore consueto.
Non come la Rugiada, fece ritorno
All'ora consueta!

Si dissolse soffice come una stella
Dalla mia sera d'estate -
Meno abile di Le Verrier
È duro credere!

Al verso 7 è citato Urbain-Jean-Joseph Le Verrier (1811-1877), astronomo francese che, osservate le perturbazioni dell'orbita di Urano, dedusse l'esistenza di un nuovo pianeta e ne calcolò la posizione. Il pianeta, Nettuno, fu poi osservato per la prima volta, nel punto indicato da Le Verrier, nel 1846.

La morte ci sottrae qualcuno, che si dissolve e sparisce per sempre. A meno di non essere capaci, come Le Verrier, di vedere cose nascoste agli occhi di tutti gli altri, è difficile credere in qualcosa che ci è così profondamente celato.
L'immagine della rugiada della prima strofa è analoga a quella dell'uccello nella seconda e terza strofa della J148-F146.


J150 (1859) / F154 (1860)

She died - this was the way she died.
And when her breath was done
Took up her simple wardrobe
And started for the sun -
Her little figure at the gate
The Angels must have spied,
Since I could never find her
Upon the mortal side.
    Morì - questo fu il modo in cui morì.
E quando il suo respiro fu cessato
Raccolse il suo semplice guardaroba
E si avviò verso il sole -
La sua piccola figura all'entrata
Gli Angeli devono aver scorto,
Poiché non sono mai più riuscita a trovarla
Dalla parte dei mortali.

Nei fascicoli ED aggiunse una striscia di carta con una variante per i versi 5 e 6: "'Bernardine' Angels, up the hight / Her trudging feet Espied -" ("Angeli 'Cistercensi', lassù in alto / I suoi piedi sfiancati scorsero -")
Per "Bernardine" vedi la nota alla J183-F211.

Il primo verso riporta la morte alla sua cruda, indicibile essenzialità; i successivi, con quei due aggettivi così umili ("simple wardrobe", "little figure"), sottolineano la nostra pochezza di fronte al mistero, impreziosita però da quegli angeli che sanno come scorgerci all'arrivo.