Emily Dickinson

The Complete Poems
Tutte le poesie

J901 - 950

Traduzione e note di Giuseppe Ierolli


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Appendice

Indice Johnson
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J901 (1864) / F809 (1864)

Sweet, to have had them lost
For news that they be saved -
The nearer they departed Us,
The nearer they, restored,
Shall stand to Our Right Hand -
Most precious are the Dead -
Next precious
Those that rose to go -
Then thought of Us, and stayed -
    Dolce, averne provato la perdita
Per l'annuncio di come siano salvi -
Tanto vicini si allontanarono da Noi,
Quanto vicini, restituiti,
Rimarranno alla Nostra Destra -
I più preziosi sono i Morti -
Subito dopo
Quelli che si alzarono per andare -
Poi pensarono a Noi, e rimasero -

Due manoscritti: uno piegato come se dovesse essere spedito, ma rimasto in possesso di ED (la versione qui riportata) e uno nei fascicoli, suddiviso in due strofe di quattro versi (il settimo e l'ottavo uniti) e con due varianti (oltre a quelle nella punteggiatura): al verso 1 "Good" ("Bello") al posto di "Sweet" e al verso 7 (8 nella versione qui riportata) "turned" ("si voltarono") al posto di "rose" (ma con ques'ultimo termine indicato come alternativa).

Il dolore per la morte delle persone care diventa dolce, pensando a come esse siano ora in salvo e, soprattutto, a quando le ritroveremo, vicine quanto lo sono state nel corso della vita. Sono loro le cose più preziose che abbiamo, ma subito dopo vengono coloro che per amor nostro rinunciarono a quel viaggio.
Una contrapposizione fra amore divino, spirituale, e amore terreno, con il primo che mantiene la sua supremazia ma, in fin dei conti, non è altro che la prosecuzione dell'altro.
Al verso 7 ho tradotto liberamente "Next precious" con "Subito dopo" perché non ho trovato una soddisfacente traduzione letterale e tradurre "next" con "anche", come Raffo nei Meridiani, mi sembrava non adeguato al senso del verso, che suggerisce non una preziosità simile ma leggermente inferiore. Poteva andar bene "Quasi altrettanto preziosi", ma mi è sembrato troppo lungo.


J902 (1864) / F823 (1864)

The first Day that I was a Life
I recollect it - How still -
That last Day that I was a Life
I recollect it - as well -

'Twas stiller - though the first
Was still -
'Twas empty - but the first
Was full -

This - was my finallest Occasion -
But then
My tenderer Experiment
Toward Men -

"Which choose I"?
That - I cannot say -
"Which choose They"?
Question Memory!

    Il primo Giorno in cui fui una Vita
Lo rammento - Come quieto -
L'ultimo Giorno in cui fui una Vita
Lo rammento - pure -

Era più quieto - ma anche il primo
Era quieto -
Era vuoto - mentre il primo
Era pieno -

Quella - fu la mia estrema Occasione -
Ma anche
Il mio più tenero Esperimento
Rivolto agli Uomini -

"Chi scelgo io?"
Questo - non posso dirlo -
"Chi scelgono Essi?"
Interroga la Memoria!

Nelle prime due strofe un confronto tra il momento della nascita e quello della morte. Entrambi, uno perché non conosciamo le ansie della vita, l'altro perché le stiamo lasciando, sono tranquilli, privi di quell'affanno che mentre viviamo ci portiamo dietro. C'è comunque una differenza, il primo è pieno delle aspettative di una vita da vivere mentre il secondo ha il vuoto davanti.
Nelle ultime due ED si sofferma sul secondo: morire è forse l'estrema occasione che ci resta per cogliere qualcosa del mistero che ci circonda, ma è anche il momento in cui ci rivolgiamo con più tenerezza alla vita e alla persone che lasciamo. Dire qual è quella che porteremo con noi, se mai ci saranno ricordi dopo, non ci è possibile, forse perché troppi sono quelli che abbiamo amato e scegliere è difficile. Né possiamo dire quali saranno quelli che serberanno il ricordo di noi. L'unico modo per saperlo sarà quello di interrogare la loro memoria, lì dentro scopriremo se qualcosa di chi se n'è andato è rimasto.
Negli ultimi due versi non escluderei un velato accenno a qualcosa che chi muore si lascia dietro e che resta nella memoria degli uomini. Nel caso di ED questo qualcosa non può che essere la sua poesia.


J903 (1864) / F80 (1859)

I hide myself within my flower
That wearing on your breast -
You - unsuspecting, wear me too -
And angels know the rest!
    Mi nascondo nel mio fiore
Perché portandolo sul petto -
Tu - senza saperlo, porterai anche me -
E gli angeli sanno il resto!

Le due edizioni critiche riportano tre versioni di questa poesia (uno dei biglietti con i quali ED accompagnava l'invio di fiori):
A) 1859 - manoscritto nei fascicoli.
B) 1863 - manoscritto non rilegato.
C) 1864 - altro manoscritto nei fascicoli.
La versione riportata sopra è la A). La B) e la C) sono sostanzialmente uguali tra loro e hanno soltanto il primo verso uguale ad A). La differenza di datazione deriva dal fatto che Johnson indica la data della versione B), scelta come principale e datata 1864.
Riporto anche la versione C), che, come ho già detto, è praticamente uguale alla B):

I hide myself - within my flower,
That fading from your Vase -
You - unsuspecting - feel for me -
Almost - a loneliness -
    Mi nascondo - nel mio fiore,
Perché mentre appassirà nel tuo Vaso -
Tu - senza saperlo - sentirai per me -
Quasi - una malinconia -

Uno dei biglietti "floreali" di ED. Stavolta con due versioni, entrambe con la delicata immagine della donatrice che si nasconde nel fiore per godere dei sentimenti di chi lo riceve. La prima è più concreta e, nell'ultimo verso, suggerisce una lettura sensuale, anche se (relativamente) mitigata dal richiamo agli angeli. La seconda è più intima e malinconica.


J904 (1864) / F828 (1864)

Had I not This, or This, I said,
Appealing to Myself,
In moment of prosperity -
Inadequate - were Life -

"Thou hast not Me, nor Me" - it said,
In Moment of Reverse -
"And yet Thou art industrious -
No need - hadst Thou - of us -"?

My need - was all I had - I said -
The need did not reduce -
Because the food - exterminate -
The hunger - does not cease -

But diligence - is sharper -
Proportioned to the Chance -
To feed upon the Retrograde -
Enfeebles - the Advance -

    Non avessi Questo, o Questo, dissi,
Rivolgendomi a Me stessa,
In un momento di prosperità -
Inadeguata - sarebbe la Vita -

"Tu non hai né Me, né Me" - dissero,
In un Momento di Rovescio -
"Eppure sei operosa -
Nessun bisogno - avevi Tu - di noi?"

Il mio bisogno - era tutto ciò che avevo - dissi -
Il bisogno non diminuiva -
Perché distruggere - il cibo -
Non fa cessare - la fame -

Ma la diligenza - è più acuta -
Proporzionata all'Opportunità -
Nutrirsi del Retrocedere -
Indebolisce - l'Avanzare -

Nei momenti di abbondanza talvolta ci chiediamo quanto sarebbe adeguata una vita senza tutto quello che abbiamo. Ma nei momenti di rovescio ci dobbiamo appellare a noi stessi, per non perdere la forza di andare avanti; in quei momenti ci sembra quasi di sentire le cose che non abbiamo, o che non abbiamo più, chiedersi come mai possiamo fare a meno di loro senza perdere la nostra voglia di fare. È come se ci chiedessero: "ma allora non era vero che avevi bisogno di noi". La risposta è che il bisogno resta inalterato, non diminuisce semplicemente perché sono scomparse le cose che avevamo prima ma, proprio perché quel bisogno è sempre presente ed è più difficile da soddisfare, in quei momenti dobbiamo aguzzare il nostro ingegno, dobbiamo adattarlo alle poche opportunità che abbiamo e non rassegnarci al peggio, a una situazione che ci ha fatti tornare indietro, perché questo significherebbe indebolire le nostre possibilità di riconquistare la posizione che avevamo in precedenza.
Insomma, un'esortazione a non sentirsi sconfitti se perdiamo qualcosa (sia di concreto che di interiore), a continuare negli sforzi concreti e assidui (ED usa "industrious" al verso 7 e "diligence" al verso 13) per non rassegnarci e perdere così la possibilità di riconquistare i "momenti di prosperità" del secondo verso.
Nella seconda strofa c'è un contrasto di pronomi: il singolare del primo verso ("it said") diventa plurale nell'ultimo ("of us"). Nella traduzione li ho uniformato, leggendo il primo come "disse [sia l'uno che l'altro]"; interessante la soluzione di Raffo, che traduce il primo con "sentivo dirmi".


J905 (1864) / F829 (1864)

Between My Country - and the Others -
There is a Sea -
But Flowers - negotiate between us -
As Ministry.
    Fra il Mio Paese - e gli Altri -
C'è un Mare -
Ma i Fiori - negoziano tra noi -
Come Ministri.

Nella prima edizione, (Unpublished Poems of Emily Dickinson, a cura di Martha Dickinson Bianchi e Alfred Leete Hampson, Little Brown, Boston, 1935) c'è la seguente annotazione: "In the old grave-yard." ("Nel vecchio cimitero").

La distanza infinita ("un mare") che separa i "paesi" del primo verso, e i fiori che assumono la veste di mediatori, rendono plausibile l'annotazione della prima edizione. Può comunque essere letta come l'immagine di una lontananza, che può essere quella che separa il nostro mondo da quello dei defunti in un cimitero, ma anche riferita a qualcuno che è lontano fisicamente, mitigata da qualcosa che riesce non a colmare ma almeno a ridurre quel mare.


J906 (1864) / F830 (1864)

The Admirations - and Contempts - of time -
Show justest - through an Open Tomb -
The Dying - as it were a Hight
Reorganizes Estimate
And what We saw not
We distinguish clear -
And mostly - see not
What We saw before -

'Tis Compound Vision -
Light - enabling Light -
The Finite - furnished
With the Infinite -
Convex - and Concave Witness -
Back - toward Time -
And forward -
Toward the God of Him -

    L'Ammirazione - e il Disprezzo - del tempo -
Si stagliano - attraverso una Tomba Aperta -
Il Morire - come fosse un'Altura
Riorganizza le nostre Stime
E ciò che non vedevamo
Distinguiamo chiaramente -
E in gran parte - non vediamo
Ciò che vedevamo prima -

È una Visione Composita -
Luce - che dà la Luce -
Il Finito - rifornito
D'Infinito -
Convessa - e Concava Testimonianza -
Indietro - verso il Tempo -
E in avanti -
Verso il Dio di Lui -

Solo nel momento della morte, quando ci troveremo davanti a una tomba spalancata che ci attende, potremo capire molte delle cose che sono rimaste oscure durante la nostra vita. In primo luogo il mistero dell'eternità, di un tempo infinito che insieme ci attrae per quello che ci promette e ci respinge per il buio che vediamo oltre la vita. Il morire sarà come salire in alto, su un'altura che domina il tutto; da lì potremo vedere con chiarezza tutto ciò che era rimasto celato ai nostri occhi, che avevamo solo immaginato, e ciò che vedremo sarà quasi del tutto nuovo per noi, perché sarà molto diverso da quello che vedevamo prima. È difficile descrivere tutto questo. Possiamo soltanto immaginare una visione composita, una luce che non illumina altro che se stessa, un concetto di finito che si alimenta d'infinito, un vedere con i nostri occhi mortali il concavo e il convesso che si uniscono in un'unica testimonianza del vero, finalmente chiara e intelligibile. E allora saremo in grado di superare quel tempo che si è finalmente stagliato così nitidamente attraverso la tomba aperta e viaggiare senza più distinzioni: indietro, verso il tempo che conoscevamo prima, e in avanti verso quel Dio che è il creatore e il padrone di quel tempo che si chiama eternità.
La poesia è divisa chiaramente in due parti, connesse ma distinte. Nella prima strofa ED descrive ciò che si aspetta dalla morte: la soluzione dei misteri che sempre, e invano, ha cercato di strappare dalla profonda oscurità in cui sono immersi. Nella seconda cerca di dire l'indicibile e lo fa da par suo: prima ci dice che sarà certamente una visione complessa, che potremo decifrare soltanto dopo. Poi si serve di tre immagini diverse (una sorta di poetica teologia della trinità), con le quali tenta di descrivere questa inimmaginabile complessità: prima una sostanza unica, , la luce, che è causa e insieme effetto, visto che può essere vista soltanto quando è illuminata da se stessa; poi due concetti che sono allo stesso tempo una cosa unica, il tempo finito e infinito, e l'opposto una dell'altra, la finitezza e l'infinitezza: l'una che si ciba dell'altra. Per ultimo due concetti diametralmente opposti: il convesso che esplode verso l'esterno e il concavo che si ritira in se stesso, due caratteristiche che potranno convivere solo nella testimonianza chiara e inoppugnabile che avremo dopo la morte della possibilità di superare la prigione del tempo. Finalmente potremo esplorare con occhi nuovi sia il tempo della nostra finitezza mortale (indietro, ovvero concavo) che quello eterno creato da Dio (in avanti, ovvero convesso).
Al verso due "show justest" potrebbe essere tradotto letteralmente con "si mostra al massimo grado" o anche "si rivela nel più giusto dei modi". Per non rendere il verso troppo lungo ho tradotto con "si stagliano", la cui definizione: "delinearsi con nitida evidenza" mi sembra una compatta e fedele traduzione delle parole inglesi, anche perché volevo tradurre "through" con "attraverso" senza dividere il verso in due (come fa la Guidacci - Marianni mantiene il verso unico, ma traduce con "in"), per dare l'idea di un qualcosa che si vede "per mezzo di" ma anche "che porta al di là, dall'altra parte", visto che la parola inglese deriva dal gaelico "treaghaim" ovvero "portare, trasportare" - che ricorda molto il nostro "traghettare" - e quella italiana dalla radice latina - non lontana foneticamente da quella gaelica - "trans" ovvero "al di là, oltre".
Al quarto verso ho trasformate il singolare in plurale e aggiunto l'aggettivo possessivo perché mi sembra che in italiano suoni meglio del semplice "la stima". D'altronde l'obbligo inglese dell'aggettivo in molte costruzioni che non lo richiedono in italiano lascia aperta la possibilità, talvolta, di fare il contrario.


J907 (1864) / F831 (1864)

Till Death - is narrow Loving -
The scantest Heart extant
Will hold you till your privilege
Of Finiteness - be spent -

But He whose loss procures you
Such Destitution that
Your Life too abject for itself
Thenceforward imitate -

Until - Resemblance perfect -
Yourself, for His pursuit
Delight of Nature - abdicate -
Exhibit Love - somewhat -

    Fino alla Morte - è un limitato Amare -
Il più scarso dei Cuori esistenti
Ti reggerà finché il tuo privilegio
Di Finitezza - sia spento -

Ma Colui la cui perdita ti procura
Una tale Indigenza che
La Vita troppo abietta in sé
D'allora in poi la imita -

Finché - Somiglianza perfetta -
Tu stessa, per inseguirlo
Alle Delizie della Natura - abdichi -
Attestato d'Amore - in qualche misura -

Amare fino alla morte è troppo facile. Qualunque cuore, anche il più scarso, è capace di amare finché l'amato non esaurisce il privilegio di vivere. L'amore vero è quello la cui perdita lascia dietro di sé un'assoluta indigenza, alla quale, da quel momento in poi, la vita, di per sé ormai priva di qualsiasi attrattiva, si conforma. Finché chi ha amato, in perfetta somiglianza con la vita ormai "indigente", rinuncia alle gioie della vita e si lascia morire, perché è questo l'unico modo di seguire l'amato. Solo questo è un atto, certo e provato, d'amore.
Il "But" del quinto verso si scioglie nell'ultimo, in una forma un po' ellittica da leggere come: "ma imitare l'indigenza di colui che se n'è andato è il vero attestato d'amore".
Il "somewhat" finale è un po' una sorpresa e rimette in discussione quell'"Exibit Love" che lo precede e sembrava attestare senza ombra di dubbio la superiorità dell'amore che va oltre la morte ("exibit", oltre a essere un verbo che significa "esibire" è anche un sostantivo usato in ambiente legale, col significato di "atto giurato"). Raffo, nei Meridiani, traduce con "credo"; io ho utilizzato una definizione del Webster: "More or less; a certain quantity or degree indeterminate." e ho tradotto con "in qualche misura". Sembra proprio che ED abbia voluto smussare la certezza dell'inizio del verso, introducendo quel velo di dubbio che spesso accompagna le sue considerazioni sulla morte e sull'eternità. In questo caso sembra voler dire: "ma siamo certi che morire per amore serva veramente a qualcosa?"


J908 (1864) / F832 (1864)

'Tis Sunrise - Little Maid - Hast Thou
No Station in the Day?
'Twas not thy wont, to hinder so -
Retrieve thine industry -

'Tis Noon - My little Maid -
Alas - and art thou sleeping yet?
The Lily - waiting to be Wed -
The Bee - Hast thou forgot?

My little Maid - 'Tis Night - Alas
That Night should be to thee
Instead of Morning - Had'st thou broached
Thy little Plan to Die -
Dissuade thee, if I c'd not, Sweet,
I might have aided - thee -

    È l'Alba - Piccola Fanciulla - Non Hai Tu
Un'Occupazione per la Giornata?
Non era tua abitudine, indugiare così -
Riprendi il tuo lavoro -

È Mezzogiorno - Mia piccola Fanciulla -
Ahimè - e stai ancora dormendo?
Il Giglio - è in attesa delle Nozze -
L'Ape - Hai dimenticato?

Mia piccola Fanciulla - È Notte - Ahimè
Quella Notte che sarà per te
In luogo di Mattino - Avessi tu annunciato
Il tuo piccolo Progetto di Morte -
Se a dissuaderti, non fossi riuscita, Cara,
Avrei potuto - sostenerti -

Una piccola fanciulla, che muore prima di aver gustato l'odore del giglio di nozze e il piacere dell'ape che si congiunge al fiore (qui l'ape mi sembra un chiaro simbolo sessuale). La sua morte è stata improvvisa, niente l'aveva annunciata. Se ne avessimo avuto sentore non avremmo certo potuto convincerla a non morire, ma almeno avremmo avuto il tempo di assisterla in quei momenti che hanno chiuso per lei tutti gli spiragli di luce (l'alba, il giorno, il mezzogiorno, il mattino) sostituendoli con la notte eterna.


J909 (1864) / F837 (1864)

I make His Crescent fill or lack -
His Nature is at Full
Or Quarter - as I signify -
His Tides - do I control -

He holds superior in the Sky
Or gropes, at my Command
Behind inferior Clouds - or round
A Mist's slow Colonnade -

But since We hold a Mutual Disc -
And front a Mutual Day -
Which is the Despot, neither knows -
Nor Whose - the Tyranny -

    Rendo la Sua Falce colma o scarna -
La Sua Natura è nel Pieno
O al Quarto - come io stabilisco -
Le Sue maree - controllo -

Si mantiene altera nel Cielo
O brancola, al mio Comando
Dietro Nubi sottomesse - o intorno
A un lento Colonnato di Foschia -

Ma poiché abbiamo un Disco Reciproco -
E fronteggiamo un Reciproco Giorno -
Chi è il Despota, né l'una né l'altra sa -
Né di Chi - la Tirannia -

La Terra, con la sua ombra, determina le fasi della Luna, così come la sua rotazione ne determina il crescere e il calare. L'atmosfera poi fa sì che la Luna sia limpida e altera nel cielo oppure proceda brancolando dietro le schermo di insignificanti nubi, o nel mezzo di colonne di pigra foschia. Questo è ciò che appare stando dalla nostra parte; ma in realtà il rapporto è reciproco: ciascuna influenza l'altra, entrambe fronteggiano il giorno (ovvero la luce del Sole) e nessuna delle due può sapere chi ha in mano il bastone del comando.
Bacigalupo la interpreta come "una parabola sul potere nell'amore attraverso la metafora (sembra) della terra che comanda alla luna facendola crescere e scemare: si tratta però di un rapporto reciproco sicché non si può in realtà dire chi comandi (entrambi pensano di farlo)."
Ai versi 5 e 7 ho tradotto "superior" e "inferior" rispettivamente con "altera" e "sottomesse" per cercare di mantenere sia il significato di "più alto" e "più basso" (ovvero il reciproco rapporto concreto fra la Luna e le nubi), sia quello di " grado superiore" e " grado inferiore", dove però è l'inferiore che oscura il superiore.


J910 (1864) / F899 (1865)

Experience is the Angled Road
Preferred against the Mind
By - Paradox - the Mind itself -
Presuming it to lead.

Quite Opposite - How complicate
The Discipline of Man -
Compelling Him to choose Himself
His Preappointed Pain -

    L'Esperienza è la Strada Angolata
Preferita alla Mente
Da - Paradosso - la Mente stessa -
Che presume di essere alla guida.

Tutto il Contrario - Com'è complicata
La Disciplina dell'Uomo -
Che Lo costringe a scegliere da Sé
La Sua Pena Prefissata -

La mente si serve dell'esperienza (una strada angolata, sinuosa, che pone più problemi di quanti ne risolva) come arma contro se stessa, o meglio contro la parte di sé che sarebbe disposta a rassegnarsi al proprio destino, illudendosi così di essere alla guida del proprio futuro. Ma è, appunto, soltanto un'illusione. Nel corso della sua vita è l'uomo, e perciò anche la sua mente, ad essere guidato in un sentiero delimitato, che lo costringe a scegliere qualcosa che in realtà gli era già stato assegnato.
Una riflessione su uno dei temi teologici più controversi: il contrasto fra la predeterminazione (Dio sa tutto, conosce anche il futuro, che perciò non può essere che prefissato) e il libero arbitrio dell'uomo di costruire il proprio destino. ED lo descrive come dal di dentro, usando un linguaggio ambiguo, che non scioglie ma descrive il problema. Prima la mente, che sembra scegliere la ragione"("mind", definizione n. 5 del Webster: "The intellectual or intelligent power in man.") e, attraverso l'esperienza, crede di poter condurre il gioco, contrapponendosi alla sua parte più incline ad accogliere supinamente la grazia divina (definizione n. 8: "The implanted principle of grace."). Poi gli ultimi due versi, dove l'uomo è costretto a scegliere da sé (ma forse sarebbe meglio dire "viene illuso sulla sua capacità di scegliere da sé") un destino già scritto, una chiara contraddizione, che rende così complicata la sua vita materiale e spirituale, sempre in bilico tra la fede e la ragione. In mezzo, quel "Quite Opposite" che esplicita il concetto di "opposto, contrario", anche se qui diventa una disillusa risposta all'illusione del verso precedente.
Interessanti il quarto e quinto verso. Nelle quattro traduzioni che conosco sono interpretati (fino a metà del quinto) in due modi diversi. Raffo nei Meridiani e Forgue ne fanno una frase unica, rispettivamente "nell'illusione che conduca proprio / dall'altra parte -" e "Qui prétend l'entraîner / Dans l'autre sens;". La Lanati e Binni lo dividono: "con la presunzione di far strada. / Proprio al contrario -" e "pensando di dominarla / tutto il contrario -". Nelle edizioni critiche alla fine del quarto verso non c'è nessun segno di interpunzione, ma nel manoscritto (almeno nella copia dell'edizione curata da Franklin) si vede distintamente un punto, anche se spostato verso il basso. Ho colto questo indizio, anche se non certo, per interpretare come la Lanati e Binni, e ho scelto di tradurre "to lead" con "alla guida" perché l'illusione di "guidare" mi sembra molto coerente con la "strada angolata" del primo verso.


J911 (1864) / F902 (1865)

Too little way the House must lie
From every Human Heart
That holds in undisputed Lease
A white inhabitant -

Too narrow is the Right between -
Too imminent the chance -
Each Consciousness must emigrate
And lose it's neighbor once -

    A troppo poca distanza la Casa deve stare
Da ogni Cuore Umano
Perché ha in Affitto indisputato
Un bianco abitatore -

Troppo stretto è il Diritto in comune -
Troppo incombente la sorte -
Ogni Consapevolezza deve emigrare
E perdere il suo vicino un giorno -

La casa che ospita, in indisputabile e perenne affitto, la nostra parte consapevole (qui chiamata "bianco abitatore" e al verso 7 esplicitata come "consapevolezza") deve comunque stare per tutta la vita vicino al cuore, ovvero alla nostra parte istintiva. Ma la coabitazione è difficile, perché vicinanza crea diritti comuni dai confini mai ben tracciati e la sorte che ci attende non lascia molto a tempo a disposizione, visto che la consapevolezza deve prima o poi lasciare la sua casa, emigrare in uno sconosciuto altrove, e così perdere il suo vicino.


J912 (1864) / F971 (1865)

Peace is a fiction of our Faith -
The Bells a Winter Night
Bearing the Neighbor out of Sound
That never did alight.
    La Pace è un'invenzione della nostra Fede -
Le Campane una Notte d'Inverno
Portano il Vicino oltre il Suono
Che non discese mai.

La pace, ovvero l'eterno riposo che segue la morte, è una consolatoria invenzione della fede. Nella realtà, le campane che suonano in una notte d'inverno (la stagione che più si avvicina alla morte, alla caducità) ci dicono che qualcuno vicino a noi sta andando oltre quel suono, quella sensazione immateriale e illusoria, mai concretizzato quaggiù. Un luogo, o qualsiasi altra cosa sia, di cui non sappiamo niente e che ci illudiamo di conoscere chiamandolo "pace".


J913 (1864) / F975 (1865)

And this, of all my Hopes
This, is the silent end
Bountiful colored, My Morning rose
Early and sere, it's end

Never Bud from a stem
Stepped with so gay a Foot
Never a Worm so confident
Bored at so brave a Root

    E questa, di tutte le mie Speranze
Questa, è la silenziosa fine
Prodigo di colori, il Mio Mattino sbocciò
Precoce e inaridita, la sua fine

Mai Germoglio da uno stelo
Spuntò con così gaio Passo
Mai un Verme così sicuro di sé
Bucò con tale audacia una Radice

Un'amara e disillusa visione della vita, alla quale ci si affaccia con gioia e speranza, per poi vederla subito inaridirsi e finire. La morte, ma anche il dolore e la disillusione, sono visti come un verme che attacca, baldanzoso e sicuro di sé, una radice, conficcata nel terreno ma anch'essa preda predestinata.
Il terzo verso si presta a due letture, non riproducibili in italiano. Se consideriamo "rose" il passato del verbo "rise": "il mio mattino si levò, è sorto"; se invece lo leggiamo come sostantivo: "la mia rosa mattutina". Ho scelto la prima lettura, traducendo però "rose" con "sbocciò" per mantenere un qualche modo una connotazione che faccia pensare ad un fiore.


J914 (1864) / F977 (1865)

I cannot be ashamed
Because I cannot see
The love you offer -
Magnitude
Reverses Modesty

And I cannot be proud
Because a Hight so high
Involves Alpine
Requirements
And Services of Snow -

    Non posso vergognarmi
Perché non posso vedere
L'amore che offri -
La Grandezza
Rovescia la Modestia

E non posso inorgoglirmi
Perché un'Altezza così alta
Implica Alpini
Requisiti
E Servizi da Neve -

Il senso della poesia è chiaro: l'amore che tu offri è talmente grande che nessun sentimento umano può essergli vicino, può esprimerlo. Né la vergogna per un tale privilegio, visto che l'assoluta grandezza di questo amore (non ho tradotto con "magnitudine" perché in italiano è un termine usato quasi esclusivamente in astronomia) è al di là e al di sopra della modestia, né, d'altronde, l'orgoglio, perché per scalare vette così alte c'è bisogno di requisiti che certamente nessuno possiede su questa terra.
Il problema è stabilire se l'amore del terzo verso è umano o divino. Io propendo per quello divino, soprattutto per la frase del secondo e terzo verso. L'impossibilità di vederlo e il fatto che venga offerto fa pensare di più all'amore divino, invisibile perché al di là della nostra comprensione e che ci viene offerto dall'infinità bontà di Dio. Però il verso "see" ha molti significati figurati: se lo leggiamo, per esempio come "partecipare" o "visitare" il senso può diventare più "terreno". Anche qui comunque ED non si lascia tentare dall'etereo: alla fine della poesia ci riporta alla concretezza con i requisiti alpini e l'equipaggiamento da neve.
Nell'ultimo verso ho tradotto letteralmente (pensando ai "servizi da tavola"), visto che anche in inglese "services of snow" è una frase che non viene comunemente usata. Si poteva tradurre con "equipaggiamenti, attrezzature", ma si sarebbe persa la connotazione inusuale dell'originale.


J915 (1864) / F978 (1865)

Faith - is the Pierless Bridge
Supporting what We see
Unto the Scene that We do not -
Too slender for the eye

It bears the Soul as bold
As it were rocked in Steel
With Arms of Steel at either side -
It joins - behind the Vail

To what, could We presume
The Bridge would cease to be
To Our far, vascillating Feet
A first Nescessity.

    La Fede - è il Ponte senza Pilastri
Che porta ciò che vediamo
Verso la Scena per Noi invisibile -
Troppo tenue per l'occhio

Esso regge l'Anima spavaldo
Come fosse avvolto nell'Acciaio
Con Braccia d'Acciaio a entrambi i lati -
Si unisce - al di là del Velo

A ciò che non sappiamo, altrimenti
Il Ponte cesserebbe di essere
Per i Nostri remoti, vacillanti Passi
Una Necessità primaria.

La fede in una duplice veste. Da una parte un ponte incorporeo che conduce la concretezza verso luoghi troppo tenui per essere visti dai nostri difettosi occhi mortali. Dall'altra uno spavaldo sostegno d'acciaio per l'anima. Ma è un ponte che conduce al di là di un velo, in quel luogo nascosto e inaccessibile di cui vediamo appena un'ombra là dove i suoi tiranti d'acciaio si uniscono. Se potessimo sapere com'è, cos'è, quel luogo, se la ragione avesse la capacità di penetrare oltre quel velo, non avremmo bisogno di questo ponte, potremmo abbandonare la fede, fidarci soltanto del nostro raziocinio, e i nostri piedi, adesso vacillanti e lontani dalla mente che dovrebbe comandarli, saprebbero farsi strada da soli.
Qui la fede è vista come una necessità, anzi, come ED scrive nell'ultimo verso, una necessità primaria, di cui non possiamo fare a meno ma che, in definitiva, non ci dà nessuna risposta, perché poggia su un ponte senza pilastri, ovvero sul nulla.
Nel terzo verso il "We do not" è da intendere come ripetizione del "vedere" al verso precedente. Per evitare la ripetizione, che nell'originale è implicita ma foneticamente assente, ho tradotto con "invisibile".
L'ultima strofa ha una costruzione che è difficile rendere in italiano. Mi sono perciò preso qualche libertà nel primo verso per consentire una traduzione letterale degli altri.


J916 (1864) / F979 (1865)

His Feet are shod with Gauze -
His Helmet, is of Gold,
His Breast, a Single Onyx
With Chrysophras, inlaid -

His Labor is a Chant -
His Idleness - a Tune -
Oh, for a Bee's experience
Of Clovers, and of Noon!

    I Suoi Piedi sono calzati di Velo -
Il Suo Elmetto, è d'Oro,
Il Suo Petto, un Unico Onice
Di Crisopazio, intarsiato -

Il Suo Lavoro è un Canto -
Il Suo Ozio - una Melodia -
Oh, per un'esperienza d'Ape
Di Trifogli, e di Mezzogiorno!

La descrizione di un'ape, che diventa un gioiello della natura incastonato di pietre preziose. Nel quinto verso il termine "chant", oltre al significato generico di "canto" ha anche quello di "salmodia, canto liturgico", ovvero un suono lungo e iterato che fa pensare al ronzio dell'ape. Nel penultimo verso quel "Oh, for..." va letto come "Oh, cosa darei per...", un desiderio di provare dal di dentro la serena armonia della natura.


J917 (1864) / F980 (1865)

Love - is anterior to Life -
Posterior - to Death -
Initial of Creation, and
The Exponent of Earth -
    L'Amore - è anteriore alla Vita -
Posteriore - alla Morte -
Radice della Creazione, ed
Esponente della Terra -

L'amore come totalità che supera il tempo e lo spazio, che è motore primo della creazione e linfa vitale del perpetuarsi della vita.
"Exponent" all'ultimo verso è definito nei dizionari moderni con gli stessi significati che ha in italiano il termine "esponente", ovvero come "la persona che presenta le proprie o le altrui ragioni in un dibattito; rappresentante autorevole" oppure, in matematica, "il numero che compare in alto a destra di una grandezza e che rappresenta la potenza alla quale è elevata.". Nel Webster l'unico significato è quello matematico e questo dovrebbe essere perciò il senso della parola nella poesia. Ho tradotto perciò con "esponente" ma, per suggerire il significato "matematico", ho tradotto "initial" al verso precedente con "radice".
Vedi anche la J924-F840.


J918 (1864) / F981 (1865)

Only a Shrine, but Mine -
I made the Taper shine -
Madonna dim, to whom all Feet may come,
Regard a Nun -

Thou knowest every Wo -
Needless to tell thee - so -
But can'st thou do
The Grace next to it - heal?
That looks a harder skill to us -
Still - just as easy, if it be thy Will
To thee - Grant Me -
Thou knowest, though, so Why tell thee?

    Solo a un Altare, ma Mio -
Io feci il Cero brillare -
Madonna indistinta, a cui tutti i Passi vanno,
Guarda ad una Suora -

Tu conosci ogni Pena -
Inutile parlartene - perciò -
Ma non potresti fare
La Grazia che viene dopo - guarire?
Quella sembra l'arte più difficile a noi -
Eppure - com'è facile, se è la tua Volontà
A te - Concedimi -
Tu lo sai, tuttavia, quindi Perché dirtelo?

Una cosa salta subito agli occhi in questa poesia: contrariamente a quello che ci si aspetterebbe, le maiuscole sono riservate all'individuo singolo, al soggetto umano della poesia, e le minuscole alla divinità. Una divinità onnisciente ("Tu conosci ogni Pena") e onnipotente ("com'è facile, se è la tua Volontà") eppure "indistinta", al di là della nostra facoltà di vedere e lontana dalle cose che nella vita sentiamo nella nostra carne. Il contrasto appare subito: nel primo verso "shrine", che significa propriamente "scrigno riservato alle cose sacre" (mi è sembrato appropriato tradurre con "altare", seguendo la lezione sia di Bacigalupo che di Errante) è seguito da quel "but Mine", due labiali forti, decise, quasi due colpi di timpano che sovrastano con la loro forza fonetica un altare che diventa sacro perché consacrato alla grandezza dell'individuo. Sembra quasi di sentire un pugno battuto con decisione sul proprio petto. Poi c'è il "dim" riservato alla Madonna, un aggettivo che significa "non visibile chiaramente, oscuro, incomprensibile", quasi a volgere in oscurità la lontana altezza della divinità, che viene chiamata a guardare (ma "regard" ha un significato un po' più accentuato: "osservare, notare, prendere in considerazione") a quella "suora" suo malgrado. E poi quei due punti interrogativi che concludono le invocazioni al divino: "perché non mi guarisci?" e "perché pregare se tu sai già tutto?", due domande senza risposta che diventano un ulteriore segno di lontananza.
Naturalmente questa interpretazione non è l'unica possibile. Se diamo un significato meno netto a quel "dim" (Errante traduce con "pallida") e alla contrapposizione maiuscole/minuscole, se i punti interrogativi li interpretiamo come la normale conclusione di una preghiera, se riduciamo la forza di quel "but Mine", la poesia può diventare un accorato appello alla Vergine, affinché guarisca le pene di una donna che si autodefinisce "suora" per accentuare la sua (volontaria?) castità.
Ma a me piace di più la prima.


J919 (1864) / F982 (1865)

If I can stop one Heart from breaking
I shall not live in vain
If I can ease one Life the Aching
Or cool one Pain

Or help one fainting Robin
Unto his Nest again
I shall not live in vain.

    Se potrò bloccare un Cuore dallo spezzarsi
Non sarò vissuta invano
Se potrò alleviare di una Vita il Soffrire
O smorzare una Pena

O aiutare un languente Pettirosso
Di nuovo verso il suo Nido
Non sarò vissuta invano.

La vita acquista significato nel rapporto con gli altri e con la natura. Anche un solo gesto d'aiuto o di compassione basta a renderla degna di essere vissuta.


J920 (1864) / F845 (1864)

We can but follow to the Sun -
As oft as He go down
He leave Ourselves a Sphere behind -
'Tis mostly - following -

We go no further with the Dust
Than to the Earthen Door -
And then the Panels are reversed -
And we behold - no more

    Possiamo solo inseguire il Sole -
Tante volte quante tramonta
Ci lascia di una Sfera indietro -
È questo in gran parte - il seguire -

Non andiamo più in là con la Polvere
Di una Porta Terrena -
E poi gli Usci s'invertono -
E non vediamo - più nulla

Il nostro essere fatti di polvere mortale non ci permette che di seguire il sole (qui inteso come metafora del divino) nel suo ripetuto cammino, ma restiamo sempre indietro, la sua sfera è irraggiungibile. Con le nostre forze possiamo ambire soltanto alle porte terrene, non a quelle riservate al divino, finché quelle porte si chiuderanno su di noi lasciandoci nel buio eterno.
"Panels" al verso 7 significa "Pannelli". Nel Webster l'esempio è "as panel of door". È chiaro perciò che ED intende i pannelli che rivestono le porte, che invertono la loro funzione di apertura e diventano quelli che chiudono la bara. Si potrebbe anche tradurre letteralmente, ma ho preferito "usci" per sottolineare l'inversione della funzione di "uscita" delle porte, che diventano così la chiusura eterna della bara, da cui non si uscirà più.


J921 (1864) / F184 (1861)

If it had no pencil,
Would it try mine -
Worn - now - and dull - sweet,
Writing much to thee.
If it had no word -
Would it make the Daisy,
Most as big as I was -
When it plucked me?
    Se non avesse matita,
Non potrebbe provare la mia -
Consunta - ora - e spuntata - caro,
Scrivendo tanto a te?
Se non avesse parola -
Non potrebbe usare la Margherita,
Più grande di quanto fossi io -
Quando mi colse?

Nella prima edizione del 1945 (Bolts of Melody) una nota ci informa che la poesia è scritta a matita su una striscia di carta, appuntata intorno ad un mozzicone di matita e firmata "Emily". L'annotazione è ripetuta sia da Johnson che da Franklin, ma quest'ultimo, che evidentemente aveva ulteriori informazioni, aggiunge che fu inviata a Samuel Bowles. Per questo ho tradotto "sweet" al maschile.
Queste informazioni spiegano perfettamente la prima parte, ma lasciano la seconda un po' oscura. Si potrebbe ipotizzare che il biglietto fosse accompagnato, oltre che dal mozzicone di matita, anche da un fiore (la margherita del sesto verso), una sorta di seconda possibilità lasciata all'interlocutore, che evidentemente non si faceva sentire da tempo. Ci fosse o no questo fiore, potremmo leggere così questa seconda strofa: "se proprio non vuoi scrivere, mandami almeno un fiore (se c'era, anche "come quello che ho mandato io"), è piccolo, ma mai quanto lo ero io quando chi sai tu mi colse, e sa parlare anche più delle parole.". Certo, leggendola così, non si può non cogliere un'allusione sessuale in quel "quando mi colse", ma non è detto, potrebbe anche essere una innocente metafora riferita alla giovane età di ED quando conobbe Bowles (sempre che Franklin abbia ragione e il biglietto sia stato scritto effettivamente per lui), anche se all'epoca, parliamo della fine degli anni '50, aveva quasi trent'anni.


J922 (1864) / F938 (1865)

Those who have been in the Grave the longest -
Those who begin Today -
Equally perish from our Practise -
Death is the other way -

Foot of the Bold did least attempt it -
It is the White Exploit -
Once to achieve, annuls the power
Once to communicate -

    Coloro che sono stati nella Tomba molto a lungo -
Coloro che iniziano Oggi -
Egualmente scompaiono dalla nostra Quotidianità -
La Morte è l'altra via -

Il piede dell'Audace fece lo sforzo minore -
È una Bianca Impresa -
Una volta compiuta, annulla la capacità
Una volta di comunicare -

La morte non conosce tempo. La scomparsa dalla vita quotidiana di chi resta è immediata e irrevocabile, perché non è il proseguire di una strada che abbiamo percorso ma una strada affatto diversa. Una volta imboccata non conosce lo svolgersi di un percorso come le strade mortali, ma è inizio e fine allo stesso tempo. Chi riesce ad affrontarla senza paura è colui che fatica di meno ad accettarla, perché la morte è un'impresa "bianca", priva di ogni connessione con la vita che l'ha preceduta e che non può essere affrontata attingendo all'esperienza ma soltanto con la nostra pura interiorità. E una volta arrivata non c'è ritorno: la nostra capacità di comunicare col mondo, con gli altri, è definitivamente annullata.
I due "once" degli ultimi due versi sono usati, con significati analoghi al corrispondente termine italiano, prima con un significato temporale ("quando, nel momento in cui") e poi quantitativo, per dire che la comunicazione non sarà mai più permessa, nemmeno una volta.


J923 (1864) / F941 (1865)

How the Waters closed above Him
We shall never know -
How He stretched His Anguish to us
That - is covered too -

Spreads the Pond Her Base of Lilies
Bold above the Boy
Whose unclaimed Hat and Jacket
Sum the History -

    Come le Acque si richiusero su di Lui
Non sapremo mai -
Come protese la Sua Angoscia verso di noi
Questo - pure è celato -

Distende lo Stagno il Suo Strato di Ninfee
A picco sul Ragazzo
Di cui un Cappello e una Giacca abbandonati
Riassumono la Storia -

Un ragazzo annegato in uno stagno. Non sapremo mai come sono stati i suoi ultimi momenti. L'unica cosa che ci rimane sono un cappello e una giacca, che ormai non servono più se non a raccontarci silenziosamente che cosa sia avvenuto.
Stavolta la morte prende la forma di uno stagno, che avvolge senza scampo (ho tradotto "bold" con "a picco" - uno dei significati di questa parola - perché l'immagine credo sia proprio quella di un coprire che non lascia scampo, come una vetta che ci sovrasta senza darci alcuna possibilità di scalarla) e diventa una tomba. All'esterno resta soltanto qualche insignificante ricordo concreto di chi se n'è andato.
Nella prima strofa uno dei topoi della poesia, e della vita, di ED: la spasmodica ricerca, che lei stessa definisce sempre senza speranza, di catturare il segreto di quegli istanti che ci portano dalla vita alla morte.


J924 (1864) / F840 (1864)

Love - is that later Thing than Death -
More previous - than Life -
Confirms it at it's entrance - And
Usurps it - of itself -

Tastes Death - the first - to hand the sting
The Second - to it's friend -
Disarms the little interval -
Deposits Him with God -

Then hovers - an inferior Guard -
Lest this Beloved Charge
Need - once in an Eternity -
A smaller than the Large -

    L'Amore - è quella Cosa che va oltre la Morte -
Che precede - la Vita -
La conferma al suo ingresso - E
La usurpa - in sé -

Assaggia la Morte - per primo - per porgere l'aculeo
Poi - al suo amico -
Disarma il piccolo intervallo -
Lo deposita in Dio -

Poi vigila - inferiore Custode -
Affinché quell'Amato Carico
Non scelga - una volta nell'Eternità -
Nulla di meno del Tutto -

L'amore sopravvive alla morte e precede la vita. Una vita che esiste soltanto in quanto esiste l'amore, che quasi ne usurpa l'essenza, compenetrandola in sé. E l'amore non si limita a riempire la nostra vita: intercetta per primo l'arrivo della morte per poterci poi porgere quell'aculeo che spegnerà la nostra esistenza, un breve intervallo che lui si incarica di spogliare degli arredi mortali e di consegnare a Dio. Poi, dopo la morte, vigila su quel carico che per lui, custode inferiore alla morte perché non può evitarla e deve chinare il capo di fronte ad essa, continua ad essere prezioso e merita di avere niente di meno del tutto.
L'inizio è praticamente uguale a quello della J917-F980, ma qui il tema dell'amore eterno è sviluppato con più ampiezza, pur con una sintassi ridotta al minimo, per diventare qualcosa che permea il tutto: dal mistero della creazione, alla vita mortale, all'eternità. Molto belle le immagini consecutive delle tre strofe: l'amore che riempie la vita, poi accompagna i nostri ultimi istanti e infine vigila sul nostro ingresso nell'eternità.


J925 (1864) / F841 (1864)

Struck, was I, nor yet by Lightning -
Lightning - lets away
Power to perceive His Process
With Vitality -

Maimed - was I - yet not by Venture -
Stone of Stolid Boy -
Nor a Sportsman's Peradventure -
Who mine Enemy?

Robbed - was I - intact to Bandit -
All my Mansion torn -
Sun - withdrawn to Recognition -
Furthest shining - done -

Yet was not the foe - of any -
Not the smallest Bird
In the nearest Orchard dwelling -
Be of Me - afraid -

Most - I love the Cause that slew Me -
Often as I die
It's beloved Recognition
Holds a Sun on Me -

Best - at Setting - as is Nature's -
Neither witnessed Rise
Till the infinite Aurora
In the Other's Eyes -

    Colpita, fui, ma non dal Fulmine -
Il Fulmine - sopprime
Il Potere di percepire il Suo Processo
Con il Vigore -

Mutilata - fui - eppure non dal Caso -
Da Pietra di Stupido Ragazzo -
Né da Incertezza di Cacciatore -
Chi il mio Nemico?

Derubata - fui - inviolata da Bandito -
La Magione tutta devastata -
Il Sole - sottratto alla Percezione -
L'estremo bagliore - sparito -

Eppure non ero nemica - di nessuno -
Non il più piccolo Uccello
Del vicino frutteto abitatore
Era di Me - timoroso -

Più di tutte - amo la Causa che Mi uccise -
Ogni volta che muoio
La sua amata Percezione
Mantiene un Sole su di Me -

Più bello - al Tramonto - com'è sua Natura -
Né io né te lo vedremo Sorgere
Fino all'Infinita Aurora
Negli Occhi dell'Altro -

Le prime tre strofe sembrano apparentemente costruite con lo stesso schema, visto che aprono tutte con verbi secchi (colpita, mutilata, derubata) e poi descrivono cosa "non" li ha provocati. Eppure sono tutte diverse. Nella prima ED descrive per tre versi il fulmine, spiegandoci che non può essere stato lui a colpirla, visto che è talmente vigoroso da annullare la nostra capacità di percepirlo: se ne fossimo colpiti la nostra consapevolezza cesserebbe prima di identificarlo. Nella seconda i non colpevoli diventano tre (il caso, la pietra di un ragazzo, il cacciatore) e al termine c'è una domanda che prelude al colpo di scena della quinta strofa, dove viene svelato chi è il "nemico" Nella terza i tre versi che seguono il primo non descrivono il soggetto che "non" è stato, ma spiegano che quel "derubata" va inteso in senso molto più ampio, come distruzione del proprio mondo concreto (rappresentato dalla "Mansion") e negazione di ogni luce.
C'è quindi una strofa di passaggio: "perché ho dovuto sopportare tutto questo, visto che non ero nemica di nessuno, tanto che nemmeno il più piccolo degli uccelli poteva aver timore di me?". A questo punto l'enigma si scioglie, la "causa" viene svelata e apprendiamo che chi ha colpito, mutilato, derubato non è altri che l'amore, e che ogni volta subire i suoi colpi significa anche rinnovare lo splendore di un sole che ci sovrasta, un sole di cui possiamo apprezzare soltanto il tramonto, quella fase malinconica e finale che però è certo la più bella. Gli ultimi tre versi uniscono l'impossibilità di provare in questa vita le gioie dell'aurora, con la speranza di trovarla, splendente e infinita, negli occhi l'uno dell'altra, ormai spenti alla vita ma spalancati sull'eternità. Una rinuncia consapevole, senza speranza, o meglio che si aggrappa all'unica speranza possibile, anche se sfuggente e molto dubbia, quella della possibilità di godere le gioie dell'amore una volta liberati dalle costrizioni e dai tabù che la vita ci impone.
Il secondo e terzo verso richiamano alla mente un passo del Romeo e Giulietta di Shakespeare (II, ii, 119-120): JULIET "Too like the lightning, which doth cease to be / Ere one can say 'It lightens'." ("troppo simile al lampo che finisce prima / che si dica 'lampeggia'." - traduzione di Salvatore Quasimodo).


J926 (1864) / F842 (1864)

Patience - has a quiet Outer -
Patience - Look within -
Is an Insect's futile forces
Infinites - between -

'Scaping one - against the Other
Fruitlesser to fling -
Patience - is the Smile's exertion
Through the quivering -

    La Pazienza - ha una quieta Esteriorità -
La Pazienza - Guardala dentro -
È un futile Manipolo d'Insetti
Infiniti - insieme -

Sfuggito uno - contro l'Altro
Più infruttuoso gettarsi -
La Pazienza - è l'esercizio del Sorriso
Attraverso il fremito -

La pazienza è una virtù che ci rende apparentemente quieti, tranquilli. Ma questa è solo l'esteriorità, dentro ribollono infiniti sentimenti che, proprio attraverso l'esercizio di questa virtù, tentiamo di trattenere. Ma dobbiamo stare attenti, farne sfuggire anche soltanto uno significa aprire uno spiraglio difficile da controllare. Per questo l'esercizio della pazienza non è altro che un sorriso esteriore che cerca di nascondere il ribollente fremito interiore.


J927 (1864) / F958 (1865)

Absent Place - an April Day -
Daffodils a'blow
Homesick curiosity
To the Souls that snow -

Drift may block within it
Deeper than without -
Daffodil delight but
Him it duplicate -

    Luogo assente - un Giorno d'aprile -
Le giunchiglie in fiore
Nostalgica curiosità
Per Anime innevate -

Il cumulo ostruisce dentro
Più a fondo che fuori -
La giunchiglia delizia solo
Colui che la imita -

Un giorno d'aprile, un periodo in cui la natura si risveglia e invita anche gli uomini a sbocciare a nuova vita, può essere un giorno assente per chi nell'anima non ha altro che gelo; un gelo il cui ammucchiarsi non è fermato dal caldo sole primaverile e che ostruisce l'anima molto più profondamente di quanto possa ostruire qualsiasi cosa esterna, concreta. Lo sbocciare di un fiore può dare gioia solo a chi sente anche dentro di sé questo sbocciare, altrimenti la giunchiglia in fiore non è altro che una nostalgica curiosità di passate primavere.
Il quarto verso può essere letto come una cerniera: a conclusione della prima strofa e, insieme, inizio della seconda.


J928 (1864) / F960 (1865)

The Heart has narrow Banks
It measures like the Sea
In mighty - unremitting Bass
And Blue monotony

Till Hurricane bisect
And as itself discerns
It's insufficient Area
The Heart convulsive learns

That Calm is but a Wall
Of Unattempted Gauze
An instant's Push demolishes
A Questioning - dissolves.

    Il Cuore ha stretti Argini
Che misura come il Mare
In possente - ininterrotto Mormorio
E in Azzurra monotonia

Finché l'Uragano lo infrange
E come da sé discerne
Il suo Spazio insufficiente
Il Cuore convulso impara

Che la Calma è solo un Muro
D'Inaffidabile Garza
La Spinta di un istante lo demolisce
Un Dubbio - lo dissolve.

Il cuore, ovvero l'amore, la facoltà di amare, è come chiuso in argini molto stretti, ma, come il mare, pensa in grande, non ha la sensazione di questo spazio angusto che lo racchiude. Ma prima o poi viene spezzato da un uragano che lo investe e gli fa percepire che quello che aveva considerato uno spazio senza limiti (ovvero un amore infinito) è in realtà ben poca cosa, un sottile muro di impalpabile garza che non riesce certo a proteggerlo. E si accorge così, nei convulsi attimi della consapevolezza, di come, a differenza del mare, non ci sia bisogno di un uragano per demolire e dissolvere ciò che lui credeva incrollabile: per sconvolgere quella calma superficie di illusoria serenità basta la lieve spinta di un istante, o un improvviso dubbio che mette in discussione quella che sembrava una certezza.
Bella la contrapposizione di immagini contrastanti. L'argine ristretto in cui si muove il cuore paragonato all'immensità del mare, perché misura il proprio spazio con la stessa possente e monotona tranquillità (qui la "monotonia" va intesa in relazione alla "calma" del nono verso). Poi l'uragano, concreto nel caso del mare e vissuto come tale per un cuore un tumulto, che rivela d'improvviso come sia illusoria quella tranquillità, diventata un inaffidabile muro di garza in balia del più lieve soffio di vento.


J929 (1864) / F965 (1865)

How far is it to Heaven?
As far as Death this way -
Of River or of Ridge beyond
Was no discovery.

How far is it to Hell?
As far as Death this way -
How far left hand the Sepulchre
Defies Topography.

    Quanto è lontano il Cielo?
Lontano quanto la Morte quaggiù -
Al di là di Fiume o Monte
Non c'era evidenza.

Quanto è lontano l'Inferno?
Lontano quanto la Morte quaggiù -
Tanto lontano il lato sinistro che il Sepolcro
Sfida la Topografia.

ED si chiede quanto siano lontani il cielo e l'inferno, e risponde riportando queste due entità, incommensurabili e misteriose quanto opposte, al mistero della morte che permea la nostra esistenza. Lo fa dandoci due immagini della morte. Nella prima strofa un qualcosa che ci porta oltre il mondo che vediamo (e oltre il concetto di spazio nella variante al terzo verso "Of Fathom or of League beyond", ovvero "Al di là di Braccio o di Lega" - intese come unità di misura) ma non ci concede nessun indizio su ciò che vi troveremo. Nella seconda qualcosa che ci porta nel sepolcro, un luogo concreto e visibile che però, nella sua vera essenza, sfida ogni concetto di topografia, appartenendo ad un ambito misterioso e inconoscibile che non è raffigurabile con gli strumenti che conosciamo. Nell'ultimo verso, la variante "Forbid that any know -" ("[che] Impedisce a tutti di sapere -") chiarisce ulteriormente l'impossibilità di conoscere.
Se ne deduce che la risposta alle domande che danno inizio alle due strofe è: la distanza che ci separa del cielo o dell'inferno non è misurabile, perché è come quella che ci separa dalla morte, dove ogni concetto a noi familiare svanisce e ci porta, seppure ci porti da qualche parte, oltre i luoghi a noi familiari, in un misterioso "al di là" dove niente di ciò che conosciamo quaggiù ci può essere d'aiuto per immaginarlo o comprenderlo.
Negli ultimi due versi quel "left hand" va inteso come un riferimento al Giorno del Giudizio, quando Dio separerà i buoni e i cattivi mettendo i primi alla sua destra e i secondi alla sua sinistra. Perciò il "lato sinistro" è l'inferno del primo verso della strofa, inconoscibile anche nel sepolcro, che, "sfidando la topografia" (ovvero la conoscenza esatta dei luoghi) non ci dà alcun riferimento per individuarlo.


J930 (1864) / F811 (1864)

There is a June when Corn is cut
And Roses in the Seed -
A Summer briefer than the first
But tenderer indeed

As should a Face supposed the Grave's
Emerge a single Noon
In the Vermillion that it wore
Affect us, and return -

Two Seasons, it is said, exist -
The Summer of the Just,
And this of our's, diversified
With Prospect - and with Frost -

May not our Second with it's First
So infinite compare
That We but recollect the one
The other to prefer?

    C'è un Giugno quando il Grano è tagliato
E le Rose nel Seme -
Un'Estate più breve della prima
Ma più tenera in verità

Come se un Volto creduto nella Tomba
Emergesse in un singolo Mezzogiorno
Nel Vermiglio colore che aveva
Ci commovesse, e sparisse -

Due Stagioni, si dice, esistono -
L'Estate del Giusto,
E questa nostra, diversificata
In Aspettativa - e in Gelo -

Non potrebbe la Seconda con la Prima
Così infinita confrontarsi
Tanto da tenerci solo il ricordo dell'una
Preferendo l'altra?

Il testo riportato sopra è quello trascritto nei fascicoli nel 1865. Il primo verso è anche in una lettera a Susan del giugno 1864 (L292) spedita da Cambridge, dove ED stava curando i suoi disturbi agli occhi: "I knew it was 'November', but then there is a June when Corn is cut, whose option is within." ("Sapevo che era 'Novembre', ma poi c'è un Giugno quando il Grano è tagliato, la cui opzione è interiore.").

Nelle prime due strofe la descrizione di due estati: quella canonica che va da giugno ad agosto, e l'altra, l'indian summer (o estate di San Martino) che talvolta ci sorprende al limitare dell'inverno, come se all'improvviso ricomparisse qualcuno che credevamo morto. Nelle due strofe finali le due estati diventano metafora delle due parti della nostra esistenza: la prima è quella infinita e atemporale dell'immortalità, della certezza di una luce forte e calda a cui non seguirà mai il gelo dell'inverno; la seconda è quella caduca e breve della nostra esistenza terrena, che ogni volta ci ammalia e ci commuove con il suo spettacolo di improvvisa rinascita, anche se poi sappiamo di dover affrontare il gelo dell'inverno. Insomma, l'estate eterna ci attira, se dovessimo scegliere la preferiremmo all'altra, ma, ci chiediamo, perché non può esistere un modo per averle entrambe? Non si potrebbe entrare nell'estate eterna portando con sé almeno il ricordo di quella terrena, così capricciosa ma anche così tenera?
Nell'ultima strofa ED ci pone, con la leggerezza di una ingenua domanda, di fronte ad uno dei temi più sentiti da chi crede nell'aldilà, nell'immortalità dell'anima: sapere se in questa ipotetica eterna estate potremo mantenere il ricordo della nostra vita terrena. Altrimenti, che gusto ci sarebbe ad assaporare una gioia eterna senza più la memoria di quella che è stata la nostra vita mortale, sia pur breve e sofferta?


J931 (1864) / F1060 (1865)

Noon - is the Hinge of Day -
Evening - the Folding Door -
Morning - the East compelling the Sill
Till all the World is ajar -
    Il Mezzogiorno - è il Cardine del Giorno -
La Sera - la Porta a Soffietto -
Il Mattino - l'Oriente che pressa la Soglia
Finché tutto il Mondo è socchiuso -

Il ciclico ripetersi del giorno e della notte come possibile metafora della vita, dove però le tre età canoniche (giovinezza, maturità, vecchiaia) sono scambiate di posto, prima la maturità-mezzogiorno, il culmine, poi la vecchiaia-sera, con la "Porta a Soffietto" che non ha la saldezza di un portone vero e proprio ma sembra come ammettere il "socchiudersi" del verso successivo, e infine il mattino-giovinezza, che preme per riaprire il mondo alla vita. Probabile che la scelta di porre il mattino alla fine, e di non chiudere troppo saldamente la porta serale, sia una esortazione a sperare in un ciclo che si concluda non con il buio della morte, ma con la luce dell'immortalità.
Al verso 2 ho scelto la variante "Folding" al posto di "Tissue" ("tessere, intrecciare" o, come sostantivo, "tessuto"); quest'ultimo termine suggerisce una porta mobile come quella a soffietto ma ancora meno salda, come una copertura di stuoie.


J932 (1864) / F1062 (1865)

My best Acquaintances are those
With Whom I spoke no Word -
The Stars that stated come to Town
Esteemed Me never rude
Although to their Celestial Call
I failed to make reply -
My constant - reverential Face
Sufficient Courtesy -
    I miei migliori Amici sono quelli
Con i Quali non scambiai Parola -
Le Stelle che puntuali arrivano in Città
Non Mi stimarono mai sgarbata
Sebbene al loro Celestiale Richiamo
Trascuravo di dar risposta -
Il mio costante - reverente Volto
Sufficiente Cortesia -

I migliori amici sono quelli per i quali non c'è bisogno di tante parole. Con loro basta uno sguardo, e non c'è pericolo di perderli soltanto perché si è tralasciato un saluto. Tornano sempre al nostro affetto, così come le stelle tornano ogni sera a illuminare la città senza chiedere niente in cambio.
Per i versi 5 e 6 c'è una variante nei fascicoli: "Though their repeated Grace / Elicit no reply." ("Sebbene la loro ripetuta Grazia / Non susciti risposta.").


J933 (1864) / F967 (1865)

Two Travellers perishing in Snow
The Forests as they froze
Together heard them strengthening
Each other with the words

That Heaven if Heaven, must contain
What Either left behind
And then the cheer too solemn grew
For language, and the Wind

Long steps across the features took
That Love had touched that Morn
With reverential Hyacinth -
The taleless Days went on

Till Mystery impatient drew
And those They left behind
Led absent, were procured of Heaven

As Those first furnished, said -

    Due Viaggiatori morenti sulla Neve
Le Foreste mentre gelavano
Insieme li udirono rincuorarsi
L'un l'altro con le parole

Che il Cielo se Cielo, doveva contenere
Ciò che Entrambi lasciavano dietro di sé
E poi il sollievo troppo solenne crebbe
Per parlare, e il Vento

Lunghi passi misurò su quei volti
Che l'Amore aveva toccato quel Mattino
Con reverente Giacinto -
Giorni senza storia sopraggiunsero

Finché il Mistero si fece impaziente
E a quelli che Essi lasciarono dietro di sé
Divenuti assenti, fu procacciato quel Cielo

Del quale Quelli forniti prima, dicevano -

Due viaggiatori sorpresi dal gelo invernale, ma anche dal gelo della vecchiaia e della morte, si fanno coraggio l'un l'altro: è più facile affrontare la morte quando non si è soli. Parlano di come sarà il cielo, dicono che per essere veramente cielo dovrà contenere, oltre al mistero che non sappiamo, tutto ciò che si stanno lasciando alle spalle; i ricordi, gli affetti, gli amori. Poi il conforto che si danno l'un l'altro diventa solenne, preludio all'atto supremo della morte, e non lascia più spazio alle parole. E allora il vento, la natura, si prende cura di quei volti ormai nell'oscurità, sui quali il mattino della vita aveva sparso i fiori dell'amore, e il tempo continua inarrestabile il suo corso, finché il mistero torna e prende anche quelli che erano rimasti. Anche a loro verrà dato quel cielo, così terreno e intriso di nostalgia, che avevano descritto i due viaggiatori che per primi lo avevano raggiunto.
Qui ED riprende il tema della J930-F811, un aldilà sconosciuto e misterioso che immaginiamo nell'unico modo che è concesso alla nostra ragione: un luogo dove l'eterna gioia sia pur sempre accompagnata dalla coscienza del nostro passato, da ciò lasceremo dietro di noi quando entreremo nel mistero.
Nell'edizione Johnson l'ultimo verso è unito alla strofa che lo precede, ma nel manoscritto, nei fascicoli, è scritto chiaramente a parte.


J934 (1864) / F907 (1865)

That is solemn we have ended
Be it but a Play
Or a Glee among the Garret
Or a Holiday

Or a leaving Home, or later,
Parting with a World
We have understood for better
Still to be explained -

    È solenne ciò che abbiamo concluso
Sia soltanto un Gioco
O un Rincorrersi in Soffitta
O una Vacanza

O un andarsene da Casa, o più tardi,
Separarsi dal Mondo
Che abbiamo compreso per uno migliore
Ancora da spiegare -

Tutto ciò che si conclude assume un aspetto solenne , quasi che la stessa parola "fine" sia di per sé intrisa di tenerezza e sacralità (ED ha indicato due varianti a "solemn": "tender" e "sacred"). Le immagini di cose che si concludono sono in crescendo: un gioco, un rincorrersi fra ragazzi, una vacanza, lasciare la propria casa e, infine, la conclusione ultima: la morte che ci separa da un mondo imperfetto, ma che comunque abbiamo imparato a conoscere, per portarci in un luogo certamente più bello, ma così sconosciuto e misterioso.
Anche qui, come in moltissime altre poesie, si avverte l'ambivalenza del nostro pensare alla morte, al mondo che ci attende. Un mondo che reputiamo certamente migliore di quello in cui siamo vissuti, ma del quale, nello stesso tempo, avvertiamo l'estraneità rispetto alla nostra intima natura concreta e raziocinante.
"Glee" al verso 3 significa sia "gioia, allegria, gaiezza" che "canone musicale". Pensando al susseguirsi del tema in un canone e ai giochi di ragazzi suggeriti dalla "soffitta", ho tradotto con "rincorrersi".


J935 (1864) / F1066 (1865)

Death leaves Us homesick, who behind,
Except that it is gone
Are ignorant of it's Concern
As if it were not born.

Through all their former Places, we
like Individuals go
Who something lost, the seeking for
Is all that's left them, now -

    La Morte Ci lascia nostalgici, noi di qua,
Salvo che sia passata
Siamo ignari delle sue Faccende
Come se non fosse nata.

Attraverso tutti i loro Luoghi passati, noi
andiamo come Individui
Che hanno perso qualcosa, il cercare
È tutto ciò che è lasciato loro, ormai -

La morte arriva e se ne va senza dirci mai niente di quali sono i suoi fini, di cosa veramente succede dopo il suo passaggio. Per noi è una cosa senza tempo e possiamo raffigurarcela soltanto così: come un misterioso avvenimento che spunta all'improvviso, senza il divenire che segue ad una nascita. Quello che ci resta dopo è solo un vagare sperduti nel ricordo di chi se n'è andato, come persone che hanno perso qualcosa e il cui solo pensiero è ormai quello di cercare in ogni modo le tracce del passato.
Al quinto verso evidentemente ED era in dubbio sul pronome possessivo, ovvero se attribuire i luoghi passati alla morte ("its" - scritto come sempre "it's" - in una variante del manoscritto) o a coloro che se ne sono andati ("their" nella prima stesura). Nel primo caso si deve intendere: "attraverso i luoghi in cui è passata". Ho preferito la lezione della prima stesura perché mi piace di più il conseguente stacco della seconda strofa, dove si parla di chi se n'è andato dopo che nella prima si è parlato direttamente della morte.
Il "like" minuscolo all'inizio del sesto verso è così nel manoscritto.


J936 (1864) / F866 (1864)

This Dust, and it's Feature -
Accredited - Today -
Will in a second Future -
Cease to identify -

This Mind, and it's measure -
A too minute Area
For it's enlarged inspection's
Comparison - appear -

This World, and it's species
A too concluded show
For it's absorbed Attention's
Remotest scrutiny -

    Questa Polvere e i suoi Lineamenti -
Accreditati - Oggi -
In un prossimo Futuro
Perderanno identità -

Questa Mente, e la sua misura -
Un'Area troppo minuta
Alle sue estese ispezioni
Comparata - apparirà -

Questo Mondo, e le sue specie
Un spettacolo troppo limitato
Al più remoto scrutinio
Della sua assorta Attenzione -

Una riflessione sulla limitatezza del nostro essere e del mondo che ci circonda. La polvere di cui siamo fatti perderà ben presto la sua identità, per smarrirsi nell'indistinto mistero dell'aldilà. La mente, che ci sembra così vasta perché sa immaginare e fantasticare, e il mondo, con tutta la sua varietà, appariranno ben poca cosa di fronte all'esteso e minuzioso esame da parte di quell'entità che chiamiamo Dio, senza sapere bene cosa effettivamente sia.
La speranza di mantenere dopo la morte la memoria riconoscibile di un'identità qui viene recisamente negata, con un esplicito riferimento nella prima strofa e con la sminuente concretezza delle altre due. Nello stesso tempo, è come se venisse negata la possibilità di rappresentare Dio, che appare spersonalizzato, con quei due possessivi neutri ai versi 7 e 11. Ma forse è l'unico modo di citarlo senza cadere nella nostra abituale e rassicurante maniera di rappresentarlo con tratti e pensieri antropomorfi.


J937 (1864) / F867 (1864)

I felt a Cleaving in my Mind -
As if my Brain had split -
I tried to match it - Seam by Seam -
But could not make them fit -

The thought behind, I strove to join
Unto the thought before -
But Sequence ravelled out of Sound -
Like Balls - upon a Floor -

    Sentivo uno Squarciarsi nella Mente -
Cose se il Cervello fosse spaccato -
Cercai di riconnetterlo - Punto su Punto -
Ma non riuscii a farli combaciare -

Il pensiero alle spalle, mi sforzavo di unire
Al pensiero di fronte -
Ma la Sequenza si sciolse senza Suono -
Come Gomitoli - su un Pavimento -

La seconda strofa, con due varianti, fu inviata a Susan. Johnson la considera come una poesia a se stante (vedi la J992), Franklin invece la riporta come altra versione della poesia intera e le attribuisce perciò lo stesso numero.

Ancora una volta ED cerca di penetrare nel mistero dell'istante della morte. Qui sceglie l'immagine della dissociazione (nel senso di strappo dalla concretezza del corpo e dalla facoltà di raziocinio) e del vano tentativo di dominarla: il cervello che si squarcia, la sensazione di non essere più in grado di riconnetterne le parti e lo sforzo di unire i concetti di vita (ormai alle nostre spalle) e di morte (di fronte a noi) in una sequenza che si scioglie miseramente, come quando un gomitolo ci sfugge dalle mani e cade sul pavimento.
Nei fascicoli ci sono due varianti: al verso 5 "tried" al posto di "strove"; al verso 7 "reach" al posto di "sound". La prima, "tentavo" al posto di "mi sforzavo" non cambia il senso del verso, mentre la seconda sostituisce a "senza suono" (letteralmente "oltre l'udibile") un concetto diverso: "fuori portata, irraggiungibile". Nel primo caso l'immagine dei gomitoli che cadono sul pavimento (e conseguentemente della sequenza che si scioglie) è caratterizzata dal silenzio, nel secondo dal fatto che vanno al di là della portata del braccio che li ha fatti cadere.
Interessanti anche le varianti nella seconda strofa inviata a Susan: i due "thought" sono sostituiti con "dust" ("polvere") e con "disk" "("disco"), qui come una sorta di sinonimo di quella "circonferenza" che per ED è simbolo dell'inconoscibile ciclicità vita-morte e nello stesso tempo dell'inafferrabile eternità. In questa versione quelli che erano genericamente "pensieri, concetti", pur nella loro riconoscibile diversità data dal "behind" e dal "before", vengono ulteriormente precisati nella loro natura, legata nel primo alla polvere mortale e nel secondo al "disco" senza spazio e tempo dell'eternità.
Al verso 7, "ravelled" è definito nei dizionari con due significati opposti: "aggrovigliare" e "districare". Nel Webster però è precisato che "..negli Stati Uniti il verbo è usato soltanto nel secondo significato, perciò 'ravel" e 'unravel' sono sinonimi". Ho tradotto perciò con "si sciolse", anche perché un gomitolo che cade sul pavimento in genere tende a sciogliersi, a districarsi e difficilmente si aggroviglia (anche se non è escluso).
Curiosa la scelta di Gardini per l'ultimo verso "ma la sequenza si disfece / con suono di palline rotolanti" che trasforma il silenzioso cadere dei gomitoli in tintinnante suono di palline. La stessa cosa fa Errante: "Ma fuggirono via, irraggiungibili, / Come biglie guizzanti sul piancito", ma nella sua versione sceglie la variante "out of reach", perciò la mancanza di "out of sound" giustifica la traduzione di "balls" con "biglie".


J938 (1864) / F868 (1864)

Fairer through Fading - as the Day
Into the Darkness dips away -
Half Her Complexion of the Sun -
Hindering - Haunting - Perishing -

Rallies Her Glow, like a dying Friend -
Teazing with glittering Amend -
Just to intensify the Dark
Nature's expiring - perfect - look -

    Più bella nello Svanire - come il Giorno
Nell'Oscurità s'immerge -
La Sua mezza Carnagione di Sole -
Si Attarda - S'Intrufola - Si Estingue -

Riacquista Colore, come un Amico morente -
Stuzzica con luccicante Ammenda -
Solo per intensificare il Buio
Di spirante Natura - perfetta - sembianza -

Una descrizione della Luna. Il suo momento più bello è quando sta per scomparire, quando la sottile falce calante sta per cedere il passo all'oscurità. Come il giorno, s'immerge ogni volta nelle tenebre e la sua metà illuminata, la cui carnagione è prodotta dal Sole, si attarda nella sua luce quando è piena, s'intrufola quando è crescente, si estingue quando è calante. Ma sempre riacquista il suo colore vivo, come accade sovente a qualcuno che sta morendo. Stuzzica la notte con il suo luccicore, ma è come se quell'altalenante brillare fosse un'ammenda che la Luna paga per la sua esistenza, perché in fin dei conti fa apparire più buia la tenebra che la circonda. La "perfetta sembianza" dell'ultimo verso si può applicare al buio della notte ma anche alla stessa Luna, che appare una perfetta rappresentazione di ogni ciclica vita della natura destinata comunque ad estinguersi, a spirare.
Al verso 7 ho scelto la variante "Just to intensify" al posto di "Only to aggravate": il concetto è praticamente lo stesso ma mi piaceva di più l'italiano "intensificare" piuttosto che "aggravare" o "peggiorare".
Al verso 8 la variante "Nature's", al posto di "Through an" è più interessante, perché in questa versione c'è un esplicito richiamo alla natura che, come ho detto prima, fa oscillare il senso verso il buio o verso la Luna, mentre nell'altra versione il soggetto può essere soltanto la Luna, che "intensifica il Buio / Con una spirante - perfetta - sembianza", ovvero con una luce che ha in sé il proprio estinguersi, come tutto ciò che sta in questo mondo.
Ci sono poi altre tre varianti, oltre alle due che ho scelto, che non cambiano il senso dei versi. Al verso 2 "Twilight" ("Crepuscolo") o "Evening" ("Sera") al posto di "Darkness"; al verso 5 "the West" ("l'Occidente") al posto di "Her Glow" (che ho tradotto con "Colore" ma che significa anche "rosseggiante", come appunto l'occidente al tramonto) e al verso 6 "Taunting" ("insultare, oltraggiare") molto simile a "Teazing" (ED scrive così, ma l'ortografia corretta è "Teasing"), che ha una sfumatura più vicina allo stuzzicare, all'infastidire.


J939 (1864) / F869 (1864)

What I see not, I better see -
Through Faith - my Hazel Eye
Has periods of shutting -
But, No lid has Memory -

For often, all my sense obscured
I equally behold
As some one held a light upon
The Features so beloved -
And I arise - and in my Dream -
Do Thee distinguished Grace -
Till jealous Daylight interrupt -
And mar thy perfectness -

    Ciò che non vedo, meglio vedo -
Con la Fede - il mio Occhio Castano
Ha periodi di chiusura -
Ma, Non ha palpebre la Memoria -

Se spesso, tutti i miei sensi si oscurano
Egualmente ravviso
Come se qualcuno tenesse un lume su
Quei Lineamenti così amati -
E mi elevo - e nel mio Sogno -
Rendo a Te distinte Grazie -
Finché la gelosa Aurora interrompe -
E deforma la tua perfezione -

Errante (Mondadori, 1956) ritiene che questa poesia sia stata ispirata dal sonetto 43 di Shakespeare "pur evitando la virtuosità e svolgendo il motivo in senso opposto":

When most I wink, then do mine eyes best see,
For all the day they view things unrespected;
But when I sleep, in dreams they look on thee,
And darkly bright are bright in dark directed.
Then thou, whose shadow shadows doth make bright,
How would thy shadow's form form happy show
To the clear day with thy much clearer light,
When to unseeing eyes thy shade shines so!
How would, I say, mine eyes be blessed made
By looking on thee in the living day,
When in dead night thy fair imperfect shade
Through heavy sleep on sightless eyes doth stay!
    All days are nights to see till I see thee,
    And nights bright days when dreams do show thee me.
    Quando più li stringo, allora i miei occhi meglio vedono,
Perché ogni giorno guardano cose indegne;
Ma quando dormo, nei sogni mirano te,
E nel buio luminosi sono luminosi nel buio diretti.
Oh tu, la cui ombra le ombre fa diventar luminose,
Come della tua ombra la forma formerebbe gaia visione
Al chiaro giorno con la tua tanto più chiara luce,
Se ad occhi oscurati la tua ombra risplende così!
Quanto, io dico, i miei occhi sarebbero beati
Mirandoti nel giorno pulsante di vita,
Se già nella morta notte la tua bella ombra imperfetta
Nel greve sonno su abbuiati occhi s'imprime!
    Tutti i giorni sono notti a vedersi finché non ti vedo,
    E le notti luminosi giorni quando i sogni ti portano a me.

La sostanziale identità del primo verso è ancora più accentuata se accogliamo una variante inserita da ED nel manoscritto: "When" al posto di "What".

Quello che non riesco a vedere concretamente lo vedo ancora meglio, perché uso la fede dell'occhio interiore. Nel mio occhio visibile le palpebre talvolta si chiudono, oscurandolo, ma la memoria non ha palpebre e, perciò, non ha momenti di buio. Ed è proprio quando gli occhi sono chiusi e i sensi scivolano nel sonno che riesco a vedere ciò che non posso da sveglia, quegli amati lineamenti che sono vietati alla mia vista diurna. Soltanto nel sogno riesco ad elevarmi, a rendere grazie a chi mi sta più a cuore di tutti. Ma il sogno dura poco, sempre troppo presto l'aurora lo interrompe e guasta la perfezione di quell'amata visione onirica.
Ho inserito il sonetto di Shakespeare citato da Errante, che con tutta probabilità ha ispirato ED, vista la quasi identità del primo verso ma anche le somiglianze nei versi successivi. ED comunque, come dice Errante, è molto meno "virtuosistica" (Serpieri apre così la sua nota nell'edizione dei Sonetti shakespeariani da lui curata: "Sonetto molto concettoso e articolato secondo una fitta tessitura retorica" - in: Sonetti, Rizzoli, Milano, 2000) e, contrariamente a Shakespeare, non fa cenno al desiderio che le visioni notturne si concretizzino. Nella chiusa poi ED ci dà un'immagine completamente diversa da quella che conclude il sonetto: un'aurora che interrompe il sogno, come se la luce fosse la nemica irriducibile della visione dell'amato, contro quelle notti rese luminose dai sogni che portano l'amata ad imprimersi sugli occhi dormienti.
Al verso 5 ho scelto la variante "often" al posto di "frequent; al verso 7 "upon" al posto di "unto".


J940 (1864) / F924 (1865)

On that dear Frame the Years had worn
Yet precious as the House
In which We first experienced Light
The Witnessing, to Us -

Precious! It was conceiveless fair
As Hands the Grave had grimed
Should softly place within our own
Denying that they died.

    Quella cara Cornice gli Anni avevano logorato
Eppure preziosa come la Casa
Nella quale la prima volta vedemmo la Luce
La Testimonianza, per Noi -

Preziosa! Era inconcepibile gioia
Come se Mani imbrattate dalla Tomba
Dolcemente si posassero sulle nostre
Negando di essere morte.

Il ricordo di chi se n'è andato supera il logorio del tempo e quella cornice che racchiude il volto di chi ci è stato caro è per noi preziosa testimonianza, da mantenere nella nostra memoria, così come manteniamo il ricordo del posto in cui siamo nati. Anzi, è qualcosa di più che preziosa, quella testimonianza, è la gioia di sentirli ancora vicini, come se le loro mani si liberassero dalla polvere della tomba e si unissero alle nostre, come per dirci: "siamo ancora qui".


J941 (1864) / F925 (1865)

The Lady feeds Her little Bird
At rarer intervals -
The little Bird would not dissent
But meekly recognize

The Gulf between the Hand and Her
And crumbless and afar
And fainting, on Her yellow Knee
Fall softly, and adore -

    La Dama nutre l'Uccellino
A più rari intervalli -
L'Uccellino non dissente
Ma umilmente riconosce

L'Abisso fra la Mano e Lui
E senza briciole e da lontano
E languente, sul giallo Ginocchio
Cade mollemente, e adora -

Le briciole, a cui l'uccellino consapevole e rassegnato guarda con nostalgia, diventano metafora di un amore ormai perduto e adorato da lontano, senza illusioni e con la consapevolezza di una lontananza e di una irraggiungibilità che può essere fisica ma anche, e forse soprattutto, dettata da un'impossibilità di fatto. Nello stesso tempo quelle "briciole" del primo verso fanno pensare a un amore che comunque, anche nella vicinanza, non si è mai concretizzato ma ha elargito, appunto, soltanto poche briciole per poi estinguersi del tutto, almeno in una direzione.


J942 (1864) / F921 (1865)

Snow beneath whose chilly softness
Some that never lay
Make their first Repose this Winter
I admonish Thee

Blanket Wealthier the Neighbor
We so new bestow
Than thine Acclimated Creature
Wilt Thou, Austere Snow?

    Neve sotto la cui fredda morbidezza
Alcuni che mai giacquero
Riposano la prima volta quest'Inverno
Ti ammonisco

Coltre più Ricca al Vicino
Da noi appena posato
Che alle tue Acclimatate Creature
Vuoi Tu, Austera Neve?

Un ammonimento, che diventa una preghiera nell'ultimo verso, a quella neve che conserva sotto di sé chi riposa nel sonno della morte. Quello di concedere all'ultimo arrivato, a colui che ci era vicino, una coltre più ricca rispetto a quella concessa a chi ormai si è abituato al gelo perenne, così estraneo a chi poco prima poteva gustare il calore del sole e della vita.


J943 (1864) / F890 (1864)

A Coffin - is a small Domain,
Yet able to contain
A Citizen of Paradise
In it's diminished Plane -

A Grave - is a restricted Breadth -
Yet ampler than the Sun -
And all the Seas He populates -
And Lands He looks upon

To Him who on it's small Repose
Bestows a single Friend -
Circumference without Relief -
Or Estimate - or End -

    Una Bara - è un esiguo Dominio,
Eppure capace di contenere
Un Cittadino del Paradiso
Nella sua ridotta Superficie -

Una Tomba - è una ristretta Estensione -
Eppure più ampia del Sole -
E di tutti i Mari che Egli popola -
E delle Terre a cui guarda

A Colui che in quell'esiguo Riposo
Colloca l'unico Amico -
Circonferenza senza Sollievo -
O Previsione - o Fine -

La bara, la tomba, nella loro concretezza, sono dei ben miseri simulacri di ciò che vi giace, il corpo di qualcuno che conosce le vie del cielo, quelle vie ben più grandi di qualsiasi mare o terra che conosciamo quaggiù. Ma soltanto a lui è concesso questo sapere. A noi resta soltanto una misteriosa circonferenza, senza sollievo per quella perdita, senza nemmeno la previsione di ciò che ci riserva quel viaggio. Ci resta soltanto un senso di fine, di conclusione dell'unica strada che conosciamo.


J944 (1864) / F891 (1864)

I learned - at least - what Home could be -
How ignorant I had been
Of pretty ways of Covenant -
How awkward at the Hymn

Round our new Fireside - but for this -
This pattern - of the way -
Whose Memory drowns me, like the Dip
Of a Celestial Sea -

What Mornings in our Garden - guessed -
What Bees - for us - to hum -
With only Birds to interrupt
The Ripple of our Theme -

And Task for Both - When Play be done -
Your Problem - of the Brain -
And mine - some foolisher effect -
A Ruffle - or a Tune -

The Afternoons - together spent -
And Twilight - in the Lanes -
Some ministry to poorer lives -
Seen poorest - thro' our gains -

And then Return - and Night - and Home -

And then away to You to pass -
A new - diviner - Care -
Till Sunrise take us back to Scene -
Transmuted - Vivider -

This seems a Home - And Home is not -
But what that Place could be -
Afflicts me - as a Setting Sun -
Where Dawn - knows how to be -

    Imparai - almeno - cosa poteva essere una Casa -
Quanto ignara sarei stata
Delle piacevoli vie del Contratto -
Quanto goffa nell'Inno

Intorno al nuovo Focolare - non solo per questo -
Questo modello - di vita -
La cui Memoria m'inonda, come la Goccia
Di un Mare Celestiale -

Che Mattini nel nostro Giardino - immaginati -
Che Api - per noi - a mormorare -
Con solo gli Uccelli a interrompere
L'Incresparsi del nostro Tema -

E Compiti per Entrambi - A Gioco concluso -
A te Questioni - della Mente -
E a me - qualche più banale realtà -
Un Merletto - o una Melodia -

I Pomeriggi - passati insieme -
E il Crepuscolo - nei Vicoli -
Qualche aiuto per vite più povere -
Poverissime se viste - dalla nostra agiatezza -

E poi Tornare - e Notte - e Casa -

E poi con Te trascorrere -
Un nuovo - più divino - Impegno -
Finché l'Alba ci riporti nella Scena -
Trasformata - più Vivida -

Questa sembra una Casa - E Casa non è -
Ma cosa quel Luogo potrebbe essere -
Mi affligge - come un Sole al Tramonto -
Dove l'Alba - sa come stare -

Il testo è secondo la trascrizione Franklin; nell'edizione Johnson la quarta e l'ultima strofa sono in cinque versi, entrambe con il primo verso suddiviso in due: "And Task for Both / When Play be done -" e "This seems a Home - / And Home is not -". In entrambe le edizioni è precisato che il verso 21 (22 in Johnson) è da considerare a sé stante, visto che non c'è nessuna indicazione che possa far pensare a una variante e, inoltre, c'è il segno "+" prima di "Night", che riporta alla variante "trust" in calce alla poesia.

Un lungo elenco di quelle che potevano essere le gioie di una vita domestica, che ED vide (il "learned" del primo verso) soltanto di riflesso. L'elenco traccia, con la solita fantasia dickinsoniana, i percorsi più vari: dal mattino in giardino, ai pomeriggi operosi (con l'ironico quadretto dell'uomo intento a profondi pensieri e della donna che ricama o strimpella un po' di musica), al crepuscolo caritatevole, fino all'etereo sonno notturno che riporta al luminoso mattino iniziale (anche se il "new - diviner - Care" del verso 23 potrebbe riferirsi a fatti notturni più concreti). Poi, nell'ultima strofa, una sorta di morale finale, con quell'immagine di un sole al tramonto in un luogo dove invece dovrebbe esserci un'alba.
Bacigalupo nota acutamente che "come nella poesia 67, la vittoria appare più dolce allo sconfitto"; insomma, come dire che questo incantevole e immacolato quadretto familiare poteva essere tracciato solo da una zitella.
Il "Covenant" del terzo verso è naturalmente il contratto matrimoniale.


J945 (1864) / F1112 (1865)

This is a Blossom of the Brain -
A small - italic Seed
Lodged by Design or Happening
The Spirit fructified -

Shy as the Wind of his Chambers
Swift as a Freshet's Tongue
So of the Flower of the Soul
It's process is unknown -

When it is found, a few rejoice
The Wise convey it Home
Carefully cherishing the spot
If other Flower become -

When it is lost, that Day shall be
The Funeral of God,
Upon his Breast, a closing Soul
The Flower of our Lord -

    Questo è uno Sbocciare del Cervello -
Un piccolo - Seme in corsivo
Piantato di Proposito o Giunto per caso
Che lo Spirito ha reso fecondo -

Geloso come il Vento delle sue Stanze
Rapido come una Lingua che Straripa
Così del Fiore dell'Anima
Il divenire è sconosciuto -

Una volta trovato, pochi gioiscono
Il Saggio lo porta a Casa
Curando amorevolmente il granello
Nel caso un altro Fiore divenga -

Una volta perduto, quel Giorno sarà
Il Funerale di Dio,
Sul suo Petto, un'Anima che si chiude
Il Fiore di nostro Signore -

Versi che parlano di se stessi. "Questo" non è altro che la poesia che stiamo leggendo, che germoglia dalla mente come un seme, talvolta piantato volontariamente, altre volte giunto per caso in un cervello che sa come farlo crescere. È un seme interiore, geloso della sua intimità come lo è il vento delle stanze dove si rifugia dopo aver spazzato il mondo, ma veloce come una lingua che straripa dalla bocca angusta in cui è confinata e inonda il mondo delle sue parole. Per questo, perché è insieme restio e debordante, nessuno sa come si sviluppa questo fiore interiore, che appartiene all'anima dell'uomo. Non è facile trovarlo, pochi riescono a riconoscerlo perché ai più appare nient'altro che un piccolo, insignificante granello, ma quando succede chi ha il dono di capirlo lo cura amorevolmente, perché sa che da lì possono nascere altri fiori. E quando la sua voce si perde, quando un poeta muore o la poesia diventa estranea al mondo, è come se fosse il funerale di Dio, con quell'anima ormai chiusa e inaccessibile che diventa il fiore sul suo petto.
Quando ED vuole celebrare la poesia, la sua poesia, non bada a spese e non teme le immagini più ardite. Come in questo caso, dove il fiore interiore, sbocciato in un concreto cervello reso consapevole dallo spirito che lo anima, trascina nella sua scomparsa l'unica cosa che può reggere al suo confronto: Dio.
L'ultima strofa si presta a tre letture (e magari anche di più). Una è quella riportata dalla Bulgheroni, che cita un libro di Robert Weisbuch, Emily Dickinson's Poetry: "La perdita del seme provoca il chiudersi dell'anima di 'nostro Signore' Gesù Cristo perché il seme, come Cristo, è rappresentazione esperienziale di Dio".Un'altra, più eretica, che identifica la morte dell'uomo (metaforicamente rappresentato dalla sua espressione più alta: la poesia, la parola) con quella di Dio. Un funerale con una bara vuota sormontata da un fiore ormai appassito. Un modo per dire che l'uomo si è creato un dio che morirà con lui. Una terza, in cui la poesia diventa umana rappresentazione del divino, la cui scomparsa può perciò essere simbolicamente vista come un funerale di Dio, nel quale l'anima-poesia che muore diventa un fiore ormai sradicato dal suo campo (il cervello del primo verso) e affidato nelle mani di nostro Signore.


J946 (1864) / F1115 (1865)

It is an honorable Thought
And makes One lift One's Hat
As One met sudden Gentlefolk
Upon a daily Street

That We've immortal Place
Though Pyramids decay
And Kingdoms, like the Orchard
Flit Russetly away

    È un Pensiero onorevole
E ci fa levare il Cappello
Come se c'imbattessimo in un Gran Signore
Sulla Strada quotidiana

Che Noi si abbia un Posto immortale
Sebbene le Piramidi decadano
E i Regni, come i Frutteti
Si dileguino Rosseggiando

Pensare che nell'aldilà ci aspetta un luogo immortale, così diverso da quello effimero e provvisorio che conosciamo, è un pensiero onorevole, che ci sembra un segno di rispetto verso di noi, un po' come è segno di rispetto togliersi il cappello davanti a un gran signore incontrato inaspettatamente sulla strada che facciamo tutti i giorni.
L'immortalità qui è trattata con la consueta ironia di ED, esplicita nel paragone, molto mondano, di salutare rispettosamente un gran signore incontrato per via, e implicita in quel "thought" del primo verso che, oltre al significato di "pensiero" può anche voler dire "fantasia, immaginazione, opinione".
Al verso 3 "met sudden" andrebbe reso con "incontrato inaspettatamente, d'improvviso", una traduzione che allungherebbe un po' troppo il verso. Si potrebbe usare la variante indicata da ED in sostituzione di entrambe le parole: "encountered", ma così si perderebbe l'immagine di incontro improvviso, inaspettato. Ho preferito perciò lasciare la lezione originale e tradurre con "imbattersi".


J947 (1864) / F933 (1865)

Of Tolling Bell I ask the cause?
"A Soul has gone to Heaven"
I'm answered in a lonesome tone -
Is Heaven then a Prison?

That Bells should ring till all should know
A Soul had gone to Heaven
Would seem to me - the more the way
A Good News should be given -

    Del Rintocco di Campana chiedo la causa?
"Un'Anima è andata in Cielo"
Mi si risponde in tono malinconico -
È il Cielo allora una Prigione?

Che le Campane suonino affinché tutti sappiano
Che un'Anima è andata in Cielo
Mi sembrerebbe - piuttosto la maniera
Di dare una Buona Novella -

Il testo riportato sopra è quello nei fascicoli. C'è anche un altro manoscritto, limitato alla seconda strofa, inviato a Susan nel 1871.

Una considerazione che chiunque creda dovrebbe fare: perché ci affliggiamo per la morte di qualcuno? Se crediamo veramente, quella morte dovrebbe essere una gioia. Ma nella domanda di ED è implicita la risposta: l'unica cosa certa che sappiamo della morte è che ci sottrae alla vita; il paradiso che ci attende è invece soltanto una possibilità, eterna, bellissima, ma soltanto una speranza che sfuma nell'illusione.


J948 (1864) / F1093 (1865)

'Twas Crisis - All the length had passed -
That dull - benumbing time
There is in Fever or Event -
And now the Chance had come -

The instant holding in it's Claw
The privilege to live
Or Warrant to report the Soul
The other side the Grave -

The Muscles grappled as with leads
That would not let the Will -
The Spirit shook the Adamant -
But could not make it feel -

The Second poised - debated - shot -
Another, had begun -
And simultaneously, a Soul
Escaped the House unseen -

    Era la Svolta - L'intera durata era esaurita -
Quel torpido - paralizzante momento
Che c'è nella Febbre o in un Evento -
E ora la Possibilità era arrivata -

L'istante che tiene nel suo Artiglio
Il privilegio di vivere
O l'Autorità per annunciare all'Anima
L'altro lato della Tomba -

I Muscoli come ghermiti da piombi
Che non consentivano Volontà -
Lo Spirito scuoteva il Diamante -
Ma non riusciva a renderlo sensibile -

L'Attimo oscillò - ponderò - si dileguò -
Un altro, era iniziato -
E simultaneamente, un'Anima
Lasciò la Casa inosservata -

Prosegue la ricerca di ED per riuscire a descrivere il momento della morte. Stavolta le immagini cercano come di bloccare quegli istanti, descrivendo la sensazione di paralisi che segue il momento della "svolta", quando si ha l'illusione che ci sia ancora una possibilità di eludere l'annuncio che ci si sta avviando verso quel lato della tomba riservato a chi muore. I muscoli sono bloccati, come se fossero avviluppato da piombi, lo spirito cerca disperatamente di scuotere quel corpo ormai rigido, che sembra assumere la durezza di un diamante, ma non riesce a ridargli la sensibilità. Nell'attimo che divide la vita dalla morte, la mente oscilla, cerca di mantenersi in equilibrio, si concede l'ultimo sprazzo di lucidità e poi si dilegua, ormai vinta. Nello stesso istante un'anima se ne va dalla sua casa terrena, fugge inosservata da quel mondo che non rivedrà mai più.
La poesia è tutta giocata sul contrasto fra l'immisurabile istante della morte e il tentativo di congelarlo, di sezionarlo, per scoprirne i segreti. ED cerca come di ingannare questo istante così sfuggente con la "possibilità" del quarto verso, quella di riuscire a strappare agli artigli della morte il privilegio di vivere, una possibilità senza speranza, che la mente, ultimo baluardo prima della resa finale, persegue fino all'ultimo cercando di risvegliare quel corpo ormai rigido. Ma non c'è niente che possa sconfiggere la morte. E l'anima che se ne va appartiene ormai a un mondo che non ci è dato di "vedere" perché è al di là di ogni nostra possibilità di comprensione.


J949 (1864) / F1068 (1865)

Under the Light, yet under,
Under the Grass and the Dirt,
Under the Beetle's Cellar
Under the Clover's Root,

Further than Arm could stretch
Were it Giant long,
Further than Sunshine could
Were the Day Year long,

Over the Light, yet over,
Over the Arc of the Bird -
Over the Comet's chimney -
Over the Cubit's Head,

Further than Guess can gallop
Further than Riddle ride -
Oh for a Disc to the Distance
Between Ourselves and the Dead!

    Sotto la Luce, ancora più sotto,
Sotto l'Erba e il Fango,
Sotto la Tana della Blatta
Sotto la Radice del Trifoglio,

Più in là di quanto un Braccio possa stendersi
Avesse la lunghezza di un Gigante,
Più in là di quanto la Luce del Sole possa
Fosse il Giorno lungo un Anno,

Sopra la Luce, ancora più su,
Sopra l'Arco di un Uccello -
Sopra la scia della Cometa -
Sopra l'Ultimo Cubito,

Pià in là di quanto l'Ipotesi possa galoppare
Più in là di quanto l'Enigma cavalcare -
Oh per un Disco alla Distanza
Fra Noi e i Morti!

La distanza che ci separa da chi muore non ha possibilità di essere misurata. I quattro "under" della prima strofa e gli altrettanti "over" della terza ci danno l'esatta percezione di questa incommensurabilità. Nell'ultima strofa l'enigma diventa un mistero che nemmeno l'ipotesi più ardita può sperare di decifrare.
Nel penultimo verso ho tradotto letteralmente, per mantenere l'ambiguità di quel "for", che non è facile da interpretare. Il "disco" può avere una natura analoga a quella della "circonferenza", e in questo caso potremmo leggere "perché la distanza fra noi e i morti è un indecifrabile disco"; se invece lo leggiamo più in senso astronomico, concreto, possiamo interpretare i due ultimi versi come "cosa farei perché fra noi e i morti ci fosse una distanza sì infinita, ma comunque misurabile come quella di un'orbita celeste".


J950 (1864) / F1116 (1865)

The Sunset stopped on Cottages
Where Sunset hence must be
For treason not of His, but Life's,
Gone Westerly, Today -

The Sunset stopped on Cottages
Where Morning just begun -
What difference, after all, Thou mak'st
Thou Supercilious Sun?

    Il Tramonto si è fermato sui Casolari
Dove d'ora innanzi dovrà restare
Non per tradimento Suo, ma della Vita,
Partita per l'Occidente, Oggi -

Il Tramonto si è fermato sui Casolari
Dove il Mattino è appena cominciato -
Che differenza, dopotutto, fai
Tu Supercilioso Sole?

Il tramonto-morte si è fermato nei luoghi dove d'ora in poi resterà per sempre, ma la colpa non è la sua, perché questo è il suo compito; piuttosto la colpa è della vita, che se n'è andata nei luoghi riservati alla morte. E dove il tramonto-morte è arrivato, il sole può sì far sorgere ancora un mattino, ma che differenza fa questo altezzoso splendore per coloro che ormai non possono più vederlo?