Emily Dickinson

The Complete Poems
Tutte le poesie

J1051 - 1100

Traduzione e note di Giuseppe Ierolli


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Appendice

Indice Johnson
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J1051 (1865) / F1122 (1866)

I cannot meet the Spring - unmoved -
I feel the old desire -
A Hurry with a lingering, mixed,
A Warrant to be fair -

A Competition in my sense
With something, hid in Her -
And as she vanishes, Remorse
I saw no more of Her -

    Non so incontrare la Primavera - con distacco -
Sento l'antico desiderio -
Un'Urgenza a un protrarsi, mescolata,
Una Licenza d'esser bella -

Una Competizione nei miei sensi
Con qualcosa, nascosta in Lei -
E quando svanisce, il Rimorso
Di non aver visto di più di Lei -

Una seconda copia, limitata alla seconda strofa e con "when" al posto di "as" nel penultimo verso, fu inviata a Susan.

Il risveglio della natura non può lasciarci indifferenti, fa affiorare il desiderio di cambiamento, che affrontiamo con il sentimento contrastante di chi aspetta impaziente qualcosa e nello stesso tempo vorrebbe ritardarne l'arrivo per gustare di più l'attesa. La primavera porta con sé una garanzia di bellezza, che diventa una gara fra il rinascere inconsapevole della natura e quello fremente dei nostri sensi, e quando, sempre troppo presto, se ne va, ci lascia il rimorso di non aver saputo goderne appieno.
Breve ma molto ricca di temi ed immagini suggestive: il primordiale desiderio di cambiamento che sentiamo sempre dentro di noi, la fretta di afferrare la bellezza e insieme la voglia di godere appieno il sentimento dell'attesa, la competizione, che diventa emulazione, fra la natura e i nostri sensi, e infine il sentimento che quasi sempre proviamo di fronte allo svanire di qualcosa che ci ha resi felici e che magari abbiamo atteso a lungo: il rimorso, il rimpianto, la certezza di non essere stati capaci di cogliere tutti i dolci frutti che ci sono stati offerti da un albero che si sta ormai disseccando, senza sapere se riusciremo mai a rivederne la fioritura.
Nella copia inviata a Susan, la presenza della sola seconda strofa elimina il riferimento alla primavera, e il pronome dei versi pari può essere letto in diretto riferimento alla destinataria.


J1052 (1865) / F800 (1864)

I never saw a Moor -
I never saw the Sea -
Yet know I how the Heather looks
And what a Billow be -

I never spoke with God
Nor visited in Heaven -
Yet certain am I of the spot
As if the Checks were given -

    Non ho mai visto una Brughiera -
Non ho mai visto il Mare -
Eppure so come appare l'Erica
E che cos'è un'Onda -

Non ho mai parlato con Dio
Né visitato il Cielo -
Eppure certa son io del luogo
Come se il Biglietto fosse consegnato -

Una professione di fede, sorretta da una considerazione banalmente efficace: "ci sono molte cose che non abbiamo mai visto e della cui esistenza siamo certi".
Johnson scrive, a proposito del "Checks" dell'ultimo verso: "L'uso di ED del termine 'Checks' lasciò perplessi i primi curatori, che lo modificarono [nelle prime edizioni si legge "chart"]. Sembra probabile che ED abbia usato questa parola nel significato colloquiale di biglietto ferroviario." Il "were given" finale si riferisce allora all'uso di consegnare il biglietto al controllore alla fine del viaggio e gli ultimi due versi vanno perciò letti come: "Sono talmente certa dell'esistenza di quel luogo [il Cielo] che è come se avessi già consegnato il biglietto al controllore."


J1053 (1862) / F573 (1863)

It was a quiet Way -
He asked if I was His -
I made no answer of the Tongue,
But answer of the Eyes -

And then he bore me high
Before this mortal noise
With swiftness as of Chariots -
And distance - as of Wheels -

The World did drop away
As Counties - from the feet
Of Him that leaneth in Balloon -
Upon an Ether Street -

The Gulf behind - was not -
The Continents - were new -
Eternity - it was - before
Eternity was due -

No Seasons were - to us -
It was not Night - nor Noon -
For Sunrise - stopped upon the Place -
And fastened it - in Dawn -

    Fu con Fare tranquillo -
Che chiese se ero Sua -
Non diedi risposta di Lingua,
Ma risposta di Occhi -

Allora mi portò in alto
A prima di questo mortale clamore
Con velocità come di Cocchi -
E distanza - come di Ruote -

Il Mondo si staccò via via
Come Contee - dai piedi
Di Colui che si sporge da un Pallone -
Su di una Eterea Strada -

L'Abisso dietro noi - non c'era -
I Continenti - erano nuovi -
Eternità - fu - prima
Dell'Eternità dovuta -

Non c'erano Stagioni - per noi -
Non c'era Notte - né Mezzogiorno -
Perché il Sole nascente - si arrestò sul Posto -
E lo congelò - nell'Alba -

La versione riportata è quella nei fascicoli. Esiste un altro manoscritto, a matita e firmato "Emily", databile nel 1865 e che sembrerebbe non essere mai stato spedito. Il testo è sostanzialmente simile e non è suddiviso in strofe.

I primi due versi fanno pensare alla tenera domanda di una amante, ma andando avanti nella lettura ci si accorge che il soggetto di questa poesia è più probabilmente la morte, come sempre di genere maschile nei versi di ED. Lo fa pensare la fuga dal "mortale clamore", il mondo che si allontana come se salissimo in alto con un pallone, i continenti "nuovi" perché estranei alla nostra esperienza concreta. Il richiamo all'eternità della fine della quarta strofa è più ambiguo; potrebbe essere letto come "fu come se avessimo raggiunto l'eternità in questo mondo, prima di quella che ci aspetta nell'altro", e in questo caso è evidente il riferimento all'appagamento amoroso, ma anche come "il mistero dell'eternità si dispiegò all'improvviso ancor prima di aver concluso il viaggio verso l'eternità che ci aspetta nell'aldilà", che sembrerebbe un riferimento al misterioso momento della morte, tante volte analizzato da ED. La stessa cosa si può dire dell'ultima strofa, dove quell'alba perenne può essere, ancora una volta, l'appagamento amoroso come l'eterna gioia celeste. Come sempre, le due possibili interpretazioni non collidono fra di loro, ma si fondono in una sorta di unione amore-morte non certo inusuale nella poesia di ED e nella letteratura in genere.


J1054 (1865) / F1011 (1865)

Not to discover weakness is
The Artifice of strength -
Impregnability inheres
As much through Consciousness

Of faith of others in itself
As Pyramidal Nerve
Behind the most unconscious clock
What skillful Pointers move -

    Non palesare debolezza è
L'Artificio della forza -
L'Inespugnabilità la distingue
Tanto per la Consapevolezza

Della fiducia di altri in essa
Quanto per la Piramidale Fermezza
Dietro il più inconsapevole orologio
Che esperte Lancette muova -

La forza di un uomo, concreta o morale, si contraddistingue non tanto per la dote in sé ma per la capacità di non far trasparire la debolezza, inevitabile e connaturata in noi. Il suo vigore si alimenta sia per la consapevolezza che gli altri guardino ad essa con rispetto e fiducia, sia per la geometrica fermezza che guida le sue azioni e fa sì che le lancette della vita vadano comunque avanti, anche se ne siamo inconsapevoli.
Interessante il contrasto fra il "consciuousness" del quarto verso e l'"unconscious" del settimo, ovvero fra la consapevole fiducia attribuita agli "altri" e l'inconsapevole orologio che muove le fila della nostra vita con piramidale fermezza; come se ED dicesse che non è la ragione a farci forti (anzi, forse ci rende più deboli perché ci instilla il seme del dubbio), ma i misteriosi ed esperti fili che guidano l'esistenza al di là delle nostre possibilità di intervento.


J1055 (1865) / F1017 (1865)

The Soul should always stand ajar
That if the Heaven inquire
He will not be obliged to wait
Or shy of troubling Her

Depart, before the Host have slid
The Bolt unto the Door
To search for the accomplished Guest,
Her Visitor, no more -

    L'Anima dovrebbe sempre star socchiusa
Perché ove il Cielo chieda
Non sia obbligato ad aspettare
O temendo di disturbarla

Se ne vada, prima che Lei faccia scorrere
Il Chiavistello nella Porta
Per scoprire che il cortese Ospite,
Il Suo Visitatore, non c'è più -

Il Cielo del secondo verso è da intendersi come l'evento inaspettato e felice, che bisogna saper afferrare prontamente lasciando sempre socchiusa la porta della nostra interiorità, altrimenti, stufo di aspettare, o magari pensando di disturbarci, c'è il pericolo che fugga via mentre armeggiamo con il chiavistello del portone.
Al verso 5 "host" significa "colei che riceve, che ospita, che accoglie" il "guest" (ovvero l'ospite, colui che viene in visita o è invitato) del verso 7. In italiano (dove "ospite" significa entrambe le cose e il significato è determinato dalla frase) potremmo dire "padrona di casa, anfitrione", ma ho preferito tradurre semplicemente con "lei", anche per non allungare troppo il verso.


J1056 (1865) / F1020 (1865)

There is a Zone whose even Years
No Solstice interrupt -
Whose Sun constructs perpetual Noon
Whose perfect Seasons wait -

Whose Summer set in Summer, till
The Centuries of June
And Centuries of August cease
And Consciousness - is Noon -

    C'è una Zona i cui Anni uniformi
Nessun Solstizio interrompe -
Il cui Sole costruisce un perpetuo Mezzogiorno
Le cui perfette Stagioni attendono -

La cui Estate sfocia in Estate, finché
I Secoli di Giugno
E i Secoli di Agosto cessano
E la Consapevolezza - è il Mezzogiorno -

Una descrizione dell'eternità come perfezione senza mutamento, in cui il fluire del tempo che ci è familiare si congela in un'eterna estate e in un eterno mezzogiorno e le stagioni diventano di una virtuale perfezione, perché non si susseguono ma sono lì, in attesa, come un ricordo lontano dei mutamenti della vita mortale. Gli ultimi versi suggeriscono tuttavia un cambiamento, una sorta di estinzione dell'eternità inconsapevole per far spazio stavolta ad un nuovo eterno mezzogiorno vissuto nella consapevolezza, un probabile riferimento alla resurrezione.
Nei fascicoli sono indicate tre varianti al "cease" del verso 7: "lapse" ("decadono, passano") sostanzialmente simile a "cease", "fuse" ("si fondono") e "blend" ("si mescolano"). Il senso rimane più o meno inalterato, anche se il concetto di "fondersi, mescolarsi" indica una cesura meno netta e un permanere in una nuova condizione rispetto a un "cessare, decadere".


J1057 (1865) / F1029 (1865)

I had a daily Bliss
I half indifferent viewed
Till sudden I perceived it stir -
It grew as I pursued

Till when around a Hight
It wasted from my sight
Increased beyond my utmost scope
I learned to estimate -

    C'era un'Estasi di ogni giorno
A cui distrattamente guardavo
Finché all'improvviso la sentii agitarsi -
Cresceva mentre l'inseguivo

Finché quando vicino a un'Altura
Svanì dal mio sguardo
Accresciuta ben oltre il mio ambito
Imparai a valutare -

Un tributo alla felicità di ogni giorno, quella che possiamo trovare nei semplici avvenimenti quotidiani e che quasi sempre guardiamo con distratta sufficienza, fino a che non scompare e ci lascia il rimpianto di non averla saputa valutare e, soprattutto, di non averla praticamente vissuta.


J1058 (1865) / F1038 (1865)

Bloom - is Result - to meet a Flower
And casually glance
Would cause one scarcely to suspect
The minor Circumstance

Assisting in the Bright Affair
So intricately done
Then offered as a Butterfly
To the Meridian -

To pack the Bud - oppose the Worm -
Obtain it's right of Dew -
Adjust the Heat - elude the Wind -
Escape the prowling Bee -

Great Nature not to disappoint
Awaiting Her that Day -
To be a Flower, is profound
Responsibility -

    Sbocciare - è il Risultato - incontrare un Fiore
E casualmente dargli uno sguardo
Potrà a malapena far intuire
Le Circostanze minute

Che collaborano alla Brillante Faccenda
Così intricatamente compiuta
Poi offerta come una Farfalla
Al Mezzogiorno -

Riempire il Bocciolo - opporsi al Verme -
Ottenere i propri diritti di Rugiada -
Regolare il Calore - eludere il Vento -
Fuggire l'Ape cacciatrice -

Non deludere Madre Natura
Che l'aspetta in quel Giorno -
Essere un Fiore, è profonda
Responsabilità -

Non è facile riuscire a cogliere la complessità del mondo. In genere vediamo i risultati di questa complessità e non ci rendiamo conto del lungo e difficile lavoro che c'è stato prima, delle continue prove che un fiore, ma potrebbe essere qualsiasi essere vivente, deve superare per sbocciare e vivere.


J1059 (1865) / F1083 (1865)

Sang from the Heart, Sire,
Dipped my Beak in it,
If the Tune drip too much
Have a tint too Red

Pardon the Cochineal -
Suffer the Vermillion -
Death is the Wealth
Of the Poorest Bird.

Bear with the Ballad -
Awkward - faltering -
Death twists the strings -
'Twas'nt my blame -

Pause in your Liturgies -
Wait your Chorals -
While I repeat your
Hallowed Name -

    È Canto dal Cuore, Sire,
Bagnai il mio Becco in esso,
Se la Melodia zampilla troppo
Se ha una tinta troppo Rossa

Perdona il Carminio -
Sopporta il Vermiglio -
La Morte è la Ricchezza
Dell'Uccello più Povero.

Tollera la Ballata -
Goffa - vacillante -
La Morte distorce le corde -
Non è colpa mia -

Sospendi le Liturgie -
Rinvia i Corali -
Mentre ripeto il tuo
Venerato Nome -

La poesia sgorga dal cuore del poeta, e se quasi sempre è del colore rosso del sangue e della morte è perché proprio il mistero della morte è lo scrigno dal quale sgorgano quei versi. Ma la morte, oltre a essere una sorta di musa per il poeta, è anche un approdo oscuro e misterioso, che impedisce il fluire gioioso del canto e lo fa sembrare sempre goffo e sgraziato in confronto alla bellezza del creato. Perciò, Signore, sospendi i cori e le liturgie, niente può cantarti meglio della voce di un poeta.
Qui ED ci spiega perché nella sua poesia è sempre così presente la morte e, nello stesso tempo, ne rivendica il valore ricorrendo a un comune artificio retorico: prima chiede comprensione per la scarsa qualità del suo canto (goffo e vacillante) e poi chiede direttamente a Dio di far tacere tutto mentre quello stesso canto risuona.


J1060 (1865) / F989 (1865)

Air has no Residence, no Neighbor,
No Ear, no Door,
No Apprehension of Another
Oh, Happy Air!

Etherial Guest at e'en an Outcast's Pillow -
Essential Host, in Life's faint, wailing Inn,
Later than Light thy Consciousness accost Me
Till it depart, persuading Mine -

    L'Aria non ha Residenza, né Vicini,
Né Orecchie, né Porta,
Né Apprensione per l'Altro
Oh, Aria Felice!

Eterea Ospite anche d'un Cuscino d'Esule -
Essenziale Padrona, nella gemente, vaga Locanda della Vita,
Dopo la Luce la tua Consapevolezza Mi si accosta
Finché parte, persuadendo la Mia -

L'aria come simbolo del vago mistero che ci circonda e permea invisibilmente, e allo stesso tempo concretamente, la nostra vita. Nella prima strofa l'accento è sull'invisibile evanescenza (non risiede in nessun posto, non ha vicini né organi di senso, né prova sentimenti verso gli altri) che diventa inconsapevole felicità. Nella seconda l'aria, pur rimanendo eterea, diventa concreta: s'insinua nel sonno di chiunque, anche dell'esule reietto e abbandonato, diventa albergatrice nella locanda dolorosa e priva di senso della vita, finché sembra, nel sonno notturno, acquistare una sua consapevolezza, sembra accostarsi a noi come per unirla alla nostra, finché, con luce del giorno, se ne va, vinta dalla luce che ne scompone la concretezza notturna; ed è come se persuadesse anche la nostra, di consapevolezza, a seguirla nella luce che illumina ma rende vani i sogni che sembrano farci comprendere tutto.
Come spesso accade, comunque, non c'è un'interpretazione univoca di questa poesia. L'aria può essere il simbolo del mistero, ma anche l'elemento vitale che ci permette di vivere e veglia instancabilmente sul nostro sonno, o il soffio divino di cui riusciamo forse ad avere una vaga consapevolezza solo durante i liberi sogni notturni, consapevolezza che svanisce con il risveglio, come sembra suggerire l'ultima strofa e in particolare gli ultimi due versi.
Al verso 5 ho tradotto "e'en" ("even") con "anche", ma il termine vale anche per "sera", un significato che può essere confermato dal "pillow" che segue e che potrebbe farci leggere il verso come "Eterea Ospite a sera d'un Cuscino d'Esule -" o anche, sciogliendo la duplicità dell'originale "Eterea Ospite serale anche d'un Cuscino d'Esule -".


J1061 (1865) / F992 (1865)

Three Weeks passed since I had seen Her -
Some Disease had vext
'Twas with Text and Antique Singing
I beheld Her next

And a Company - Our pleasure
To discourse alone -
Gracious now to me as any -
Gracious unto none -

Borne without dissent of any
To the Parish night -
Of the Separated Parties
Which be out of sight?

    Tre Settimane erano passate senza vederla -
Qualche Male aveva colpito
Fu con Versetti e Antichi Inni
Che la vidi poi

E in Compagnia - Ci piaceva
Discorrere da sole -
Cortese ora con me come con chiunque -
Cortese con nessuno -

Condotta senza che alcuno dissentisse
Alla notte della Comunità -
Delle Parti Separate
Qual è fuori di vista?

Un'amica che muore. Tre settimane senza vederla, la malattia che vince e poi il funerale, un'occasione pubblica che va vissuta in compagnia: sono ormai finiti i tempi dei piacevoli discorsi in due; ormai lei non ha più preferenze, è cortese con me allo stesso in cui lo è con gli altri, o meglio, ormai non ha più bisogno di essere cortese con nessuno. Il corteo funebre, la tomba, in sintesi: la morte, è inevitabile, sarebbe inutile dissentire. E mi chiedo: siamo ormai due parti separate, lei e noi rimasti qui, ma chi è che è veramente al di là di ciò che è reale: lei o noi?
Al verso 3 ho scelto la variante "Antique" al posto di "Village"; al verso 9 "any" al posto di "Either".


J1062 (1865) / F994 (1865)

He Scanned it - Staggered -
Dropped the Loop
To Past or Period -
Caught helpless at a Sense as if
His Mind were going blind -

Groped up, to see if God were there -
Groped backward at Himself
Caressed a Trigger absently
And wandered out of Life -

    Lo Scrutò - Esitante -
Lasciò cadere il Nodo
Verso il Passato o il Ciclo -
Si aggrappò disperato a un Senso come se
La sua Mente stesse diventando cieca -

Brancolò in alto, per vedere se Dio fosse là -
Brancolò a ritroso verso di Sé
Carezzò distrattamente un Grilletto
E s'incamminò al di là della Vita -

Anche questa poesia può essere interpretate come una delle tante descrizioni di ED del momento della morte. Stavolta è descritta l'ultima lotta interiore per riuscire a trovare un senso a quell'atto definitivo e misterioso (il venir meno del nodo che ci lega al passato e al ciclo della vita), l'impotenza di fronte ad una consapevolezza che si oscura e diventa cieca, la disperazione per la domanda d'immortalità che ormai non ha più tempo per essere sciolta, la sconfitta di fronte a questa domanda e il tornare al proprio mondo interiore come unica certezza, e infine quel lasciarsi distrattamente morire, come se l'ultimo atto della vita non potesse essere vissuto se non inconsapevolmente: una sorta di resa di fronte all'inconoscibile.
Il "Trigger" del penultimo verso può significare "grilletto" (con un velato accenno ad una sorta di "suicidio", o meglio ad un rassegnato lasciarsi morire) ma anche "A catch to hold the wheel of a carriage on a declivity", ovvero "Un cuneo per tenere bloccata la ruota di un carro in un pendio"; in questo caso la nostalgica carezza è per l'ultimo momento che ci è concesso prima di scivolare lungo il pendio della morte.


J1063 (1865) / F1097 (1865)

Ashes denote that Fire was -
Revere the Grayest Pile
For the Departed Creature's sake
That hovered there awhile -

Fire exists the first in light
And then consolidates
Only the Chemist can disclose
Into what Carbonates -

    Le ceneri denotano che c'era un Fuoco -
Venera il Cumulo più Grigio
Per amore della Creatura Estinta
Che là si librò per un momento -

Il Fuoco esiste dapprima come luce
E poi si consolida
Solo il Chimico può svelare
In quali Carbonati -

Una tomba non è soltanto un ricovero di resti mortali ma anche un luogo da venerare, perché là riposano ceneri che una volta ospitavano il fuoco vitale dell'esistenza. La vita, come il fuoco, ha nella luce la sua parte visibile e temporanea; cosa ne sarà di lei dopo, una volta diventata cenere, lo sa solo quel chimico che l'ha creata e ne conosce l'intima essenza.
Ancora una volta ED descrive il nostro essere disarmati di fronte ai misteri della vita e della morte; così come del fuoco vediamo soltanto la parte luminosa, della vita conosciamo solo il breve percorso che vediamo con i nostri occhi, il resto (i "carbonati" nei quali ci "consolideremo" è una chiara metafora del giudizio finale) è riservato al "chimico", da intendersi qui come colui che sa, che conosce cose inconoscibili ai comuni mortali e, perciò, identificabile con Dio.


J1064 (1865) / F1087 (1865)

To help our Bleaker Parts
Salubrious Hours are given
Which if they do not fit for Earth -
Drill silently for Heaven -
    Per aiutare le nostre Parti più Desolate
Salubri Ore sono concesse
Che se non appropriate per la Terra -
Addestrano in silenzio per il Cielo -

Il tempo della nostra vita è riempito più dal dolore, dall'ansia, dalla desolazione, che da ore serene, che ci appaiono come un breve ma indispensabile intervallo. Sono ore che poco si adattano alla nostra dura vita mortale, ma possiamo considerarle come un preludio all'eterna gioia dell'immortalità.
Una variante all'ultimo verso lo trasforma in "Arrange the Heart for Heaven" ("Predispone la Terra al Cielo").


J1065 (1865) / F1117 (1865)

Let down the Bars, Oh Death -
The tired Flocks come in
Whose bleating ceases to repeat
Whose wandering is done -

Thine is the stillest night
Thine the securest Fold
Too near Thou art for seeking Thee
Too tender, to be told -

    Rimuovi le Sbarre, Oh Morte -
Le stanche Greggi entrano
Il cui belato cessa di risuonare
Il cui errare è concluso -

Tua è la notte più quieta
Tuo l'Ovile più sicuro
Troppo vicina Tu sei per cercarti
Troppo tenera, per esser detta -

Un'invocazione alla morte, affinché ci accolga nella notte più quieta, nell'ovile più sicuro, in quel mondo che speriamo diverso da quello che ci ha visti vivere; un mondo che non dobbiamo cercare, perché la brevità della vita ce lo tiene sempre vicino e di cui non possiamo parlare, perché lo immaginiamo di una tenera bellezza, lontano da ciò che siamo in grado di esprimere.
Gli ultimi due versi riassumono mirabilmente l'ambivalenza della morte: sempre accanto a noi e, nello stesso tempo, indicibilmente misteriosa.


J1066 (1865) / F892 (1865)

Fame's Boys and Girls, who never die
And are too seldom born -
    Ragazzi e Fanciulle della Fama, che non muoiono mai
E troppo raramente sono generati -

Il manoscritto è a matita, su un frammento di carta da lettere. Probabilmente un appunto su quanto sia rara la nascita di qualcuno destinato alla fama.


J1067 (1862) / F606 (1863)

Except the smaller size -
No Lives - are Round -
These - hurry to a Sphere -
And Show - and End -

The larger - slower grow -
And later - hang -
The Summers of Hesperides
Are long -

Hugest of Core
Present the awkward Rind -
Yield Groups of Ones -
No Cluster - ye shall find -

But far after Frost -
And Indian Summer Noon -
Ships - offer These -
As West-Indian -

    Eccetto le taglie più piccole -
Nessuna Vita - è Rotonda -
Queste - son subito Sfera -
E si Mostrano - e Finiscono -

Le più grandi - crescono lente -
E più tardi - pendono -
Le Estati delle Esperidi
Sono lunghe -

Le smisurate di Nocciolo
Presentano una Buccia scomoda -
Crea Gruppi di Individui -
Grappoli - non troverai -

Ma molto dopo il Gelo -
E il Meriggio dell'Estate Indiana -
Navi - Le offrono -
Dalle Indie Occidentali -

La versione riportata è quella nei fascicoli. Esistono altri due copie manoscritte di questa poesia, entrambe limitate ai primi otto versi: la prima, firmata "Emily", fu inviata a Susan (nel 1863 secondo Franklin, nel 1866 secondo Johnson); l'altra, senza divisione in strofe, inclusa in una lettera inviata a T.W. Higginson (L316), impostata il 17 marzo del 1866. I versi sono preceduti da queste parole: "I will be patient - constant, never reject your knife, and should my slowness goad you, you knew before myself that [seguono gli otto versi]" ("Sarò paziente - costante, non rifiuterò mai il suo coltello, e se la mia lentezza dovesse irritarla, lei sapeva prima di me che").
Johnson ipotizza che il biglietto inviato a Susan accompagnasse l'invio di un cesto di mele; l'ipotesi sembra verosimile, vista anche la citazione delle "Esperidi" nel settimo verso (le Esperidi erano Ninfe che custodivano l'albero dalle mele d'oro insieme a Ladone, il serpente dalle cento teste ucciso da Ercole, nella sua undicesima fatica, per impossessarsi dei preziosi frutti).

Soltanto le esistenza semplici possono ambire alla perfezione del cerchio, quelle più complesse sono sempre più variegate e irregolari. Le prime (qui è probabile il riferimento alle mele citate da Johnson) non ci mettono molto a diventare una sfera, ma durano poco, appena il tempo di farsi vedere. Le altre, quelle più grandi, più complesse e più preziose (per esempio l'essere umano o anche le mele d'oro delle Esperidi) hanno una crescita più lunga e maturano più tardi. Ma c'è un terzo tipo di esistenza, quella che ha un nocciolo, ovvero un'interiorità, smisurata, che svetta in confronto alle altre: fra queste troverai soltanto individui singoli, unici, mai un indistinto grappolo. E sono proprio queste esistenze che riescono a produrre i frutti più preziosi, quelli che dopo il gelo della morte e l'illusoria rinascita dell'estate indiana, saranno sempre goduti da chi li sa cogliere come fossero esotiche spezie delle Indie occidentali.
Una sorta di apologo sulla difficoltà della perfezione, simboleggiata dal cerchio e dalla sfera, che diventa negli ultimi versi un inno alla gloria perenne di chi sa far fiorire dentro di sé i frutti più preziosi, quelli che restano anche dopo la morte dell'albero.
È una poesia multiforme. Nella versione completa il discorso è più articolato e le due ultime strofe (omesse nelle altre) descrivono con la solita fantasia dickinsoniana coloro che svettano sugli altri e sono destinati al ricordo e alla fama. In quella inviata a Susan i versi si limitano ad accompagnare quei frutti sferici descritti all'inizio e poi impreziositi dalla citazione delle Esperidi. Nella terza il significato diventa più personale, come se ED avesse voluto dire ad Higginson: "non cercare nei miei versi le solite, veloci, mele, apparentemente perfette ma prive di anima; sappi che la mia poesia richiede tempi lunghi, come i preziosi frutti delle Esperidi, che hanno bisogno di estati più estese di quelle solite per poter maturare in tutto il loro splendore."


J1068 (1866) / F895 (1865)

Further in Summer than the Birds
Pathetic from the Grass
A minor Nation celebrates
It's unobtrusive Mass.

No Ordinance be seen
So gradual the Grace
A pensive Custom it becomes
Enlarging Loneliness.

Antiquest felt at Noon
When August burning low
Arise this spectral Canticle
Repose to typify

Remit as yet no Grace
No Furrow on the Glow
Yet a Druidic Difference
Enhances Nature now

    Più avanti in estate degli Uccelli
Patetica dall'Erba
Una Nazione minore celebra
Discretamente la sua Messa.

Nessun Rito si vede
Tanto graduale la Grazia
Che pensosa Abitudine diventa
Ampliando la Solitudine.

Più arcaica sembra a Mezzogiorno
Quando Agosto ardendo nel profondo
Fa emergere questo Cantico spettrale
Il riposo a impersonare

Ridotta non è ancora la Grazia
Nessuna Ruga sullo Splendore
Eppure una Druidica Differenza
Intensifica la Natura ora

La ricostruzione delle varie versioni di questa poesia nelle due edizioni critiche è leggermente diversa. Riporto, in quanto più completa, quella di Franklin, che ne descrive sei:

A) 1865 - inviata a Gertrude Vanderbilt. Sette strofe di quattro versi, le ultime due corrispondono alla J1775.
B) 1865 - inviata a Louise e Frances Norcross. Il manoscritto è perduto; nella lista delle poesie ricevute da ED compilata da Frances Norcross sono riportati i primi due versi con l'annotazione "Cricket".
C) 1866 - manoscritto che sembrerebbe preparato per la spedizione. Franklin ipotizza che ED abbia poi compilato di nuovo la poesia per inviarla a T.W. Higginson (vedi la successiva versione) poiché in questa aveva corretto al verso 9 "Antiquer" in "Antiquest". Quattro strofe di quattro versi, le prime due sono uguali ad A), le altre due sostituiscono le cinque successive della prima versione.
D) 1866 - Inviata a T.W. Higginson in una lettera spedita il 27 gennaio 1866 (L314). Uguale alla C), a parte la correzione al verso 9.
E) 1883 - Inviata in una lettera a Thomas Niles (L813) che inizia così: "I bring you a chill Gift - My Cricket and the Snow." ("Le offro un gelido Dono - il Mio Grillo e la Neve"). Il "Grillo" è questa poesia, l'altra è la J311-F291. Questa versione è uguale alle due precedenti (ma in due strofe di otto versi) a parte una variante al verso 15: "But" al posto di "Yet".
F) 1883 - Copia preparata per Mabel Todd e indirizzata presso Josiah Palmer, Hampton, New Hampshire, dove la Todd passò l'estate di quell'anno. L'indirizzo fu poi cancellato e Franklin ipotizza che la poesia possa essere stata consegnata dopo il ritorno di Mabel Todd ad Amherst. Uguale nel testo alla E) e nella diposizione delle strofe alla C) e D).

La versione riportata sopra è la D). Sotto la versione A), l'unica di quelle rimaste diversa dalle altre.

Further in Summer than the Birds -
Pathetic from the Grass -
A minor Nation celebrates
It's unobtrusive Mass -

No Ordinance be seen -
So gradual the Grace
A pensive Custom it becomes
Enlarging Loneliness -

'Tis Audiblest, at Dusk -
When Day's attempt is done -
And Nature nothing waits to do
But terminate in Tune -

Nor difference it knows
Of Cadence, or of Pause -
But simultaneous as Same -
The Service emphasize -

Nor know I when it cease -
At Candles, it is here -
When Sunrise is - that it is not -
Than this, I know no more -

The Earth has many keys -
Where Melody is not
Is the Unknown Peninsula -
Beauty - is Nature's Fact -

But Witness for Her Land -
And Witness for Her Sea -
The Cricket is Her utmost
Of Elegy, to Me -

    Più avanti in estate degli Uccelli -
Patetica dall'Erba -
Una Nazione minore celebra
Discretamente la sua Messa -

Nessun Rito si vede -
Tanto graduale la Grazia
Che pensosa Abitudine diventa
Ampliando la Solitudine -

È più Udibile, al Crepuscolo -
Quando lo sforzo del Giorno è concluso -
E la Natura non ha niente da fare
Se non terminare in Tono -

Né differenza conosce
Di Cadenza, o di Pausa -
Ma simultaneo quanto Uniforme -
La Cerimonia enfatizza -

Né so quando cessa -
Con le Candele, è qui -
Quando è l'Alba - non c'è più -
Questo è quanto, non so altro -

La Terra ha molte tonalità -
Dove non c'è Melodia
C'è la Sconosciuta Penisola -
La Bellezza - è Realtà di Natura -

Ma Testimone della Sua Terra -
E Testimone del Suo Mare -
Il Grillo è il Suo più alto grado
Di Elegia, per Me -

Molto interessante il confronto fra le due versioni. La prima (quella più lunga inviata alla Vanderbilt) si dilunga di più nella descrizione del canto del grillo (simbolo e presagio del prossimo svanire dell'estate), oscillando fra termini religiosi (mass, ordinance, service) e musicali (tune, cadence, pause, keys, melody) per terminare con una parola che sembra riunirli: "elegy", definita dal Webster "Un dolente o malinconico componimento poetico, o un canto funebre." Il canto del grillo diventa così da una delle tante voci del mondo (un mondo concreto che, senza musica, diventa la "sconosciuta penisola" della penultima strofa) quella che con religiosa e dolente bellezza sembra interpretare meglio il momento dello svanire, dell'abbandono.
Nella versione successiva la descrizione si fa più asciutta. Alle prime due strofe (uguali nelle due versioni), dove il rito discreto e invisibile di quella "nazione minore" diventa abitudine all'orecchio, una grazia che esalta la solitaria riflessione interiore, seguono versi che cercano di descrivere in profondità questo interrogarsi sulla fine di qualcosa che appare, ancora per poco, vivo ai nostri occhi. Prima con "antiquest" (nella prima stesura "antiquer", poi corretto in "antiquest"come se ED volesse accentuare ancora di più il concetto - per questo ho tradotto con "più arcaica") che situa in una regione senza tempo e senza moto ("repose to typify") questo "cantico spettrale" emergente dalle profondità del torrido agosto e poi con quella "druidica differenza" (ancora un richiamo ad un passato lontano e misterioso che diventa simbolo di un presente inafferrabile) che sembra aprirsi la strada in un luogo e in un tempo dove lo splendore non conosce ancora la ruga che annuncia il declino, e la grazia (qui sinonimo di bellezza ancora giovane) non ha subito l'ingiuria del tempo.
In conclusione, le due versioni si completano a vicenda e la maggiore concretezza dell'una si sposa felicemente con la rarefazione dell'altra.


J1069 (1866) / F1125 (1866)

Paradise is of the Option -
Whosoever will
Own in Eden notwithstanding
Adam, and Repeal -
    Il Paradiso fa parte dell'Opzione -
Chiunque lo voglia
Appartiene all'Eden nonostante
Adamo, e la Cacciata -

A conclusione di una una lettera a Higginson del 9 giugno 1866 (L319 - la trascrizione di Johnson è in forma di prosa), preceduta da: "You mention Immortality. / That is the Flood subject. I was told that the Bank was the safest place for a Finless mind. I explore but little since my mute Confederate, yet the 'infinite Beauty' - of which you speak comes too near to seek. / To escape enchantment, one must always flee." ("Lei menziona l'Immortalità. / È un argomento Fiume, quello. Mi è stato detto che la Riva era il posto più sicuro per una mente senza Pinne. Esploro molto poco da quando il mio Confederato è muto, pure "l'infinita Bellezza" - di cui lei parla giunge troppo vicina per cercarla. / Per sfuggire l'incantesimo, si deve sempre fuggire.").
In un'altra copia, rimasta tra le carte di ED, al verso 3 c'era "Dwell" (Dimora [nell'Eden]) al posto di "Own", poi inserito come variante e sottolineato. Nella copia inviata a Higginson la virgola dopo "Adam" è aggiunta a matita.

Una descrizione molto distaccata del Paradiso, quasi fosse una delle tante opzioni che abbiamo a disposizione. Dalle parole che precedono la poesia si capisce che ED sta parlando da una parte di immortalità (il Paradiso, l'Eden) e dall'altra della necessità di concretizzare almeno un po' nella nostra vita mortale questo argomento, che ci sommerge col suo mistero. Nello stesso tempo l'incantesimo dell'infinita bellezza sembra essere da una parte vicino, tanto da renderne inutile la ricerca, dall'altra un evanescente incantesimo che cerca di irretirci e dal quale dobbiamo cercare di fuggire. La nonchalance con cui ED parla del Paradiso (con quell'"opzione" al primo verso che lo rende così concreto e terreno) sembra proprio un tentativo di sfuggire l'incantesimo, facendolo diventare una delle tante possibilità che abbiamo a disposizione.
Nella lettera, con "mute Confederate" ED si riferisce al suo cane, Carlo, che era morto da poco. In una lettera di gennaio dello stesso anno (L314) ED ne aveva dato notizia ad Higginson e in questa, evidentemente riferendosi ad una sua risposta, scrive "Grazie, ho nostalgia di Carlo."


J1070 (1865) / F991 (1865)

To undertake is to achieve
Be Undertaking blent
With fortitude of obstacle
And toward Encouragement

That fine Suspicion Natures must
Permitted to revere
Departed Standards and the few
Criterion Natures - here

    Intraprendere è ottenere
Sia l'Impresa unita
Alla fermezza davanti all'ostacolo
E verso l'Incitamento

Quel sottile Sospetto alle Nature deve
Permettere di riverire
I Modelli passati e i pochi
Elementi del Criterio - qui

Tre copie: una nei fascicoli (il testo riportato sopra), una rimasta tra le carte di ED e una acclusa a una lettera a Higginson del 9 giugno 1866 (L319). In queste ultime due "Criterion Natures" nell'ultimo verso è sostituito da "Criterion sources" ("Fonti del Criterio") e in quella a Higginson c'è una virgola dopo "Suspicion" al quarto verso.

L'inizio è ovvio, sembra una parafrasi di "volere è potere"; l'impresa dev'essere compiuta con fermo coraggio di fronte agli ostacoli e, soprattutto, ci deve suggerire che il dubbio connaturato alla nostra natura non deve impedirci di riverire e onorare i modelli passati (qui presumo che ED si riferisca alla religione, intesa come eredità che ci viene dai nostri padri) e, nello stesso tempo, quei pochi, più concreti modelli che sperimentiamo qui, ovvero nella nostra vita mortale.
Si può dire che in questa poesia ED cerchi di trovare un punto unificante, che permetta di far convivere il dubbio connaturato in noi, la fede in un aldilà così insistentemente cercato nella storia dell'uomo e, infine, il rispetto per quello che ci è concesso dalla nostra vita mortale. Nello stesso tempo, l'utilizzo di due termini come "standard" e "criterion" associati al Cielo (se accettiamo i "modelli passati" come immagine della religione) e alla Terra ("here") e di "fine" riferito a "suspicion" fa pensare a una non equivoca scala di valori, che mette comunque al primo posto il dubbio.
All'ultimo verso ho tradotto "Natures" con "Elementi" pensando anche alla variante "sources" delle altre due versioni.


J1071 (1866) / F1103 (1865)

Perception of an Object costs
Precise the Object's loss -
Perception in itself a Gain
Replying to it's price -

The Object absolute, is nought -
Perception sets it fair
And then upbraids a Perfectness
That situates so far -

    La percezione di un Oggetto costa
Esattamente la perdita dell'Oggetto -
La percezione in sé un Guadagno
Corrispondente al suo prezzo -

L'Oggetto assoluto, è nullità -
La percezione lo rende bello
E poi biasima una Perfezione
Che situa così lontano -

La versione riportata sopra è nei fascicoli. Un'altra copia, identica a parte la mancanza di suddivisione in strofe, fu invitata a Susan. Nella copia dei fascicoli sono indicate due varianti: al verso 2 "more oft -" ("più spesso -") al posto di "Precise" e l'ultimo verso riscritto così: "that 'tis so Heavenly far -" ("che è così Celestialmente lontana -").

Errante (1956) scrive: "Emily ha letto Kant? parrebbe di sì: lo si studiava a quei tempi nelle scuole di Amherst." Effettivamente l'oggetto in sé e l'esistenza attraverso la percezione sono concetti che hanno un profumo kantiano. La prima strofa è divisa in due distici speculari che sembrano annullarsi a vicenda, visto che la percezione di un oggetto comporta la perdita della sua purezza concettuale, compensata da un guadagno esattamente equivalente, che corrisponde alla conoscenza razionale. Nella seconda il ragionamento è simile: la "bellezza" della percezione consapevole, che dona concretezza alla "nullità" di un oggetto ideale, è a sua volta compensata, stavolta in negativo, dall'anelito naturale ad una irraggiungibile perfezione, che ci sembra di poter cogliere soltanto in un oggetto ideale, non toccato dalla caducità della concretezza.
Se consideriamo le ultime parole di ogni strofa: "costs, loss, gain, price" per la prima e "nought, fair, perfectness, far" per la seconda, vediamo che in una c'è una contabilità quasi ragionieristica, mentre nell'altra il dare e l'avere tendono all'astrattezza. Fatto poi il conto delle perdite e dei profitti delle due strofe, arriviamo da una parte ad un concreto bilancio in pareggio e dall'altra a ciò che ED chiamerebbe "circonferenza": una figura geometrica perfetta (perché chiusa in se stessa e senza contaminazioni) ma in un certo senso nulla, perché non porta da nessuna parte.


J1072 (1862) / F194 (1861)

Title divine - is mine!
The Wife - without the Sign!
Acute Degree - conferred on me -
Empress of Calvary!
Royal - all but the Crown!
Betrothed - without the swoon
God sends us Women -
When you - hold - Garnet to Garnet -
Gold - to Gold -
Born - Bridalled - Shrouded -
In a Day -
"My Husband" - women say -
Stroking the Melody -
Is this - the way?
    Titolo divino - è il mio!
La Moglie - senza il Segno!
Acuto Grado - conferito a me -
Imperatrice del Calvario!
Regale - tutta eccetto la Corona!
Promessa - senza il venir meno
Che Dio trasmette a noi Donne -
Quando voi - trattenete - Granato al Granato -
Oro - all'Oro -
Nata - Sposata - Sepolta -
In un Giorno -
"Mio Marito" - dicono le donne -
Carezzando la Melodia -
È questa - la via?

Inviata a Samuel Bowles (L250), senza firma e indirizzo, con un breve messaggio conclusivo: "Here's - what I had to 'tell you' - You will tell no other? Honor - is it's own pawn -" ("Ecco - cosa dovevo 'dirle' - Non lo dirà a nessuno? L'Onore - è pegno di se stesso -").
Esiste un altro manoscritto, firmato "Emily" e inviato a Susan nel 1865, con una modifica al settimo verso: "gives" al posto di "sends", e un verso aggiunto dopo l'undicesimo: "Tri Victory" ("Triplice Vittoria").

L'amara e orgogliosa rivendicazione di uno stato che ha escluso il "segno" tangibile e legale di un'unione concreta, lasciando un "titolo divino"a colei che non può dire "mio marito" ma può proclamarsi imperatrice del Calvario e regina senza corona. Nei primi versi prevale l'orgoglio di sentirsi diversa, al di sopra di quel semplice "segno" contrapposto a quel grado acuto, intenso e ben più profondo dato dalla rinuncia. In quelli centrali questo stato, insieme divino e doloroso, diventa più sfumato, quando queste nozze senza la concretezza dell'unione (Garnet to Garnet / Gold to Gold) e quel venir meno che Dio ha riservato alle donne ("swoon" significa letteralmente "svenimento"; qui può essere interpretato sia come rinuncia di sé a favore dell'autorità maschile, sia come risposta femminile ad un sentimento forte) sono fulmineamente definite al decimo e undicesimo verso, con quelle tre parole secche e immediate che riassumono una vita in un giorno (e che nella copia inviata a Susan diventano una "triplice vittoria"), come a fissare in un eterno istante un'unione mistica e spirituale che non potrà mai concretizzarsi nel tempo mortale . Gli ultimi tre versi sono tipici della poesia dickinsoniana: un appellativo colloquiale e familiare che diventa una melodia da carezzare teneramente, e poi quella domanda finale, che sembra lasciare in sospeso una risposta impossibile.
Non mi è chiaro se lo "you" del verso 8 sia riferito alle altre donne (nel verso precedente "us", che la accomuna alle donne cui è riservato quel "venir meno", poi "you", come a voler marcare la sua diversità nei confronti delle altre) o sia un "voi" rivolto agli uomini, contrapposto al "noi donne" del verso precedente, come a evidenziare gli interessi più concreti del sesso maschile.
Per il "Calvario" al verso 4 Johnson (Emily Dickinson. An Interpretive Biography, Harvard University Press, 1955) suggerisce un collegamento con il trasferimento del Reverendo Charles Wadsworth a San Francisco, nel dicembre del 1861, per diventare pastore della Chiesa del Calvario. Ipotesi verosimile, ma che non toglie o aggiunge nulla alla poesia.


J1073 (1865) / F1081 (1865)

Experiment to Me
Is every One I meet
If It contain a Kernel -
The figure of a Nut

Presents upon a Tree
Equally plausibly -
But Meat within is requisite
To Squirrels, and to Me -

    Un Esperimento per Me
È Ognuno che incontro
Ove contenga un Gheriglio -
La fisionomia di una Noce

Si presenta su un Albero
Ugualmente plausibile -
Ma la Polpa dentro è requisito
Per Scoiattoli, e per Me -

Incontrare qualcuno è sempre un'esperienza, perché dentro potrebbe avere qualcosa che vale la pena di gustare. Un qualcosa che non ha niente a che vedere con l'apparenza esteriore: una noce appare uguale, sia che abbia o no dentro di sé quella polpa che è un requisito essenziale per poter essere di qualche interesse per chiunque altro.
Ci sono tre manoscritti di questa poesia: uno inviato a Susan (senza divisione in strofe), uno nei fascicoli e uno rimasto fra le carte di ED. Ho scelto la copia dei fascicoli, uguale alle altre due nel testo, a parte piccole varianti nella punteggiatura e nell'uso delle maiuscole, ma con il trattino finale del terzo verso, che nelle altre due diventa un punto interrogativo. Il senso rimane sostanzialmente simile, ma mentre in quella nei fascicoli c'è una leggera accentuazione verso un significato più restrittivo (come se ED dicesse: "incontrare una persona è un esperimento, sempre se dentro ha qualcosa"), nelle altre due il punto interrogativo mi sembra sposti il significato più verso qualcosa del tipo: "incontrare una persona è pur sempre un esperimento, hai visto mai avesse qualcosa dentro?". Ma sono sfumature che, in fin dei conti, cambiano ben poco.


J1074 (1866) / F1124 (1866)

Count not that far that can be had
Though sunset lie between
Nor that adjacent that beside
Is further than the sun.
    Non calcolare lontano ciò che si può avere
Sebbene il tramonto si stenda nel mezzo
Né adiacente ciò che vicino
È più lontano del sole.

Due versioni, entrambe perdute. Una è stata trascritta da Susan, l'altra (quella riportata sopra) era in una lettera a Elizabeth Holland del maggio 1866 (L318), preceduta da "You refer to the unpermitted delight to be with those we love. I suppose that to be the license not granted of God." ("Ti riferisci alla gioia vietata di stare con coloro che amiamo. Immagino che sia una licenza non concessa da Dio.").

Se la leggiamo in riferimento a Wadsworth (come fa Johnson con il Calvario della J1072-F194) possiamo cogliere un accenno a qualcuno che sta in un lontano ovest, al di là del tramonto; un'ipotesi che non è in contraddizione con la frase che precede la poesia nella lettera in cui è contenuta.


J1075 (1866) / F1121 (1866)

The Sky is low - the Clouds are mean.
A Travelling Flake of Snow
Across a Barn or through a Rut
Debates if it will go -
A Narrow Wind complains all Day
How some one treated him
Nature, like Us is sometimes caught
Without her Diadem -
    Il Cielo è basso - le Nuvole sono misere.
Un Vagabondo Fiocco di Neve
In un Fienile o sul Solco di una ruota
Si chiede se andrà a finire -
Un Vento Gretto lamenta tutto il Giorno
Come qualcuno l'ha trattato
La Natura, come Noi è talvolta sorpresa
Senza Diadema -

Oltre alla versione autografa riportata sopra, c'era un'altra copia inserita in una lettera del novembre 1866 a Elizabeth Holland (L321) ora perduta. Nella lettera i versi sono preceduti da "Today is very homely and awkward as the homely are who have not mental beauty." ("Oggi è una giornata goffa e insignificante come insignificanti sono quelli che non hanno bellezza interiore.").

Non siamo soltanto noi ad attraversare giornate no, quando tutto sembra insignificante e niente ci appare gradevole; anche la natura ha di questi momenti, che ED descrive con immagini naturali ma attribuibili senza difficoltà anche a momenti umani: le nuvole misere, il fiocco di neve che non sa bene dove andrà a finire, il vento gretto e, alla fine, quel farsi sorprendere "senza diadema", ovvero senza la preziosa luce del sole per la natura, o senza l'altrettanto preziosa capacità di godere le gioie della vita per noi; ma anche, in un senso più concreto e che vale sia per la natura che per noi, in un momento di sciatta e svogliata apparenza.
La frase che precede la poesia nella lettera a Elizabeth Holland sembra una descrizione dei versi che seguono.


J1076 (1862) / F478 (1862)

Just Once! Oh Least Request!
Could Adamant - refuse?
So small - a Grace - so scanty - put -
So agonized Urged?

Would not a God of Flint -
Be conscious of a sigh -
As down his Heaven - echoed faint -
"Just Once"! Sweet Deity!

    Solo Una Volta! Oh Minima Richiesta!
Potrebbe il Diamante - rifiutare?
Una così piccola - Grazia - di così esiguo - peso -
Come in delirio Sollecitata?

Non potrebbe un Dio di Pietra
Essere sensibile a un sospiro -
Che sotto il suo Cielo - echeggiasse debolmente -
"Solo Una Volta!" Dolce Deità!

La versione riportata è quella dei fascicoli. Ci sono poi altri due manoscritti: uno inviato a Samuel Bowles nel 1863 e uno rimasto nelle carte di ED, scritto presumibilmente nel 1866 (quest'ultimo senza divisione in strofe). In entrambi è eliminato il punto interrogativo alla fine del secondo verso, il terzo è diviso in due (So small a Grace / So scanty put), alla fine dell'ultimo il punto esclamativo è sostituito dall'interrogativo e vengono accolte le due varianti segnate nei fascicoli: il verso 4 diventa "Such agonizing terms?" ("Con tali agonizzanti parole?") e al verso 7 "dropt remote"("mormorasse remoto") sostituisce "echoed faint".

La struggente invocazione a un Dio duro e inflessibile come il diamante, che sembra non udire quell'esigua richiesta di grazia e quel fievole sospiro che sale dal basso. È una poesia che punta a immagini fortemente contrapposte: la "minima richiesta" contro il diamante, la grazia piccola, esigua, sollecitata come in un delirio, il "Dio di pietra" che sembra non essere scalfito da quel sospiro che echeggia debolmente.
All'ultimo verso c'è quel "dolce deità" che potrebbe suggerire sia un'ultima invocazione, come a cercare un Dio diverso da quello descritto nei versi precedenti, sia una identificazione con qualcuno di più terreno, ovvero con colui che dall'alto della sua rispettabile moralità respinge la richiesta di chi gli chiede amore, almeno per una volta.
Ho tradotto liberamente (con "peso") il "put" del verso 3 per non allungare eccessivamente il verso. La traduzione letterale (per quanto si possa essere "letterali" con un verbo come "put") dovrebbe essere: "Una così piccola - Grazia - così esiguamente - espressa".


J1077 (1866) / F1106 (1865)

These are the Signs to Nature's Inns -
Her invitation broad
To Whosoever famishing
To taste her mystic Bread -

These are the rites of Nature's House -
The Hospitality
That opens with an equal width
To Beggar and to Bee

For Sureties of her staunch Estate
Her undecaying Cheer
The Purple in the East is set
And in the North, the Star -

    Questi sono i Segnali per le Locande della Natura -
Il suo aperto invito
A Chiunque sia affamato
A gustare il suo mistico Pane -

Questi sono i riti della Casa della Natura -
L'Ospitalità
Che apre con uguale ampiezza
Al Mendicante e all'Ape

Come Garanti dei suoi solidi Beni
Delle sue immarcescibili Vivande
Il Porpora a Oriente è posto
E a Settentrione, la Stella -

La natura è la locanda che ospita tutti, senza distinzioni, profondendo a piene mani il cibo e la bellezza a chi è affamato dell'uno e dell'altra. I suoi beni sono solidi e duraturi, le vivande con cui imbandisce la nostra tavola non conoscono decadimento, perché sempre rinnovate, e due sono i guardiani che garantiscono per lei: il sole che sorge ad oriente e illumina di purpurea bellezza il giorno, e la stella del nord, che impedisce alla notte di sprofondare nel buio.
Al verso 10 il termine "cheer" ha diversi significati. Il principale è "gioia, gaiezza, baldoria" ma significa anche "ospitalità, provviste per una festa". Ho preferito tradurre con quest'ultimo significato perché l'ho collegato ai riferimenti al cibo della prima strofa (famishing, bread) e soprattutto alla parola che lo precede: "undecaying" (che non decade, non marcisce).


J1078 (1866) / F1108 (1865)

The Bustle in a House
The Morning after Death
Is solemnest of industries
Enacted upon Earth -

The Sweeping up the Heart
And putting Love away
We shall not want to use again
Until Eternity -

    Il Trambusto in una Casa
Il Mattino dopo una Morte
È la più solenne delle faccende
Compiute sulla Terra -

Spazzolare il Cuore
E mettere da parte l'Amore
Non avremo più bisogno di usarlo
Fino all'Eternità -

La morte di chi amiamo ci costringe a compiere le faccende più solenni che esistono: spazzolare il cuore ferito e mettere via quell'amore che non ci servirà più, almeno fino a quando anche noi non ci avvieremo verso l'eternità.
Un altro degli accostamenti che fanno riconoscere i versi di ED come fossero le pennellate tipiche di un pittore: la morte e le faccende domestiche, applicate stavolta al cuore e all'amore, come se i gesti familiari, di tutti i giorni, dovessero rendere più vicina e comprensibile quella morte che accompagna i nostri giorni ma che continuiamo a sentire così estranea. Molto suggestiva l'immagine di quell'amore messo da parte, come fosse un oggetto di cui ormai non avremo più bisogno, visto che se n'è andata la persona che ne giustificava l'uso.


J1079 (1866) / F1109 (1865)

The Sun went down - no Man looked on -
The Earth and I, alone,
Were present at the Majesty -
He triumphed, and went on -

The Sun went up - no Man looked on -
The Earth and I and One
A nameless Bird - a Stranger
Were Witness for the Crown -

    Il Sole tramontò - Nessuno lo guardava -
La Terra ed io, da sole,
Eravamo presenti alla Maestà -
Egli trionfò, e continuò -

Il Sole risorse - Nessuno lo guardava -
La Terra ed io e Un solo
Un ignoto Uccello - uno Straniero
Fummo Testimoni dell'Incoronazione -

Un avvenimento quotidiano diventa abitudine; sono pochi coloro che sanno guardarlo cogliendone ogni volta la maestosa e regale bellezza. L'immagine usata è quella del tramonto e del risorgere del sole, una di quelle che più accendono la fantasia di ED, ma il respiro di questa poesia è più ampio e sembra racchiudere tutti i fenomeni naturali che guardiamo distrattamente, come tutte le cose quotidiane che diventano man mano un'abitudine e perdono così il loro valore.
L'uccello del penultimo verso diventa metafora del saper guardare con occhi sempre nuovi, da "straniero", alla vita e della capacità di cogliere la bellezza anche in ciò che succede tutti i giorni, proprio quello che molte volte fa un poeta, colui che "Distills amazing sense / From Ordinary Meanings -".


J1080 (1866) / F1042 (1865)

When they come back - if Blossoms do -
I always feel a doubt
If Blossoms can be born again
When once the Art is out -

When they begin, if Robins may,
I always had a fear
I did not tell, it was their last Experiment
Last Year,

When it is May, if May return,
Had nobody a pang
Lest in a Face so beautiful
He might not look again?

If I am there - One does not know
What Party - One may be
Tomorrow, but if I am there
I take back all I say -

    Quando tornano - se i Fiori tornano -
Sempre mi domando
Se i Fiori possano nascere ancora
Una volta che l'Arte sia estinta -

Quando ricominciano, se i Pettirossi possono,
Sempre ho la paura
Indicibile, che il loro ultimo Esperimento sia stato
L'Anno passato,

Quando è Maggio, se Maggio ritorna,
Avrà qualcuno una fitta
Per paura che un Volto così bello
Non possa guardare ancora?

Se sarò là - non si può sapere
In quale Compagnia - si possa essere
Domani, ma se sarò là
Ritiro tutto ciò che ho detto -

L'incertezza del domani descritta come paura sia di non sapere se ciò che amiamo potrà tornare, sia di non essere là quando il ritorno avverrà. Il quarto verso, e la seconda strofa, suggeriscono che ED stia parlando della poesia, di quell'arte che vive insieme al continuo rifiorire della natura e che probabilmente morirà insieme ad essa, di quel canto che si teme di aver ascoltato per l'ultima volta l'anno passato, come un timore di veder inaridire l'ispirazione poetica. Poi c'è come una virata verso la paura di non esserci, quando tornerà la bellezza di quel maggio simbolo della rinascita. Infine, nell'ultima strofa, l'incertezza diventa concreta - nessuno può sapere se domani ci sarà e in quale compagnia sarà compreso (se in quella dei vivi o dei morti) - per poi chiudere con una sorta di sberleffo che sembra rovesciare quella che potremmo chiamare la nostalgia del futuro: fin quando riuscirò a vedere il rifiorire della natura, a sentire il canto del pettirosso, a godere del ritorno della primavera, fate finta di non aver sentito tutto ciò che ho detto.
Alcuni versi suggeriscono il prevalere della prima ipotesi (il disseccarsi dell'ispirazione poetica), altri della seconda (la paura di morire). Se poi si legge la poesia con attenzione, si vede come entrambe le interpretazioni possano essere plausibili.
Per la prima: quando compongo una poesia ho sempre paura che la mia ispirazione possa finire; quando torno a comporre temo sempre di non riuscire a ripetere il melodioso canto di quella che l'ha preceduta; se avverto che l'ispirazione è tornata, mi viene il dubbio che comunque non riuscirò a ripetere il miracolo; ma poi, alla fine, finché continuerò a scrivere, quello che ho detto lascia il tempo che trova.
Per la seconda: quando vedo sbocciare nuovamente i fiori, mi chiedo sempre se vedrò un'altra fioritura o se invece l'arte di vivere sarà per me ormai estinta; quando si ricomincia a sentire il canto del pettirosso ho paura di non riuscire a seguire fino alla fine quel suo esperimento canoro che aveva accompagnato l'anno appena trascorso; quando torna la primavera, la sua bellezza è offuscata dal timore di non vederne più un'altra; ma poi, alla fine, mi dico che finché ci sarò, a godere di queste bellezze, non vale la pena di pensare troppo a quando invece ne sarò privata.
Insomma, come sempre, il lettore potrà scegliere la prima interpretazione, la seconda, entrambe, o una qualsiasi altra.


J1081 (1866) / F1043 (1865)

Superiority to Fate
Is difficult to gain
'Tis not conferred of Any
But possible to earn

A pittance at a time
Until to Her surprise
The Soul with strict economy
Subsist till Paradise.

    La superiorità sul Fato
È difficile da raggiungere
Non è conferita da Nessuno
Ma è possibile ottenerla

Una briciola alla volta
Finché con Sua sorpresa
L'Anima in stretta economia
Sopravvive fino al Paradiso.

Il Paradiso non si ottiene per diritto naturale o per l'intervento di qualcuno, è l'anima che deve guadagnarselo vivendo giorno per giorno la vita quotidiana e risparmiano ogni briciola di ciò che le viene offerto. Se riesce a risparmiare abbastanza riuscirà ad arrivare indenne a quel traguardo, sorpresa di avercela fatta.


J1082 (1866) / F1044 (1865)

Revolution is the Pod
Systems rattle from
When the Winds of Will are stirred
Excellent is Bloom

But except it's Russet Base
Every Summer be
The Entomber of itself,
So of Liberty -

Left inactive on the Stalk
All it's Purple fled
Revolution shakes it for
Test if it be dead -

    La Rivoluzione è il Baccello
Da cui i Sistemi erompono
Quando i Venti della Volontà si agitano
Eccellente è il Fiore

Ma salvo la sua Rozza Base
Ogni Estate diventa
Il Seppellitore di se stesso,
Così per la Libertà -

Lasciata inattiva sullo Stelo
Tutta la sua Porpora svanita
La Rivoluzione la scuote per
Testare se sia morta -

Il fiore, come la libertà, trae la sua bellezza e la sua vitalità dal cambiamento, da quella rivoluzione ciclica della volontà che fa erompere il nuovo, così come fa il baccello quando è agitato dai venti. Per questo il fiore accetta di diventare il seppellitore di se stesso, perché sa che soltanto così riuscirà a rigenerarsi e rinascere. E così succede con la libertà, che resta a volte inerte, svuotata della sua purpurea bellezza, finché una rivoluzione la scuote e la fa rinascere dal suo torpore che a volte sembra mortale.
Bacigalupo afferma che "E.D. si riconosce nel carattere innovatore della società americana, nata appunto da una rivoluzione."
Il soggetto dell'ultima strofa è ambiguo: può essere il fiore (come nelle traduzioni di Raffo nei Meridiani: "Abbandonato inerte sullo stelo"" e di Binni: "lasciato inattivo sullo stelo") o la libertà (Bacigalupo: "lasciata inattiva sullo stelo"). Ho preferito la seconda interpretazione perché mi sembra che l'ultimo verso della strofa precedente sia una sorta di preludio all'ultima, nella quale si scioglie la metafora del fiore, che diventa, appunto, la libertà.


J1083 (1866) / F1045 (1865)

We learn in the Retreating
How vast an one
Was recently among us -
A Perished Sun

Endear in the departure
How doubly more
Than all the Golden presence
It was - before -

    Impariamo nella Scomparsa
La grandezza di qualcuno
Che era di recente fra noi -
Un Sole Estinto

Ci è caro nella partenza
Due volte di più
Di tutta la Dorata presenza
Che c'era - prima -

Una riflessione su quanto spesso la grandezza di qualcuno ci appaia chiara ed evidente soltanto quando lo perdiamo, così come apprezziamo di più il sole, o la bella stagione, quando sono ormai passati e ne aspettiamo con ansia il ritorno.


J1084 (1866) / F1099 (1865)

At Half past Three, a single Bird
Unto a silent Sky
Propounded but a single term
Of cautious melody -

At Half past Four, Experiment
Had subjugated test
And lo, Her silver Principle
Supplanted all the rest -

At Half past Seven, Element
Nor Implement, be seen -
And Place was where the Presence was
Circumference between -

    Alle Tre e Mezza, un unico Uccello
A un silenzioso Cielo
Propose soltanto un unico accento
Di cauta melodia -

Alle Quattro e Mezza, l'Esperimento
Aveva soggiogato la prova
Ed ecco, il Suo argenteo Principio
Soppiantò tutto il resto -

Alle Sette e Mezza, né Elemento
Né Strumento, erano in vista -
E Spazio fu dove la Presenza era
Circonferenza nel mezzo -

Tre copie praticamente identiche. Una inviata a Josiah Holland, una trascitta nei fascicoli (quella riportata sopra) e una rimasta fra le carte di ED.

Nel cuore della notte un uccello solitario accenna cautamente il suo canto nel cielo silenzioso; dopo un'ora il canto si dispiega vittorioso mettendo in ombra quella timida prova iniziale, ma subito dopo ecco che l'alba, l'argenteo seme che si appresta a far nascere la luce, diventa padrona della natura, soppiantando tutto il resto; a giorno fatto né l'uccello né l'alba sono più visibili, lo spazio illuminato diventa protagonista rispetto alle insignificanti presenze che lo popolano, e fra queste due entità regna il mistero della circonferenza, impalpabile e invisibile cerchio che racchiude senza inizio né fine.
La poesia è concretamente scandita dalle ore poste all'inizio alle tre strofe ma, nello stesso tempo, la descrizione della notte che diventa giorno si fa via via più astratta: dall'uccello che inizia a cantare, all'alba descritta come un germe primordiale che sparge il suo seme dappertutto, alla "circonferenza" dell'ultimo verso, estremo simbolo metafisico di uno spazio chiuso e insieme misterioso e infinito.


J1085 (1866) / F1101 (1865)

If Nature smiles - the Mother must
I'm sure, at many a whim
Of Her eccentric Family -
Is She so much to blame?
    Se la Natura sorride - dovere di Madre
Ne sono certa, di fronte ai tanti capricci
Della Sua eccentrica famiglia -
È così tanto da biasimare?

Il contrario della natura matrigna, qui madre comprensiva che sorride davanti ai molti capricci della sua variegata ed eccentrica famiglia.
La retorica domanda finale afferma la forza del sorriso rispetto ad un'educazione convenzionale che privilegia l'arcigno rimprovero.


J1086 (1866) / F1046 (1865)

What Twigs We held by -
Oh the View
When Life's swift River striven through
We pause before a further plunge
To take Momentum -
As the Fringe

Upon a former Garment shows
The Garment cast,
Our Props disclose
So scant, so eminently small
Of Might to help, so pitiful
To sink, if We had labored, fond
The diligence were not more blind

How scant, by everlasting Light
The Discs that satisfied our Sight -
How dimmer than a Saturn's Bar
The Things esteemed, for Things that are!

    Quanti Ramoscelli trattenemmo -
Oh che Vista
Quando lottato contro il rapido Fiume della Vita
Ci fermiamo prima di un nuovo tuffo
Per prendere lo Slancio -
Come l'Orlo sfrangiato

In un vecchio Vestito indica
Il Vestito smesso,
I nostri Sostegni si rivelano
Così inadeguati, così eminentemente privi
Della Forza di soccorrere, così miseri
Da sprofondare, se avessimo provato, illusi
Che la diligenza non fosse più cieca

Tanto inadeguati, nella Luce perenne
I Dischi che soddisfano il nostro Sguardo -
Tanto più fioca di una Barra di Saturno
La stima delle Cose, rispetto alle Cose reali!

I sostegni che pensiamo di avere in pugno dopo aver attraversato le tumultuose vie della vita si rivelano, nel momento in cui ci servono, soltanto dei fragili ramoscelli, inservibili come un vestito ormai vecchio e messo da parte. Ciò che appare così saldo e ci sembra appagare il nostro desiderio di sicurezza si rivela ben poca cosa di fronte alla realtà della nostra pochezza, come se paragonassimo le fioche stelle del cielo alla perenne luce divina.
I versi sono frammentati ed è necessario un lavoro di ricucitura per rimetterli insieme. Il primo si ricollega al nono (i ramoscelli che si rivelano sostegni così scarsi) dopo due digressioni: la prima che descrive il momento in cui ci rendiamo conto di essere praticamente indifesi, ovvero quando, fermandoci per riprendere lo slancio, abbiamo bisogno di quei sostegni che credevamo saldi; la seconda con la similitudine del vestito smesso e ormai inservibile, che prepara la descrizione dell'amara disillusione, quando ci rendiamo conto che, se dovessimo usarli, quei fragili ramoscelli sprofonderebbero senza darci alcun aiuto e farebbero cadere l'illusione che la diligenza con cui li abbiamo raccolti e conservati ci abbia messo al sicuro di fronte al buio del futuro. L'ultima strofa è l'amara constatazione di quanto possa essere fallace e insignificante il nostro metro di giudizio, di fronte alla realtà delle cose e alla misteriosa grandezza del mistero.


J1087 (1866) / F1047 (1865)

We miss a Kinsman more
When warranted to see
Than when withheld of Oceans
From possibility

A Furlong than a League
Inflicts a pricklier pain,
Till We, who smiled at Pyrrhenees -
Of Parishes, complain.

    Un Congiunto ci manca di più
Quando è concesso di vederlo
Che quando da Oceani è negato
Alla possibilità

Un Metro rispetto a un Miglio
Infligge una pena più pungente,
Fin quando Noi, che sorridemmo ai Pirenei -
Dei Parrocchiami, ci lamentiamo.

La vicinanza non è sempre positiva. Talvolta anzi c'è qualcuno che ci manca di più quando lo vediamo tutti i giorni (forse perché ci manca l'idea che amavamo farcene), di quanto ci mancherebbe se questa possibilità fosse negata da oceani di distanza. Ma questo perlopiù succede perché è nostra abitudine guardare con occhi benevoli alle cose lontane e lamentarci continuamente di ciò che ci circonda.
Al verso 5 "furlong" è un'unità di misura pari a un ottavo di miglio, mentre "league" corrisponde a tre miglia. Un furlong è perciò ventiquattro volte più corto di una lega. Non ho trovato un corrispondente italiano di questa differenza di lunghezza e così ho usato "metro" e "miglio", che peraltro contengono un'assonanza simile a "furlong-league". La differenza diventa molto più alta (un miglio sono più di 1600 metri) ma credo che la cosa sia ininfluente.


J1088 (1866) / F1048 (1865)

Ended, ere it begun -
The Title was scarcely told
When the Preface perished from Consciousness
The Story, unrevealed -

Had it been mine, to print!
Had it been your's, to read!
That it was not our privilege
The interdict of God -

    Finì, prima d'iniziare -
Il Titolo era a malapena detto
Che la Prefazione svanì dalla Consapevolezza
La Trama, non rivelata.

Fosse toccato a me, pubblicare!
Fosse toccato a te, leggere!
Che ciò non fosse nostro privilegio
Interdizione di Dio -

Il rammarico per una storia (d'amore?) finita prima di cominciare, con la rassegnata, e amara, constatazione finale.
Nei primi due versi della seconda strofa ho usato i pronomi personali e non i possessivi per mantenere l'indeterminatezza del genere. La figlia Martha Dickinson Bianchi, nella sua edizione del 1932 delle poesie della zia, afferma che i versi furono inviati alla madre, perciò lo "yours" al verso 8 potrebbe essere riferito alla stessa Susan, ma anche a una persona nota a entrambe.


J1089 (1866) / F1049 (1865)

Myself can read the Telegrams
A Letter chief to me
The Stock's advance and Retrograde
And what the Markets say

The Weather - how the Rains
In Counties have begun.
'Tis News as null as nothing,
But sweeter so, than none.

    Posso leggere i Telegrammi
Una Lettera cara per me
L'avanzare e il Retrocedere della Borsa
E cosa dice il Mercato

Il Tempo - come le Piogge
Siano cominciate nelle Contee.
Sono Notizie nulle come il niente,
Ma più dolce così, di nessuna.

Le cose di tutti i giorni, quasi sempre poco significative, riempiono comunque le nostre giornate. Anche se sono irrilevanti, saperle, riceverne notizia, è senz'altro meglio del nulla.
Potrebbe sembrare quasi una smentita dei primi versi della J405-F535 (It might be lonelier / Without the Loneliness -), ma in quella la solitudine assume un aspetto molto più profondo e intimo, mentre in questa la descrizione è molto più "leggera", anche se di una leggerezza temperata da quella triplice quasi ripetizione negli ultimi due versi (null, nothing, none), che trasmette una sorta di "horror vacui".


J1090 (1866) / F1050 (1865)

I am afraid to own a Body -
I am afraid to own a Soul -
Profound - precarious Property -
Possession, not optional -

Double Estate, entailed at pleasure
Upon an unsuspecting Heir -
Duke in a moment of Deathlessness
And God, for a Frontier.

    Ho paura di possedere un Corpo -
Ho paura di possedere un'Anima -
Profonda - precaria Proprietà -
Possesso, senza scelta -

Doppio Patrimonio, intestato a piacere
A un Erede che non fa domande -
Duca in un attimo d'Immortalità
E Dio, per Frontiera.

Nessuna scelta è concessa quando a ciascuno di noi viene assegnato un corpo e un'anima. Diventano nostre proprietà come se fossero un'eredità lasciata a qualcuno che non fa, e non potrebbe fare, domande sulla natura di ciò che riceve. È una sorta di investitura, che ci dà la signoria di un attimo, in cui assaporiamo il sapore dell'immortalità per poi trovarci subito ai confini ultimi delle nostre proprietà, una frontiera che ha dall'altra parte il mistero di Dio.


J1091 (1866) / F1051 (1865)

The Well upon the Brook
Were foolish to depend -
Let Brooks - renew of Brooks -
But Wells - of failless Ground!
    Il Pozzo dal Ruscello
Sarebbe sciocco a dipendere -
I Ruscelli - si rinnovino dai Ruscelli -
Ma i Pozzi - dall'infallibile Terra!

Molte volte ci proviamo, ma quasi mai riusciamo a sovvertire le leggi della natura. Potrebbe essere considerato un profetico manifesto ecologico, ma anche un invito a godere dell'infallibile corso naturale delle cose.


J1092 (1866) / F1052 (1865)

It was not Saint - it was too large -
Nor Snow - it was too small -
It only held itself aloof
Like something spiritual -
    Non era un Santo - era troppo grande -
Né Neve - era troppo piccolo -
Si teneva soltanto in disparte
Come qualcosa di spirituale -

Un indovinello difficile da sciogliere. Due ipotesi fra le tante possibili.
La consapevolezza: grande, perché include tutto ciò che conosciamo e capiamo; piccola, perché è immateriale e non occupa nessuno spazio visibile; in disparte, perché ci appartiene ma nello stesso è inconoscibile, misteriosa e lontana; spirituale, per la sua natura immateriale.
Il tempo: grande, perché infinito, senza confini; piccolo, perché comunque misurabile e scandibile; in disparte, perché indipendente dagli accadimenti umani; spirituale, anch'esso per la sua natura immateriale.


J1093 (1866) / F1053 (1865)

Because 'twas Riches I could own,
Myself had earned it - Me,
I knew the Dollars by their names -
It feels like Poverty

An Earldom out of sight, to hold,
An Income in the Air,
Possession - has a sweeter chink
Unto a Miser's Ear -

    Poiché era Ricchezza che potevo avere,
L'avevo ottenuta - Io,
Che conoscevo i Dollari come un nome -
È considerata Povertà

Possedere una Contea che non si vede,
Un Reddito nell'Aria,
La Proprietà - ha un tintinnio più dolce
Per l'Orecchio di un Avaro -

Una sola ricchezza potevo avere, estranea al denaro e ai beni materiali, e l'ho avuta. È una ricchezza che non si vede, che fluttua immateriale nell'aria che respiriamo, perciò appare agli altri uguale alla povertà, visto che l'unico tintinnio che suona dolce all'orecchio di un avaro è quello concreto e tangibile di una proprietà che si vede e si può misurare.
Ancora versi sulla poesia, quella ricchezza impalpabile e immateriale che ED rivendica con forza come sua nei primi due versi e che pone nettamente al di sopra di quella misurabile in denaro, la sola che risveglia l'attenzione di un "miser" (avaro, ma anche sordido, avido).


J1094 (1866) / F1054 (1865)

Themself are all I have -
Myself a freckled - be -
I thought you'd choose
A Velvet Cheek
Or one of Ivory -
Would you - instead of Me?
    Loro sono tutto ciò che ho -
Io stessa lentigginosa - sono -
Pensavo avresti scelto
Una Guancia Vellutata
O una d'Avorio -
La vorresti - invece di Me?

Johnson scrive nelle note: "Fu scritta per accompagnare un fiore." Evidentemente doveva trattarsi di un fiore maculato, visto che al secondo verso ED si paragona ad esso asserendo di essere "lentigginosa". L'ultimo verso non è chiaro; può essere letto come "non è che invece preferiresti la mia di guancia?" (in questo caso "of Me" andrebbe inteso come parallelo a "of Ivory" del verso precedente, ovvero una guancia non d'avorio o di velluto ma fatta "di Me") o anche "la vorresti al posto mio?" (nel senso di: visto che io non mi concedo, o che siamo lontani, ti devi contentare di un fiore che mi somiglia). Nella traduzione ho cercato di mantenere questa, probabile, ambiguità, limitandomi a una resa letterale, anche se la seconda ipotesi mi sembra più verosimile.


J1095 (1866) / F1055 (1865)

To Whom the Mornings stand for Nights,
What must the Midnights - be!
    Per Chi i Mattini stanno per le Notti,
Cosa devono le Mezzanotti - essere!

Il punto esclamativo finale è come un invito a raffigurarsi un mondo che ai vivi è precluso, quello in cui i mattini non esistono, in cui regna sovrana la notte; di questo mondo che ci è estraneo e allo stesso tempo, come tante cose estranee, ci attira con il suo inevitabile mistero, non riusciamo ad immaginare il culmine, quelle mezzenotti che noi viviamo soltanto come un ciclico alternarsi di giorno e notte e che invece là devono essere qualcosa di inimmaginabile per noi.
Stavolta non c'è il tentativo di capire, di razionalizzare, il mistero della morte, ma soltanto di raffigurare un sentimento di stupore, forse più voluto che creduto, di fronte a cose che non sappiamo.


J1096 (1866) / F805 (1864)

These Strangers, in a foreign World,
Protection asked of me -
Befriend them, lest yourself in Heaven
Be found a Refugee -
    Questi Sconosciuti, in un Mondo straniero,
Protezione chiesero a me -
Sii loro amico, affinché tu stesso in Cielo
Non sia ritenuto un Esule -

Accogliere il diverso, lo straniero, è dovere di tutti, anche perché la ricompensa sarà non essere trattati anche noi da esuli in cielo.
Sembra un versetto biblico, e probabilmente è stata scritta pensando ad uno dei tanti passi della Bibbia che esaltano i doveri dell'ospitalità e della tolleranza.


J1097 (1866) / F1102 (1865)

Dew - is the Freshet in the Grass -
'Tis many a tiny Mill
Turns unperceived beneath - our feet
And Artisan lies still -

We spy the Forests and the Hills
The Tents to Nature's Show
Mistake the Outside for the in
And mention what we saw.

Could Commentators on the Sign
Of Nature's Caravan
Obtain "Admission" as a Child
Some Wednesday Afternoon.

    La Rugiada - è la Piena nell'Erba -
Come tanti piccoli Mulini
Che ruotano inavvertiti sotto - i nostri piedi
E l'Artigiano riposa inattivo -

Spiamo le Foreste e le Colline
Le Tende dello Spettacolo Naturale
Scambiamo l'Esterno per l'interno
E diciamo che cosa abbiamo visto.

Potessero i Commentatori del Segno
Della Carovana Naturale
Ottenere un "Ingresso" come un Bimbo
Certi Mercoledì Pomeriggio.

La copia riportata sopra è nei fascicoli. Un'altra, con il testo uguale ma limitata alle ultime due strofe, fu inviata a Susan.

La rugiada è come una piena che allaga l'erba, come se un serie di minuscoli mulini ruotasse sotto i nostri piedi mentre il creatore riposa e lascia fare alla natura. Quando guardiamo questi spettacoli naturali, dobbiamo essere consapevoli di poter vedere soltanto la parte visibile, quella che siamo in grado di descrivere, e non l'intimo significato della natura. Eppure c'è sempre chi cerca i segni più riposti di questi spettacoli che la natura ci offre, li cerca e poi tenta di descriverli; chissà se costoro riusciranno a guadagnare un biglietto d'ingresso , come quelli che si regalano ad un bimbo per uno spettacolo pomeridiano che, probabilmente, lo farà sognare.
Le tre strofe, pur legate da un filo che le congiunge, appaiono quasi autonome. Nella prima un'immagine insolita (come quasi tutte le immagini di ED): la rugiada che sembra sgorgare dall'erba, come fosse un fiume in piena mescolato da minuscoli mulini che si agitano sotto i nostri piedi, uno spettacolo minimo, quasi impercettibile, che non richiede l'intervento di un artigiano, di un creatore, per manifestarsi. Nella seconda è come se la natura fosse una stanza riparata da tende (e le sue tende sono le foreste e le colline): possiamo vederle ma sbaglieremmo se le considerassimo il tutto, sono soltanto l'esterno di qualcosa che di solito ci è precluso. Nella terza sembra che si parli di coloro che cercano di scavare di più, che cercano di commentare i segni che lascia la carovana della natura, nel tentativo di saperne di più, di ricavare da quei segni i significati più riposti; per questi (forse i poeti? gli scienziati? coloro che cercano "virtute e canoscenza"?) forse sarà più facile ottenere il biglietto d'ingresso allo spettacolo finale, quando potremo guardare finalmente dentro e capire che cosa c'è veramente in quella così ben riparata.
Il mercoledì pomeriggio dell'ultimo verso potrebbe riferirsi a una qualche consuetudine riguardante spettacoli per bambini (magari un circo, o le giostre).


J1098 (1866) / F1105 (1865)

Of the Heart that goes in, and closes the Door
Shall the Playfellow Heart complain
Though the Ring is unwhole, and the Company broke
Can never be fitted again?
    Del Cuore che entra, e chiude la Porta
Deve il Cuore Compagno di Giochi dolersi
Anche se l'Anello non è più integro, e l'Unione spezzata
Non potrà mai essere ricomposta?

Quando qualcuno si allontana da noi, quando un amore, un'amicizia, finiscono perché uno dei due decide di rompere l'unione, è giusto dolersi, pur sapendo che un anello ormai rotto non potrà mai essere aggiustato?


J1099 (1866) / F1107 (1865)

My Cocoon tightens - Colors tease -
I'm feeling for the Air -
A dim capacity for Wings
Demeans the Dress I wear -

A power of Butterfly must be -
The Aptitude to fly
Meadows of Majesty concedes
And easy Sweeps of Sky -

So I must baffle at the Hint
And cipher at the Sign
And make much blunder, if at last
I take the clue divine -

    Il Bozzolo stringe - i Colori irritano -
Sto percependo l'Aria -
Un'incerta capacità d'Ali
Svilisce l'Abito che indosso -

Una facoltà della Farfalla dev'essere -
L'Attitudine al volo
Praterie di Maestà concede
E facili Distese di Cielo -

Così devo ingannarmi al Cenno
E decifrare il Segno
E fare molti errori, se alla fine
Afferro il bandolo divino -

Il bruco sta diventando farfalla. Il bozzolo è diventato stretto, i colori irritano la creatura che sta per trasformarsi ("colors" significa letteralmente "colori", ma usato al plurale significa - come in italiano - anche bandiera, insegna, come quando noi diciamo "i colori di una nazione"; in questo caso il doppio significato fa pensare alle ali della farfalla, colorate e che somigliano ad una bandiera che sventola, ali che, costrette ancora nello stretto bozzolo, danno fastidio al bruco-farfalla). Ma già il mondo esterno comincia a essere percepito, la farfalla esce dal bozzolo, già vestita del suo abito da adulta, ancora però svilito dall'incertezza nell'usare quelle ali che stanno cominciando a estendersi, ad acquistare la facoltà tipica di una farfalla, quell'attitudine al volo che permette di guardare dall'alto la terra, facendola diventare maestosamente estesa, e di guadagnare con facilità le distese del cielo ("sweeps" significa "atto di spazzare" - sia nel senso di spazzare con la scopa che di spazzare via -, ma anche la curva di un remo in una vogata o una direzione non rettilinea; in questo caso perciò è da intendersi come l'immagine del volo di una farfalla; un po' difficile da rendere, e così ho preferito tradurre con "facili distese di cielo" che credo dia comunque l'idea di una presa di possesso del cielo attraverso il volo).
Dopo queste prime due strofe, in cui assistiamo alla nascita di una farfalla, ecco che ED ci dà, con l'ultima, la chiave dei versi: la laboriosa conquista del cielo di un bruco diventato farfalla è la stessa che dobbiamo vivere noi per riuscire, alla fine, ad afferrare il bandolo della matassa divina, prima assimilando i labili e incerti cenni della natura, di solito ingannevoli perché ci danno soltanto la superficie delle cose, e poi cercando di decifrare con la mente i simboli enigmatici che ci circondano, sia nella realtà concreta che in quella interiore, con la costante consapevolezza che la strada per volare e conquistare il cielo è lunga e, inevitabilmente, comporta un gran numero di errori e di difficoltà, prima che ci sia concesso di usare quelle ali, forniteci dalla natura ma così difficili da usare.


J1100 (1866) / F1100 (1865)

The last Night that She lived
It was a Common Night
Except the Dying - this to Us
Made Nature different

We noticed smallest things -
Things overlooked before
By this great light upon our minds
Italicized - as 'twere.

As We went out and in
Between Her final Room
And Rooms where Those to be alive
Tomorrow were, a Blame

That others could exist
While She must finish quite
A Jealousy for Her arose
So nearly infinite -

We waited while She passed -
It was a narrow time -
Too jostled were Our Souls to speak
At length the notice came.

She mentioned, and forgot -
Then lightly as a Reed
Bent to the Water, struggled scarce -
Consented, and was dead -

And We - We placed the Hair -
And drew the Head erect -
And then an awful leisure was
Belief to regulate -

    L'ultima Notte da Lei vissuta
Fu una Notte Comune
Eccetto il Morire - che per Noi
Rese diversa la Natura

Notammo le più piccole cose -
Cose trascurate prima
Da questa grande luce nella nostra mente
Come fossero - impresse in corsivo.

Mentre andavamo avanti e indietro
Fra la Sua Stanza finale
E le Stanze dove Quelli destinati a esser vivi
Domani erano, un senso di Colpa

Che altri potessero esistere
Mentre Lei doveva finire del tutto
Una Gelosia per il Suo ergersi
Così vicina all'infinito -

Aspettammo mentre Lei attraversava -
Fu un tempo esiguo -
Troppo oppresse erano le Anime per parlare
Infine venne l'annuncio.

Nominò, e dimenticò -
Poi lieve come un Giunco
Curvo sull'Acqua, si agitò appena -
Acconsentì, e fu morta -

E Noi - Noi sistemammo i Capelli -
E tirammo su la Testa -
E poi un tremendo tempo vuoto fu
La Fede a regolare -

Nella sua edizione critica Johnson collega questa poesia alla morte di Laura Hills Dickey, la più giovane delle figlie di Mr. e Mrs. L. M. Hills, morta ad Amherst, nella casa dei genitori vicina a quella dei Dickinson, il 1° maggio 1866 (Johnson dice "il 3 maggio", ma la notizia fu data in quel giorno dal giornale "Express" datata però due giorni prima - cfr. Jay Leyda, The Years and Hours of Emily Dickinson, Yale University Press, New Haven, 1960, II vol., pag. 113). Nell'edizione Franklin il collegamento cade, visto che la poesia è datata "fine 1865".
A questo avvenimento si riferisce probabilmente un passo di una lettera scritta a Mrs. Holland nei primi giorni di maggio del 1866 (L318): "A woman died last week, young and in hope but a little while - at the end of our garden. I thought since of the power of death, not upon affection, but its mortal signal. It is to us the Nile." ("Una donna è morta la scorsa settimana, giovane e piena di speranza, anche se per poco - aldilà del nostro giardino. Da allora penso al potere della morte, non sugli affetti, ma come segnale mortale. È il Nilo per noi.").

Il racconto di una morte. Stavolta ED non cerca di scavare, di cogliere quell'attimo misterioso e definitivo, ma ci racconta con estrema dolcezza quei momenti, privilegiando le sensazioni di chi resta (molto bello il contrasto fra il senso di colpa del restare vivi e la gelosia per chi finalmente può conoscere il mistero), fino alla bellissima penultima strofa, dove il trapasso è descritto come un estenuato e rassegnato piegarsi all'inevitabile.
Bacigalupo evidenzia l'ardita metafora del verso 8: le cose quotidiane, prima trascurate, che vengono evidenziate ("Italicized") come se la morte le rivestisse di nuova luce nella nostra mente.